2021-04-18
Dalla privacy ai diritti costituzionali. Il pass vaccinale è tutto un’incognita
Il governo pensa a uno strumento che dia libertà di movimento a immunizzati, guariti e negativi al test. Ma i dubbi sono molti, a cominciare dall'impossibilità di dimostrare che non si è portatori di infezione.Gli chef protestano a Città della Pieve, dove risiede il premier. Lavoratori dello spettacolo in piazza a Roma con mille bauli.Lo speciale contiene due articoli.Un lasciapassare per muoversi al di fuori della propria Regione, che certifichi di aver fatto il vaccino (entrambe le dosi) o di esser guarito dal Covid. Altrimenti, bisogna portarsi appresso l'esito negativo di un tampone eseguito nelle 48 ore precedenti. Altro non è dato sapere, del pass anticipato da Mario Draghi e che è oggetto di studio da parte del Cts. Il premier ha parlato di un tesserino, che permetterà anche l'accesso a eventi culturali e sportivi. Da venerdì, quando è stato annunciato l'arrivo di questo pubblico salvacondotto, le ipotesi si stanno sprecando. Sarà un'app o un documento cartaceo? Verrà rilasciato dall'Asl o dalla Regione? Basterà il certificato medico in caso di guarigione dal coronavirus? E ancora, non sarà sufficiente l'attestato di avvenuta la vaccinazione, inserito anche nel nostro fascicolo sanitario elettronico? Risposte non si hanno. Per la digitalizzazione del pass sicuramente si dovrà attendere, nessuno dimentica il flop di Immuni, l'applicazione lanciata dal governo Conte per conoscere se si è stati a contatto con una persona ammalata di Covid, e che doveva consentire il tracciamento digitale dei contagi. Con risultati disastrosi.Intanto non poche perplessità sorgono su un pass per muoversi all'interno del proprio Paese, che di fatto limita la libertà di circolazione e che rappresenta una grave violazione della privacy. Consideriamo il primo aspetto. Potrà uscire da una Regione chi si è vaccinato, chi ha avuto la sfortuna di ammalarsi o chi è disposto a fare il tampone (a proprie spese) prima di ogni spostamento. Peggio per lui se deve viaggiare per un'urgenza, una necessità familiare: il certificato, che sarà coordinato dal ministero dell'Interno o da quello della Salute, servirà a ricordargli che il vaccino doveva farlo, così non aveva bisogno di test molecolari o rapidi. Ma come si può chiedere di esibire la negatività di un test fatto 48 ore prima, quando nel frattempo un cittadino può comunque infettarsi? Non dimentichiamo che non esiste un protocollo di amplificazione dei tamponi molecolari, «la maggior parte dei laboratori non esplicita quali geni sono ricercati e, soprattutto, non dichiara la politica sui cicli di amplificazione (Ct) della reazione Pcr», ricordavano due mesi fa cinque responsabili di medicina del territorio del Nord Italia su Quotidianosaità.it. Aggiungevano: «In concreto non è scritto a quali Ct un tampone è classificato come negativo, positivo o debolmente positivo» e che «non esiste uno standard per convalidare analisi quantitative che producono risultati comparabili tra laboratori». Eppure il direttore dell'Istituto Mario Negri, Giuseppe Remuzzi, ha detto chiaramente che la positività dei tamponi emerge «solo con cicli di amplificazione molto alti, tra 34 e 38 cicli, che corrispondono a 35.000-38.000 copie di Rna virale». Senza uniformità di tecnica di ricerca del virus da parte delle Asl, come si può subordinare la libertà di circolazione a tamponi poco significativi perché non standardizzati? A parte l'inevitabile considerazione sui tempi di risposta, almeno tre giorni per i test molecolari che nei periodi estivi, in seguito all'aumento di richieste, richiederanno più attesa e quindi impossibilità di spostarsi. L'aspetto privacy è sicuramente quello più delicato, visto che per muoversi all'interno del proprio Paese bisognerà esibire certificati medici tutelati al massimo grado come dati sensibili, senza sapere chi li tratterà e come. Problema che è sorto in merito al Digital green pass, il passaporto europeo su cui ancora si discute, e che è stato evidenziato lo scorso primo marzo dal nostro garante della privacy. Senza una legge nazionale che sappia realizzare «un equo bilanciamento tra l'interesse pubblico che si intende perseguire e l'interesse individuale alla riservatezza», ha osservato l'Authority, «l'utilizzo in qualsiasi forma, da parte di soggetti pubblici e di soggetti privati fornitori di servizi destinati al pubblico, di app e pass destinati a distinguere i cittadini vaccinati dai cittadini non vaccinati è da considerarsi illegittimo». Non sarà facile, dunque, mettere a punto un certificato che viola la privacy del vaccinato e risulta evidentemente discriminatorio per il non vaccinato, in quanto gli impedisce il diritto fondamentale allo spostamento. C'è un altro ostacolo/paradosso. Come precisa l'Istituto superiore della sanità nel quarto rapporto Covid datato 13 marzo: «Per nessuno dei vaccini in utilizzo è nota al momento la durata della protezione ottenuta con la vaccinazione». E avverte: «Seppur diminuito, non è possibile al momento escludere un rischio di contagio anche in coloro che sono stati vaccinati». Dunque si sta autorizzando un pass che permetterà ai vaccinati di andare ovunque, forse superando anche il divieto agli spostamenti verso le Regioni che potranno tornare in zona rossa e con le maggiori restrizioni, senza la certezza che quelle persone non possano contagiare o non finire contagiati.Maurizio Bolognetti, segretario di Radicali Lucani, che mercoledì scorso ha iniziato lo sciopero della fame per chiedere che venga onorato il diritto alla conoscenza su quanto è avvenuto in questi 14 mesi di stato di emergenza, è insorto anche contro il pass. Lo ritiene «una potente discriminazione», chiaramente «finalizzata a indurre, anche chi non vuole farlo, a vaccinarsi». Afferma: «Potete chiedermi di indossare la mascherina quando è necessario e di rispettare le distanze, ma non potete impedirmi la libertà di spostamento. Quale sarà la prossima frontiera, la porta delle nostre abitazioni?».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/privacy-diritti-costituzionali-pass-vaccinale-2652619409.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="i-ristoratori-assediano-la-villa-umbra-di-draghi-e-zero-arringa-gli-artisti" data-post-id="2652619409" data-published-at="1618693976" data-use-pagination="False"> I ristoratori «assediano» la villa umbra di Draghi. E Zero arringa gli artisti Il giallo allo zafferano (rafforzato) è indigesto ai ristoratori. La categoria in generale considera un passo avanti la promessa di riaprire anche a cena dal 26 aprile e forse da metà maggio per tutti, ma la limitazione legata al possesso di spazi all'aperto è la prima grave incrinatura. E non basta perché i ristori sono giudicati insufficienti e c'è la questione aperta della tassa sui rifiuti (la Tari) e dell'occupazione di suolo pubblico. Senza contare che i lavoratori dello spettacolo con la «benedizione» di Renato Zero e di molti big ieri hanno «occupato» piazza del Popolo a Roma con mille bauli e gli ambulanti hanno fatto manifestazioni a Napoli, a Firenze, a Bologna e nel Sud. Se Mario Draghi si è preso dei rischi ragionati, c'è chi lo invita a ragionare un po' di più. Così per molti la speranza delusa di aver addolcito il ministro Roberto Speranza si trasforma in una luna di fiele con il governo. La prova? La daranno stamattina i ristoratori umbri che hanno deciso d'inscenare una protesta à la carte. A Città della Pieve davanti alla villa di Mario Draghi si ritroveranno per cucinare un menù all'arrabbiata tra gli altri Simone Ciccotti che preparerà «un uovo di fagianella con crema di patate di Pietralunga, sale di Cervia e tartufo bianco» Lina, Angelucci, Alberto Massarini, Giuliano Martinelli (azienda Giuliano tartufi) Marco Caprai (cantina Arnaldo Caprai) con il supporto del più famoso cuoco d'Italia Gianfranco Vissani. Che così commenta: «Mi sembra il deserto del Sahara, dopo 13 mesi ci devono dare delle risposte e aiuti veri. La vita è una sola e il governo deve riaccendere una fiamma che ormai si sta spegnendo. La vita se ne va, devono far tornare la fiducia e la sicurezza». Da uno stellato all'altra il refrain è lo stesso. Cristina Bowerman, cuoca di eccezionale caratura, anche come presidente dell'associazione Ambasciatori del gusto si schiera, nonostante il suo bellissimo ristorante a Trastevere, a Roma, abbia un accogliente dehor, dalla parte di chi non può riaccendere i fornelli. Dice: «Ritengo ingiusto che ci sia una penalizzazione senza che sia preannunciato un ristoro nei confronti di chi non può aprire perché non ha i tavoli all'aperto e parimenti credo che sia un grosso danno il mantenimento del coprifuoco alle 22, non possiamo limitare la cena». Sul punto della penalizzazione di chi non ha i dehor è intervenuta anche la Fipe Confcommercio che partendo da Milano (è stato chiesto al sindaco Beppe Sala di dare spazi gratuiti e di cancellare la Tari a chi è rimasto chiuso) chiede al governo di rendere gratuita la concessione di spazi all'aperto e di rivedere quanto prima i criteri per la riapertura dei ristornati. Chi invece apprezza la parziale ripartenza è Paolo Bianchini (presidente del Movimento imprese ospitalità) animatore della protesta di Roma del 6 aprile che sottolinea: «Registro con soddisfazione che le nostre richieste con la reintroduzione della zona gialla, il blocco dei mutui, dei finanziamenti e degli sfratti commerciali che avevamo sottoposto al senatore Matteo Salvini sono state accolte. Voglio ringraziare il leader della Lega per la concretezza e la vicinanza al nostro settore». Anche Bianchini però insiste per la riapertura anche per chi non ha spazi esterni. Chi gli spazi esterni ce l'ha, ma deve combattere ancora con ordinanze regionali e provvedimenti del governo sono gli ambulanti. I mercati a esempio in Toscana e in Campania sono ancora bloccati, soprattutto quelli del sabato che sono la migliore occasione di vendita. Per questo ci sono state nuove proteste tanto a Napoli, come a Bologna e a Firenze. Chi invece si sente completamente abbandonato è il settore dello spettacolo. Ieri a piazza del Popolo a Roma sono tornati i mille bauli. Da 419 giorni i lavoratori dello spettacolo sono fermi e senza introiti. È stato una sorta di raduno degli artisti italiani con Renato Zero che ha salutato tra gli applausi i ragazzi e le ragazze dei bauli: «Sono qui con voi per dimostrare che non abbiamo paura di salire su quel palco». In piazza c'erano anche Max Gazzè, Fiorella Mannoia, Daniele Silvestri, Manuel Agnelli, Emma, Diodato e Alessandra Amoroso. Le richieste sono chiare: un fondo che assicuri un minimo introito per quest'anno, un tavolo interministeriale per programmare la ripartenza, una riforma del settore con particolare riferimento alla previdenza e all'assistenza. Se no il giallo rafforzato è come il semaforo: non è un via libera, ma si rischia addirittura la multa.
La commemorazione di Charlie Kirk in consiglio comunale a Genova. Nel riquadro, Claudio Chiarotti (Ansa)
Il food è ormai da tempo uno dei settori più di tendenza. Ma ha anche dei lati oscuri, che impattano sui consumatori. Qualche consiglio per evitarli.
Charlie Kirk (Getty Images)
Carlo III e Donald Trump a Londra (Ansa)