Il modello europeo e italiano impone variazioni mensili ai prezzi dei servizi per le categorie deboli. Volatilità e nessuna garanzia.
Il modello europeo e italiano impone variazioni mensili ai prezzi dei servizi per le categorie deboli. Volatilità e nessuna garanzia.Il mercato si muove, il prezzo del gas sale e cresce la paura di trovarsi di nuovo in una situazione come quella del 2022, quando i prezzi in estate superarono i 300 euro/MWh. La chiusura definitiva del gasdotto ucraino e le temperature in calo hanno aggiunto timori di un aumento ulteriore dei prezzi, giunti questa settimana a 50 euro/MWh sul mercato Ttf.Sono comparsi richiami a utilizzare il meccanismo europeo di acquisti congiunti del gas (che a poco o nulla è servito sin qui, evidentemente) e il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin ha invocato un abbassamento del price cap europeo sul prezzo del gas a «50-60 euro/MWh» e non a 180 euro/MWh come è ora. Queste spinte a sopprimere il mercato, però, sono in contrasto con quanto è a fondamento del mercato comune europeo, cioè proprio il mercato. Si è evocata la celeberrima speculazione, il capro espiatorio di ogni aumento di prezzo. Nel frattempo, le bollette sono aumentate, anche per i clienti più deboli, cioè quelli vulnerabili secondo delibera Arera. Insomma, molte idee e tanta confusione. Proviamo a mettere un po’ di ordine, partendo da un fatto: in realtà, il mercato sta funzionando perfettamente, per come è stato disegnato negli anni dalle regole dell’Unione europea. Al momento, non c’è scarsità fisica di gas: siamo in inverno e gli stoccaggi stanno facendo ciò per cui sono progettati. I flussi di importazione sono regolari e la chiusura del gasdotto ucraino era attesa da mesi, tanto che i Paesi più esposti come Slovacchia ed Austria si sono organizzati per tempo e non hanno avuto impatti sui flussi fisici.Il prezzo del gas liquefatto importato in Europa su base spot è inferiore di 8,57 euro/MWh al prezzo che si verifica al Ttf, come certifica il monitoraggio ufficiale giornaliero del regolatore europeo, Acer. Dunque, neppure si può dire che sia il Gnl a trascinare verso l’alto i prezzi. Le posizioni rialziste dei fondi di investimento sul mercato future Ttf sono aumentate gradualmente dalla scorsa estate, ma parlare di speculazione non è corretto: senza le posizioni rialziste dei fondi, gli operatori commerciali non potrebbero coprirsi dai ribassi dei prezzi. I fondi di investimento hanno effettivamente una posizione netta «long», cioè rialzista, contrariamente ai trader: questi sono operatori puramente finanziari. Ma le società commerciali, quelle che effettivamente poi utilizzano il gas fisico, hanno una posizione sostanzialmente equilibrata tra rialzisti e ribassisti. Insomma, la speculazione non è un tema, per il semplice fatto che il prezzo si fissa quando qualcuno è disposto a comprare. Quanto al price cap, vale la pena solo ricordare che uno studio di Andrea Paltrinieri ed altri, comparso su Energy Economics un anno fa, ha dimostrato come non ci sia stato alcun impatto pratico dalla introduzione del price cap sul gas nel dicembre 2022 ad opera dell’Unione europea, a dispetto dei proclami.Oggi il gas estivo 2025 costa 48,83 euro/MWh al Ttf, un prezzo più alto del gas invernale 2025-2026 (45,55 euro/MWh). Questo significa che gli operatori che hanno stoccaggio, e che la prossima estate dovranno riempirlo, se comprano ora vorranno rivendere il gas nel prossimo inverno ad un prezzo superiore ai 50 euro/MWh. Quindi se i prezzi estivi non scendono, anche il prossimo inverno vedrà un gas costoso per i clienti. Il punto su cui occorre lavorare è questo: dare liquidità al gas estivo per evitare un altro inverno di rialzi. La tensione sui prezzi è legata alle aspettative, più che alle condizioni fisiche reali, e se l’Ue vuole intervenire per calmare il mercato deve agire sulle aspettative. La verità è che il disastro dei prezzi del gas è dovuto al disegno del mercato voluto dalla stessa Ue: nel 2020 nei report della Commissione si celebrava l’aggancio del gas ai prezzi hub (come il Ttf), l’abbandono dei prezzi legati al petrolio in dollari e l’abbandono dei contratti di lungo termine, fingendo che il gas in circolazione in Europa non fosse per la metà russo. Piuttosto, chi oggi soffre, oltre a famiglie e imprese, sono quei clienti che in Italia vengono definiti vulnerabili. Il servizio di tutela della vulnerabilità è basato su un prezzo che varia mensilmente a seconda delle condizioni di mercato. Qui sta, forse, la confusione sulla formula «tutela della vulnerabilità». Infatti, i clienti vulnerabili si trovano con un prezzo variabile mensilmente, pari alla media dei prezzi giornalieri verificatisi nel mese sul mercato italiano spot del gas (Psv day ahead).Si tratta dunque di un prezzo e non di una tariffa, totalmente esposto alla volatilità dei mercati e aperto a forti salite (come a forti discese, chiaramente, quando vi sono). È quello che è accaduto anche nel mese di dicembre, con il prezzo della materia prima gas pari a 47,59 euro/MWh, che rappresenta un +5,45% rispetto al mese di novembre. Il comunicato stampa dell’Arera parla di un aumento del 2,5% del prezzo di riferimento del gas, che invece è il prezzo finito (cioè compresi gli altri oneri e costi) e dove dunque l’aumento della materia prima si stempera. Da gennaio a dicembre 2024 il prezzo della materia prima gas per i vulnerabili è salito del 52,5% (da 31,19 a 47,59 euro/MWh), coerentemente con l’aumento delle quotazioni sul mercato Psv, a sua volta collegato al mercato olandese Ttf. La tutela del cliente vulnerabile, insomma, non appare essere esattamente tale, stante che il cliente vulnerabile, proprio in quanto tale, forse può arrivare a comprendere la volatilità dei mercati del gas europei, ma certo non ha gli strumenti per farvi fronte ne è tenuto a farlo.
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