2021-06-13
Il teste misterioso del processo Eni. «Prezzolato» e dalla doppia identità
Per i pm di Brescia, Vincenzo Armanna pagò 50.000 dollari al poliziotto nigeriano per confermare le accuse in aula. In realtà non si è mai capito chi fosse Isaak Eke: durante le udienze, assunse addirittura un altro nome.Non c'è solo il video occultato alle difese e al tribunale sulle trame tra l'avvocato siciliano Piero Amara e l'ex manager Eni Vincenzo Armanna contro l'amministratore delegato Claudio Descalzi. L'inchiesta della Procura di Brescia che ha portato all'indagine sui pm del processo Opl245, Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro, si incentra soprattutto la figura di Isaak Eke, il superpoliziotto nigeriano che sarebbe stato testimone della tangente pagata da Eni per la licenza del giacimento nigeriano Opl245. A quanto sostiene il procuratore di Brescia Francesco Prete, che ha indagato De Pasquale e Spadaro per rifiuto e omissione di atti d'ufficio, Armanna avrebbe pagato Eke 50.000 dollari, corrompendolo affinché testimoniasse sul fatto che avrebbe visto il passaggio di denaro al dirigente Eni Roberto Casula. Paolo Storari, pm sul falso complotto e sulla loggia Ungheria, aveva capito che Armanna non aveva credibilità, come avrebbe poi confermato la sentenza di assoluzione per Eni e Shell, per le accusa di corruzione internazionale.Per la Procura di Milano, invece, non ci sono inchieste «truccate» ma solo indagini ancora in corso. E la difesa di De Pasquale e Spadaro, che non avrebbe preso in considerazione quanto sostenuto da Paolo Storari, sarebbe stata già inviata al capo della Procura, Francesco Greco il 5 marzo.De Pasquale, invece, aveva puntato gran parte dell'accusa proprio su Eke, anche perché sarebbe stato uno dei pochi testimoni oculari del transito delle presunte mazzette. Peccato che durante il processo questo episodio non sarà mai confermato. Anche per questo le carte che riguardano le accuse contro De Pasquale e Spadaro sono già state trasmesse al Csm, alla Cassazione e al ministero della Giustizia.Le dichiarazioni di Storari dimostrerebbero di fondo «l'inattendibilità» di Armanna che pagò appunto 50.000 dollari a un poliziotto nigeriano, per convincerlo a testimoniare al processo contro Eni. Sulla figura di Eke si è sviluppata una battaglia durante il processo, tra De Pasquale, le difese e Armanna, quest'ultimo indagato ma tra i principali accusatori di Descalzi.In fin dei conti non si è mai capito chi fosse in realtà Eke. Si pensava si chiamasse Victor Nawfor, poi invece ha assunto un altro nome durante le udienze. Eppure De Pasquale ha deciso di puntare molto su Eke, sponsorizzato e sostenuto perché era uno dei pochi testimoni ad aver visto materialmente parte della tangente da 1 miliardo di euro che Eni e Shell avrebbero pagato per estrarre petrolio di fronte alle coste nigeriane. Eppure sarebbe bastato seguire le dichiarazioni di Armanna per capire che il testimone non sarebbe potuto essere così affidabile.Armanna, infatti, nella sua testimonianza a luglio 2019 sostenne che Victor Nawfor era del Nord mentre Eke era del Sud. Non solo. Rivelò che Victor era musulmano mentre Eke era un ardente cristiano e che soprattutto faceva parte dei servizi segreti mente Eke era un poliziotto.A quanto pare proprio Eke poi divenne anche capo delle famose «squadracce» Sars note a livello mondiale per rapinare e sequestrare con la scusa di reprimere la criminalità. Eke, infatti, non era mai stato a servizio di sicurezza della villa presidenziale, come sosteneva Armanna, né come membro dell'intelligenza né come poliziotto. Insomma il racconto dell'ex manager Eni faceva acqua da tutte le parti.Il «Victor» nel racconto di Armanna, in pratica, sarebbe stato anche quello che apriva segretamente le porte della residenza presidenziale per gli incontri carbonari di Descalzi e il presidente Goodluck Johnathan. Non era così. Il vero Victor, probabilmente, era il primo, di sicuro qualcuno che non aveva visto tangenti. E questo si può capire oltre che dalle sue dichiarazioni, anche perché lo aveva trovato la polizia (Effc) finanziaria nigeriana che di certo non faceva favori ad Eni. Per De Pasquale, in pratica, sarebbe bastato cercare su una fonte pubblica per trovare la foto di Victor Nawfor e capire che di testimoni sulla tangente non ce ne erano.Victor era un teste «condiviso» di Armanna (imputato) e De Pasquale (accusa). Già di partenza era una anomalia, perché ad Armanna serviva a confermare la sua attendibilità, anche se era imputato anche lui. Armanna, in pratica, doveva portare un teste che lo avrebbe scagionato. Ma quando arrivò il nuovo avvocato Angelo Staniscia e saltò fuori la storia che il primo non andava bene (ad Armanna e alla Procura), spuntò fuori il «secondo» Viktor (cioè appunto Isaak Eke).Durante l'udienza del 5 febbraio 2020 Armanna provò a dire che Eke aveva mentito depositando il solo ed unico passaporto. Non aveva timbri di ingresso nel 2014 quando aveva detto di aver conosciuto Eke per la prima volta in Nigeria. Ma poi si scoprì la copia dei passaporti di Armanna che ne aveva altri tre in validità durante lo stesso periodo. Insomma, Armanna si è sempre rivelato un mentitore seriale. Perché i pm contro l'Eni dovevano credergli?
Jose Mourinho (Getty Images)