2018-04-11
Con le regole europee prestiti più cari del 20%
Uno studio di Mediobanca svela gli impatti delle regole aggiuntive sulle sofferenze: ciò che la commissaria Danièle Nouy ha dichiarato di non aver calcolato. Alle pmi meno affidabili i finanziamenti costeranno un quinto in più rispetto a oggi.Bankitalia smentisce la Bce: la scarsa erogazione di fidi non è dovuta agli Npl. «Non c'è prova di un collegamento».Solamente un paio di settimane fa, incalzata dalle domande degli eurodeputati Roberto Gualtieri (Pd-S&D), Marco Valli (M5S-Efdd) e Marco Zanni (Enf), la responsabile della Vigilanza europea, Daniele Nouy, ammetteva che la Bce non aveva svolto alcuna analisi preventiva relativa all'addendum sui crediti deteriorati destinato a entrare in vigore dal primo aprile. «L'analisi di impatto è inutile, se non del tutto infattibile», aveva dichiarato in audizione di fronte ai membri della Commissione sui problemi economici e monetari del Parlamento europeo. Una vera e propria missione impossibile, secondo la Nouy, stabilire gli impatti per le banche e l'economia a seguito dell'introduzione delle nuove regole per gli accantonamenti richiesti alle banche a copertura dei non performing loans, le sofferenze. Molti dei deputati presenti non hanno creduto alle loro orecchie. Possibile che la Banca centrale europea, con il suo stuolo di economisti e l'enorme mole di dati a disposizione, non fosse stata in grado di elaborare una valutazione di questo tipo? Ma ciò che ha reso increduli i più è il fatto che, nonostante i criteri decisamente più severi rispetti a quelli attuali, dalle parti di Francoforte non fosse nato il dubbio di quantificare le possibili conseguenze sulle varie economie nazionali. La versione definitiva del documento sugli Npl, lo ricordiamo, è stata varata il 15 marzo scorso a seguito di una lunga consultazione pubblica e riguarda solo i nuovi flussi di credito erogati dal primo aprile 2018, destinati a deteriorarsi in futuro. Nel caso di finanziamenti garantiti (cioè assistiti da una garanzia reale, come ad esempio un'ipoteca), l'accantonamento previsto dovrà essere pari al 100% nell'arco di sette anni, mentre per quelli non garantiti è richiesta una copertura totale entro i due anni dal deterioramento.Là dove non è riuscita la Bce, arriva uno studio elaborato da Mediobanca securities ripreso ieri da Milano Finanza, che calcola gli impatti dell'addendum sui tassi dei finanziamenti concessi alle imprese. Secondo gli analisti di Piazzetta Cuccia, le nuove regole causeranno un incremento medio di 30 punti base, vale a dire il 20% in più rispetto ai valori registrati negli ultimi mesi. Nel report si legge che se «il costo del finanziamento per le piccole e medie imprese a rating inferiore aumenterà di oltre il 20%», quelle più rischiose potrebbero subire addirittura un'interruzione del credito.Un'eventualità che avrebbe conseguenze disastrose sull'economia italiana, il cui tessuto produttivo si fonda proprio sulle micro, piccole e medie imprese. Sulla carta la crisi è appena passata, ma scontiamo ancora gli strascichi di un decennio terribile. Negli ultimi anni migliaia di imprenditori e artigiani, sui quali finora si è basata una parte importantissima del nostro prodotto interno lordo, si sono visti sbattere la porta in faccia dopo aver richiesto un fido o un prestito che gli permettesse di mandare avanti l'azienda. Non è difficile comprendere dunque che una nuova stretta creditizia avrebbe oggi risvolti potenzialmente drammatici.Considerati i grandi progressi che il nostro Paese ha compiuto in materia di pulizia dei bilanci dai crediti deteriorati, si tratterebbe di una punizione immeritata. Risulta difficile quindi credere che la Bce, a seguito di mesi di studi, non fosse già a conoscenza dei possibili impatti sulle economie più simili alla nostra che si trovano a gestire un pesante fardello di Npl. L'addendum non è una misura obbligatoria, questo lo ha specificato più volte anche la stessa Vigilanza europea. Ciò nonostante, tutto fa ritenere che nei prossimi mesi diventerà un punto di riferimento per i grandi gruppi soggetti al controllo di Francoforte, ma anche per le medie e piccole realtà. Almeno fino a quando la Commissione europea non si deciderà a licenziare le proprie norme sugli Npl, che si preannunciano più soft e che fortunatamente sovrascriveranno quelle volute dalla Nouy. Fino ad allora nessuno sarà in grado di liberare le imprese italiane dal terrore di una nuova crisi.Gianluca De Maio<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/prestiti-regole-ue-draghi-visco-2558762645.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="bankitalia-smentisce-la-bce-sui-crediti-deteriorati-non-rallentano-leconomia" data-post-id="2558762645" data-published-at="1758002412" data-use-pagination="False"> Bankitalia smentisce la Bce sui crediti deteriorati: non rallentano l’economia Quante volte negli ultimi mesi abbiamo sentito ripetere come un mantra che i crediti deteriorati sono un male e che le banche se ne devono assolutamente liberare? Tante, forse troppe. La responsabile della Vigilanza europea, Daniele Nouy, non ha perso occasione per lanciare le sue accuse nei confronti degli istituti, rei di non aver preso in passato le dovute contromisure al fine di evitarne l'accumulo e di non compiere oggi gli sforzi sufficienti per smaltirli. «Gli Npl costituiscono un freno ai profitti e costringono a deviare risorse da attività più produttive», ha dichiarato la Nouy nel corso in uno dei suoi ultimi discorsi tenuto a Delfi poco più di un mese fa. «I crediti deteriorati non rappresentano un problema solo per le banche. Essi limitano gli istituti nell'erogazione di nuovo credito, e questo impedisce all'economia di crescere». A mettere in dubbio questo pregiudizio ormai consolidato anche nell'opinione pubblica arriva uno studio rilasciato lunedì da Banca d'Italia nell'ambito delle «Note di stabilità finanziaria e vigilanza». Nove pagine fitte di dati e grafici che riportano la firma di Paolo Angelini, dal 2014 vicecapo del Dipartimento vigilanza bancaria e finanziaria. L'economista parte subito in quarta, affermando che in letteratura non esiste una prova del collegamento diretto tra il volume di crediti deteriorati e i flussi di credito. Se è vero da un lato che una banca «con alti livelli di Npl può essere percepita come relativamente rischiosa, e dunque riscontrare difficoltà di accesso alla liquidità e al mercato di capitali», problemi simili possono riguardare anche «quegli istituti che sono altamente esposti ad altri asset altamente illiquidi o che abbiano problemi in grado di indebolirli fortemente (ad esempio di governance)». Potrà sembrare assurdo, ma un alto livello di Npl potrebbe addirittura indurre la banca ad aumentare il livello di finanziamenti erogati secondo un meccanismo noto come «gambling for resurrection» (letteralmente «scommettere sulla resurrezione»). Una circostanza nella quale un soggetto in difficoltà, in questo caso la banca, tende ad adottare comportamenti più rischiosi del dovuto per creare un diversivo e depistare sulla reale crisi in atto. Uno dei malintesi più diffusi sugli Npl, si legge più avanti nella pubblicazione, si basa sul concetto di zombie lending, cioè l'abitudine da parte delle banche di concedere finanziamenti anche a quei soggetti che si sa già essere insolventi. Secondo l'interpretazione classica, questa prassi toglierebbe spazio ai creditori sani, arrivando così a danneggiare l'intera economia. La letteratura, spiega l'autore, si concentra di più sulle modalità per far ritornare in regola i crediti erogati ai debitori «malconci» che sull'eradicazione del fenomeno tout court. In questo caso la banca dovrebbe agire come un medico che prova a guarire i propri pazienti, anziché risolvere il problema alla radice, sopprimendoli. La vendita massiccia di Npl, aggiunge Angelini, sempre più diffusa anche a causa delle continue minacce della Vigilanza, può provocare effetti sul conto economico addirittura peggiori rispetto alla semplice riduzione degli accantonamenti causata dalla riduzione dei crediti deteriorati. Venendo all'Italia, l'autore espone l'andamento degli Npl in relazione alla crescita del credito. Dallo scoppio della crisi in poi i crediti deteriorati sono aumentati vertiginosamente, passando dal 6% sul totale degli impieghi nel 2008 al picco del 18% toccato nel 2015. L'andamento dei crediti erogati non ha seguito però il flusso che ci si aspetterebbe. Nei primi anni di crescita dello stock di Npl, si è assistito addirittura a una crescita dei prestiti (dal 2008 al 2009), così come negli anni tra il 2013 e il 2015. Lo studio di via Nazionale non intende certo dimostrare che i crediti deteriorati siano un bene per le banche e per l'economia. Semmai quella contenuta tra le righe è una preziosa indicazione di metodo, ovvero non rinunciare a vagliare criticamente gli input che arrivano di volta in volta da Francoforte. Antonio Grizzuti
Matteo Salvini (Imagoeconomica)
La stazione di San Zenone al Lambro, dove il 30 agosto scorso un maliano ha stuprato una 18enne (Ansa)
Il ministro degli Interni tedesco Alexander Dobrindt con il cancelliere Friedrich Merz (Ansa)