2019-07-26
Prima gli italiani. Ma i centri Caritas sono invasi da chi è nato qui
Dato inedito: tra coloro che chiedono aiuto stranieri o clochard non sono più in maggioranza. Tante situazioni di grave disagio.L'ultimo allarme arriva da Savona. Nella città ligure quest'anno la maggior parte delle persone che si è rivolta alla Caritas è italiana. Per la prima volta gli stranieri che hanno chiesto aiuto sono stati superati, dimostrando che le condizioni economiche di chi è nato e cresciuto nel nostro Paese stanno progressivamente peggiorando. A dimostrarlo sono i numeri contenuti nel report «La povertà in Liguria. Vecchie e nuove realtà». Dal documento emerge che, mentre nel 2013 la percentuale di cittadini italiani che usufruiva di questo sostegno era ferma al 35%, nel 2014 era già salita al 38%. Due anni dopo è arrivata a sfiorare il 44%, mentre oggi è salita al 58%. E la situazione è simile nel territorio di Albenga. Qui su 697 passaggi al centro di ascolto Caritas, 380 sono risultati gli italiani e 317 gli stranieri. Solo un caso isolato? Sembra proprio di no, visto che anche altre in città italiane la parabola è la stessa. Ad Avellino, per esempio, gli ultimi dati raccolti dalla diocesi locale dimostrano che, a partire dal 2017, sono state più di 7.000 le famiglie che, ogni anno, hanno presentato la domanda per ottenere il reddito di inclusione. Nei sei centri di ascolto messi a disposizione, sono circa mille le persone che ogni anno chiedono aiuto, la maggior parte di queste è di nazionalità italiana. E non finisce qui, perché il 20% dei poveri è costituito da giovani. Una situazione molto simile si verifica anche a Chieti. Nella città abruzzese a bussare alla porta della Caritas non sono più solo stranieri e clochard. Sono in deciso aumento le famiglie che non riescono ad arrivare alla fine del mese. Persone che hanno perso il lavoro, che soffrono di problemi psicologici, ma anche padri separati e anziani soli. Il numero degli assistiti è rimasto costante negli ultimi anni, quello che è cambiato è l'identikit di chi chiede aiuto: gli italiani sono in maggioranza. «Circa il 60% di chi viene da noi è italiano, il resto è costituito da stranieri», spiega Stefania Menna, coordinatrice dei progetti della Caritas diocesana, «rispetto al passato sono in aumento le famiglie che non riescono più a far fronte economicamente a problemi di salute. Le cure sono troppo costose e così assistiamo molti genitori con bambini malati che non possono più andare avanti». La situazione è allarmante anche a Roma: solo nel corso del 2018 sono state oltre 11.000 le persone accolte nelle mense messe a disposizione dei bisognosi, come confermano i dati elaborati dalla Caritas diocesana della Capitale. «Sta crescendo il numero di situazioni di grave disagio economico e si acutizzano condizioni di emarginazione ed esclusione sociale legate alla solitudine», segnalano i responsabili, «soprattutto in ambito sanitario sta aumentando il numero di famiglie italiane che chiedono assistenza per l'acquisto di medicinali e per le cure odontoiatriche». Il risultato è che lo scorso anno, a Roma, fra le persone che si sono rivolte ai centri di ascolto per disagi di tipo economico o sociale, gli italiani sono stati più degli stranieri: il 51% contro il 47% registrato nel 2017. Insomma, siamo di fronte a un trend che non si arresta, specialmente al Sud. Qui già due anni fa il numero di connazionali che aveva fatto ricorso ai 649 centri di ascolto della Caritas nelle Regioni meridionali era più alto rispetto a quello degli stranieri, con il 66,6% di richieste e una media di età molto bassa: 44 anni. A prevalere sono state le persone coniugate, disoccupate o inoccupate. Che, nella maggior parte dei casi, hanno chiesto assistenza per far fronte a bisogni di ordine materiale: povertà economica (76,9%) e disagio occupazionale (57,2%). Ma nella lista delle necessità sono finiti anche problemi abitativi (25,0%) e familiari (13,0%). Gli stessi che affliggono sempre più famiglie padovane. A rivelarlo è l'ultimo rapporto pubblicato dalla Caritas locale e intitolato «Persone, non numeri!». La fotografia scattata nella città veneta rivela che stanno diminuendo gli stranieri che si rivolgono agli sportelli per chiedere aiuto, mentre stanno aumentando gli italiani compresi fra 31 e 65 anni (sono 8 su 10) a causa di situazioni legate al mercato del lavoro e al reddito. E così nel corso del 2018 sono state 2.239 le persone (1.143 donne, 1.096 uomini) che hanno chiesto aiuto alla Caritas: gli stranieri sono l'11,3% per cento in meno (sono passati dai 1.478 nel 2017 ai 1.310 nel 2018). L'età maggiormente rappresentata riguarda la fascia 31-50 anni che rappresenta il 53% del totale. Per il 41,5% si tratta di coppie con figli, subito dopo ci sono le persone sole (20.3%), che abitano in affitto (61,4%). I problemi più avvertiti sono di ordine economico (36%) e lavorativo (24%). A seguire ci sono difficoltà abitative (12%), di salute (11%) e legate a questioni familiari (8%). E così le famiglie italiane si ritrovano a chiedere sussidi, aiuti economici, beni o servizi materiali per pagare soprattutto cibo, utenze e tasse. In generale, comunque, la situazione sta peggiorando in tutto il Paese. Lo scorso anno i 3.368 sportelli Caritas hanno realizzato 208.391 interventi di ascolto, orientamento e consulenza. Attivando un milione 17.960 erogazioni di beni e servizi materiali (viveri, vestiario, prodotti per l'igiene personale, buoni pasto), cui vanno aggiunti 175.685 interventi di accoglienza residenziale. In questo quadro, se fino a pochi anni fa gli stranieri rappresentavano circa due terzi degli utenti, ora le percentuali si sono livellate: secondo il Rapporto Caritas 2018 sulle povertà, gli italiani sono mediamente il 42,2%. Con picchi di oltre il 50% in alcuni territori. Segno che la crisi economica e sociale non è ancora finita.
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