
Coinvolti i docenti in profilassi preventiva: alcuni temevano che l'assenza comportasse una decurtazione dalla busta paga.Rientro a scuola in presenza e in sicurezza è stato il ritornello del ministro dell'Istruzione, Lucia Azzolina, che ha voluto la riapertura il 14 settembre. Ora, a parte sette regioni che hanno deciso di ritardare il suono della campanella di 10 giorni e, cioè, a dopo le elezioni, la riapertura, dopo soli quattro giorni già mostra una serie di problemi insoluti. Ieri, per esempio, circolava sui social il caso di una insegnante della Capitale che si è ritrovata un alunno positivo in classe. Tutti a casa, in quarantena, docenti e compagni. L'insegnante però, vorrebbe lavorare in Dad, didattica a distanza, perché sta bene, è semplicemente in quarantena preventiva, ma è stata messa in malattia e la malattia, per i docenti, implica la decurtazione dello stipendio. Quindi non può lavorare, non è malata ma viene considerata tale - con taglio di stipendio. C'è chi sostiene che l'assenza malattia per Covid non prevede decurtazione perché è equiparata al periodo di ricovero ospedaliero. Comunque, anche volendo, l'insegnante non può lavorare in dad. Insomma, una situazione piuttosto controversa, che già prima dell'inizio della scuola era chiara in tutta la sua «cervelloticità», anche perché già in fase di emergenza coronavirus la quarantena preventiva era considerata alla stregua della malattia. Ora però ci sono le regole sullo smart working che permetterebbero di superare questa situazione. Nelle linee guida della didattica a distanza, pubblicate a fine luglio dal ministero di viale Trastevere, si parla della didattica a distanza da usare nelle scuole superiori insieme e in alternativa alle lezioni in presenza e si fa un riferimento generale all'uso delle lezioni online nei casi di lockdown, cioè se le scuole vengono chiuse perché i contagi nella zona sono alti, con un provvedimento dell'autorità sanitaria che riguarda l'intera città o la Regione. Se poi a essere positivo è un professore, sicuramente costui non può insegnare, perché è in malattia e non può intervenire neppure a distanza. Ma se la classe fosse in isolamento preventivo perché invece è un alunno a essere positivo, allora la didattica a distanza può essere attivata con la classe. Ma già allora Maddalena Gissi, segretario Cisl scuola, spiegava: «Serve una norma contrattuale che precisi queste situazioni altrimenti ci potrebbero essere casi controversi. Noi vogliamo che si regoli questa materia perché non ci siano incertezze». L'incertezza è rimasta e basta leggere quello che i docenti scrivono sui social per rendersi conto che c'è un vuoto normativo che avrà sicuramente strascichi legali. Spiega l'avvocato giuslavorista Gianfranco Magalini di Verona: «Le confesso che pur non conoscendo a fondo le attuali problematiche scolastiche e la difficile normativa, io ipotizzo che la quarantena preventiva sia un'assenza giustificata dal lavoro. Si tratta di capire però se il docente ha diritto alla retribuzione o no. Come si sa, esiste la funzione corrispettiva, cioè il contratto di lavoro prevede lo scambio tra prestazione e compenso. Ora si tratta di capire se l'attuale normativa che regolamenta le assenze del dipendente a causa del Covid comporti anche la giustificazione per assenza dal lavoro e il diritto o meno alla retribuzione».«Che la quarantena preventiva sia equiparata alla malattia è scritto, ma certo è strano che l'insegnante non possa ricorrere alla dad», afferma Antonello Giannelli presidente Anp (Associazione nazionale presidi). «Condivido la stranezza, perché credevo fosse possibile farla. Ma pare non sia compatibile. Sicuramente, però non c'è decurtazione di stipendio perché la quarantena da Covid è considerata come un ricovero ospedaliero e fa parte del periodo di comporto ovvero il periodo durante la malattia in cui lo stipendio rimane invariato. Poi con il passare dei mesi ci sono le riduzioni, ma essendo in quarantena come un ricovero non c'è alterazione. Insomma, per la riapertura ci sono le criticità che immaginavamo, ma non si poteva rimandare e strangolare la nazione. L'aspetto positivo è che gli studenti si siano riappropriati degli spazi da cui il virus li aveva cacciati. Questo virus ci obbliga a risolvere i problemi giorno per giorno». «Era inevitabile che ci sarebbero stati e ci saranno ancora tante questioni da risolvere», dice Ornella Cuzzupi, segretario Ugl scuola. «Nel caso della quarantena preventiva l'insegnante non solo subisce la situazione ma non merita di essere considerata malata. Questa è una questione di diritto enorme. Ma fa il paio con un'altra idea della Azzolina, quella di mettere i docenti fragili, che hanno presentato la certificazione per le tutele dovute, tutti in malattia. La ratio era avviare la scuola, necessaria per educazione e formazione, ma la Azzolina non ci ha mai ricevuto per condividere o sentire i nostri consigli. Non si riaprono gli istituti senza mettere mano alle assunzioni dei precari. La nostra proposta prevedeva di dividere le classi (mattina e pomeriggio), senza banchi a rotelle, ma raddoppiando il personale, stabilizzando le graduatorie dei precari che hanno diritto e che avrebbero ringiovanito il corpo docente nazionale. Serve un piano di assunzioni straordinario anche a tempo determinato per un anno, serve più personale. Dalla Azzolina tante parole e pochi fatti, è giusto che vada a casa. Un governo non può minare un pilastro portante come la scuola».
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.
Maria Rita Parsi critica la gestione del caso “famiglia nel bosco”: nessun pericolo reale per i bambini, scelta brusca e dannosa, sistema dei minori da ripensare profondamente.






