2021-06-04
Prestiti macchinosi a tassi indefiniti. Ci ricattano anche con gli eurobond
Anziché accedere direttamente ai fondi, gli Stati, per averli, pagheranno interessi ancora indeterminati. E le maggiori garanzie sulle obbligazioni Ue possono mettere fuori mercato quelle nazionaliOra si fa sul serio. È durato 14 mesi un mostruoso sforzo legislativo e burocratico affinché la montagna dell’Ue partorisse il topolino del Next generation Ue. Finalmente il topolino è pronto per camminare. Sulle sue spalle trascinerà decine di bozze di regolamenti, linee guida, alcune migliaia di pagine di piani nazionali, per consentire all’Ue di finanziare con 750 miliardi in sei anni gli investimenti degli Stati membri. Si tratta del 5,6% del Pil della Ue, poco meno dell’1% annuo, un’inezia rispetto agli Usa, dove Joe Biden per il 2021 e 2022 prevede un deficit federale rispettivamente di circa 3.700 e 1.800 miliardi di dollari, il 17% e l’8% del Pil.Ma si tratta comunque di un impegno rilevante per la Commissione, chiamata per la prima volta a indebitarsi per importi rilevanti che la pongono sullo stesso livello dei grandi emittenti sovrani come Germania e Italia. Da qui la necessità di attrezzarsi, cambiando registro rispetto al passato, quando si era trattato di emettere poche decine di miliardi per finanziare programmi specifici come, da ultimo, il programma Sure per finanziare la cassa integrazione.Dopo aver ricevuto, sul filo di lana della mezzanotte del 31 maggio, tutte le notifiche dell’avvenuta ratifica della Decisione sulle risorse proprie - senza le quali la Commissione avrebbe dovuto attendere luglio per partire con le emissioni di titoli - il primo giugno la Commissione ha scoperto le proprie carte nei confronti degli investitori, ai quali aveva annunciato buona parte della propria strategia già il 14 aprile. Per pagare i primi anticipi agli Stati membri, entro fine anno è prevista l’emissione di 80 miliardi di titoli a medio-lungo termine e qualche decina di miliardi di titoli a breve, e si proseguirà fino al 2026 al ritmo di circa 150 miliardi all’anno. Fino a raggiungere il totale di circa 807 miliardi (a prezzi correnti, è la somma di 724 miliardi del Dispositivo la ripresa e la resilienza e 83 per altri programmi del NgEu). La prima emissione è prevista per fine giugno, attraverso un consorzio di collocamento e poi a settembre partiranno le aste.Qual è la novità? Fino a ieri la Commissione si indebitava e prestava back to back, cioè girava integralmente allo Stato membro beneficiario i proventi di ogni singola emissione, al netto dei costi sostenuti. Una strategia attuabile con piccole emissioni verso un numero limitato di Stati, non certo praticabile quando gli importi si decuplicano e bisogna finanziare 27 Stati. In concreto questo significa che la Commissione si finanzierà sul mercato in modo non direttamente connesso con gli esborsi agli Stati: non può correre il rischio di incappare in periodi turbolenti di mercato e quindi non poter procedere con gli esborsi. Le emissioni alimenteranno un serbatoio di liquidità a cui attingere per i singoli pagamenti. E quindi si perderà il legame tra costo delle emissioni per la Ue e costo per gli Stati membri finanziati. Probabilmente accadrà come per il Mes: le emissioni di titoli finiranno in un unico calderone e i Paesi pagheranno un tasso pari alla media di cosa c’è dentro. Speriamo non vengano fuori sorprese. Il commissario Paolo Gentiloni, al Festival dell’Economia di Trento, si è detto «molto ottimista sulla risposta che avremo dai mercati», ha citato «il precedente di Sure», con «livelli di domanda» dei titoli «15-16 volte superiore all’offerta» e «la novità del 30% degli eurobond di Next generation Eu che saranno green bond». Annunciando che «il prefinanziamento del 13% arriverà prima della pausa estiva», almeno per i piani arrivati a Bruxelles entro aprile, incluso il nostro.La Commissione ha precisato che si rivolgerà agli investitori secondo un piano predefinito comunicato con cadenza semestrale, sotto il tetto massimo di indebitamento autorizzato anno per anno con una specifica decisione. All’interno di questo plafond, si garantisce la necessaria flessibilità e capacità di attingere al mercato sfruttando ogni circostanza favorevole, fornendo nel contempo al mercato la necessaria prevedibilità dei propri piani. La flessibilità serve anche perché i fabbisogni degli Stati sono soggetti ad elevata variabilità. Non a caso, da Bruxelles si sono riservati una nuova valutazione di questa prima cifra a settembre, quando i piani nazionali dovrebbero essere tutti già approvati. Ci sono cinque Stati che non hanno nemmeno presentato il piano e, per gli altri 22, risulta quasi vuota la casella «prestiti». Su 386 miliardi, ne risultano richiesti 166 (di cui ben 123 dall’Italia). Risultano non optati ben 220 miliardi di prestiti e quindi il NgEu ha perso circa un quarto del suo potenziale. A meno che, come previsto dal regolamento, gli Stati non ne facciano richiesta entro il 31 dicembre 2023 o l’Italia aumenti ulteriormente i suoi prestiti. Ma questo significherebbe accertare che il nostro Paese abbia perso l’accesso ai mercati, e quindi spalancare le porte al Mes. Scenario di là da venire che tuttavia non ci sentiamo di escludere.Il nuovo approccio della Commissione per interagire con i mercati, si basa su alcuni punti fermi. Saranno utilizzate tutte le tipologie di titoli, muovendosi lungo tutta la curva delle scadenze: da meno di 1 anno a 30 anni. Per collocarli, essa si avvarrà di una «rete commerciale» di 39 operatori finanziari primari (per l’Italia ci sono Intesa, Mps e Unicredit) che formuleranno le offerte nelle aste per sottoscrivere direttamente i titoli e che, nelle emissioni tramite consorzio di collocamento, rileveranno «a fermo» i titoli emessi e li ricollocheranno presso altri investitori (Bce inclusa).Ovviamente queste banche non lavorano gratis, anzi si prepara un lauto banchetto per loro. Emissioni di questo tipo comportano commissioni nettamente inferiori al 1%, ma con 800 miliardi in vista, per ogni 10 punti base di commissioni, le banche incasserebbero 800 milioni e fonti della Commissione riferiscono della volontà di ridurre questi compensi.Nonostante questa rete di protezione, la Commissione sa che non può irrompere sui mercati a proprio piacimento e si è riservata di indicare il momento preciso della prima emissione di giugno, tenendo in considerazione sia le condizioni di mercato che i piani di emissioni dei singoli Stati. Questa precisazione non fa che aumentare le preoccupazioni circa un rischio di spiazzamento dei nostri titoli, per i quali nel 2021 sono comunque previste emissioni lorde per 600 miliardi.È complicato formulare previsioni, trattandosi di una situazione del tutto nuova, ma nei prossimi sei mesi il mercato obbligazionario non sarà un luogo dove annoiarsi.