2020-06-26
Preso il re dell’immigrazione clandestina
Fadhel Moncer, detto «Barbanera» come il noto pirata, capeggiava una banda italo tunisina che, per 3.000 euro a persona, portava a Lampedusa gli irregolari (oltre a sigarette di contrabbando). L'uomo, con altri arresti alle spalle, aveva 1,5 milioni.Sedicenne stuprata da pachistano organizza agguato e lo fa pugnalare. Dopo gli abusi, lei ha taciuto in famiglia ma ha pianificato la ritorsione: tutti fermati.Lo speciale contiene due articoli. Quando l'hanno arrestato l'ultima volta, nel gennaio 2019, l'avevano soprannominato Barbanera, per via della barba folta e lunga e dell'aspetto finto trasandato. Fadhel Moncer, alias Giovanni, considerato un pericoloso criminale tunisino, già arrestato nel 2012 per traffico di armi e droga tra Francia e Italia, con nel curriculum un attentato dinamitardo progettato contro una caserma dei carabinieri e un'accusa di associazione a delinquere, per il giro d'affari che è stato capace di mettere su, si è trasformato nel re dei clandestini. Grazie ai gommoni veloci e carenati della sua flotta, lungo la tratta Tunisi-Lampedusa era riuscito a mettere su uno dei traffici più imponenti di esseri umani e sigarette scoperti finora. Secondo gli investigatori della guardia di finanza, era così ben organizzato da aver anche cominciato a investire i proventi in attività economiche pulite - che gli permettevano di riciclare i proventi illeciti - tra Trapani, Agrigento e Palermo. Nel ristorante Bellavista di Mazara del Vallo, provincia di Trapani, sul lungomare Giuseppe Mazzini aveva creato la sua base operativa. E da lì Barbanera progettava i viaggi illeciti per migranti «vip», al costo di 3.000 euro a cranio. Se insieme agli extracomunitari la sua ciurma riusciva anche a caricare tonnellate di tabacchi di contrabbando, il viaggio diventava un doppio affare. Le Royal blu, le Royal rosse, le Time e le Silver, per mesi hanno invaso il mercato di Ballarò a Palermo, dove era considerato uno dei fornitori più accreditati. Come tutti i pirati, anche Barbanera - hanno scoperto gli investigatori - aveva il suo tesoro. In poco tempo Moncer e i suoi uomini (alcuni dei quali, si ipotizza, fungevano da prestanome) hanno messo le mani su un cantiere nautico, un'azienda agricola, su diversi immobili (tra cui una casa bunker), automezzi e pescherecci. Alcuni beni sono stati sequestrati. Valore complessivo: oltre 1,5 milioni di euro fra un immobile, due aziende e terreni a Marsala e Mazara del Vallo, un'auto e disponibilità finanziarie. Gli accertamenti economico patrimoniali avrebbero evidenziato una significativa sproporzione tra i redditi dichiarati e gli investimenti effettuati nel tempo da Fadhel Moncer. Il ristorante, insomma, per quanto ben avviato, da solo non sarebbe riuscito a permettere a Moncer il tenore di vita che dimostrava. «Grazie ai Decreti sicurezza», ha commentato il leader del Carroccio Matteo Salvini, «ci sono strumenti in più per contrastare il traffico di esseri umani, siamo pronti a tutto per impedire al governo di cancellarli». Ma non ci sono solo gli accertamenti patrimoniali. L'indagine giudiziaria ha accertato che agli irregolari fatti entrare in Italia l'organizzazione garantiva la possibilità di un contratto di lavoro fittizio, anche di tipo stagionale. E così il permesso di soggiorno era assicurato. Ad aiutare Barbanera c'erano anche sette italiani, che gestivano con lui il trasporto di sigarette di contrabbando. Anche loro sono imputati nel processo che è in corso.L'altra base operativa era in Tunisia, a Chebba. Da lì i complici di Barbanera organizzavano le partenze, indicavano le rotte sicure e indirizzavano gli sbarchi sui tratti di costa più tranquilli, per garantire una veloce dispersione sul territorio italiano dei clandestini appena sbarcati. E infatti gli sbarchi venivano definiti «fantasma». La guardia costiera italiana trovava al massimo qualche traccia del passaggio sulla spiaggia. Secondo gli investigatori del Gico, «l'organizzazione criminale è risultata in grado di diversificare, sistematicamente, le rotte e le modalità attraverso le quali ha perfezionato i traffici illeciti, sfruttando la prossimità dell'isola di Lampedusa alle coste tunisine, la disponibilità di due pescherecci italiani dislocati sull'isola pelagica, particolarmente attivi sul tratto di mare che separa l'isola italiana dalla costa africana». Le operazioni erano ben organizzate: dalla Tunisia partiva un motopesca, il Serena, al cui comando c'era il braccio destro di Barbanera, tale Khair Eldin Farhat detto Karim, che arrivava al largo di Lampedusa, lì veniva raggiunto dai barchini che, carichi di migranti, poi finivano sulla costa. In una telefonata, intercorsa prima dell'organizzazione di un viaggio, s'intuisce anche che l'organizzazione era armata. Si sente uno dei due interlocutori dire all'altro che insieme alla benzina, ai motori e alle sigarette, avrebbero preso le «armi e tutto il resto». E se in Tunisia la banda aveva trovato funzionari di polizia compiacenti che, a Kelibia, in cambio una mazzetta avevano falsificato addirittura i verbali di arresto di uno degli scafisti, in Italia la relazione con le forze dell'ordine era pessima. E siccome Barbanera è uno spietato, voleva far saltare in aria una caserma dell'Arma. «Faccio saltare la caserma, già sto mettendo da parte, ogni volta, uno o due chili... appena cominciano a essere 50, 100 chili, ti faccio sapere com'è... ti faccio spostare tutta la caserma a mare», diceva al telefono a un suo complice. Ma un precedente arresto fece naufragare il progetto. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/preso-il-re-dellimmigrazione-clandestina-2646264571.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="sedicenne-stuprata-da-pachistano-organizza-agguato-e-lo-fa-pugnalare" data-post-id="2646264571" data-published-at="1593115832" data-use-pagination="False"> Sedicenne stuprata da pachistano organizza agguato e lo fa pugnalare Una vendetta pianificata per 11 mesi, uno stupro da vendicare con il sangue, una storia di violenza, vergogna e disagio che ieri ha portato all'arresto di tre minorenni italiani, due ragazzi e una ragazza, accusati di tentato omicidio, tentata rapina e porto abusivo di armi, e di tre pachistani di 19, 25 e 37 anni, accusati di violenza sessuale di gruppo. L'indagine dei carabinieri di Rho ha portato alla luce una vicenda da film dell'orrore, che inizia nel gennaio 2019, quando la ragazzina, al termine di una serata in discoteca, ubriaca, invita i tre pachistani a casa sua, a Novate Milanese. La giovane, di appena 16 anni, viene violentata dai tre, a turno, una esperienza che lacera il suo corpo, la sua anima, facendole perdere completamente il lume della regione. Lei, per la vergogna, tace, non racconta nulla ai suoi familiari, ma si confida invece con il suo fidanzato, anche lui minorenne. La sete di vendetta prende il sopravvento sulla razionalità, e così, per 11 lunghi mesi, i due ragazzini non riescono a togliersi dalla testa quel tarlo. L'epilogo, il 12 novembre 2019: alle 20 un pachistano di 19 anni viene trovato dai carabinieri riverso su una panchina, nei pressi della stazione di Novate. Ha una profonda ferita da taglio al fianco, è in stato di semi incoscienza: viene trasportato all'ospedale Niguarda di Milano in fin di vita, un intervento chirurgico riesce a salvarlo. Nel parco pubblico dove è stato trovato il giovane ferito, i carabinieri scovano un coltello a serramanico sporco di sangue. Il ferito racconta di essere stato accoltellato da due ragazzini, mentre era in compagnia di una minorenne. I tre ragazzi italiani, raggiunti dalle forze dell'ordine, forniscono la loro versione dei fatti: avrebbero incontrato il pachistano per acquistare uno smartphone, ma l'uomo avrebbe tentato di molestare la ragazza e poi, nella colluttazione con i due amici che l'avevano accompagnata ed erano intervenuti per difenderla, si sarebbe ferito da solo. Una ricostruzione confermata dai due ragazzini, che lascia assai perplessi i carabinieri, che vanno fino in fondo e accertano la verità: il pachistano è stato attirato in un tranello e accoltellato per vendicare lo stupro di 11 mesi prima. Scatta così l'operazione «All about love»: sotto il coordinamento delle Procure della Repubblica presso il tribunale ordinario e minorile di Milano, i Carabinieri di Rho ricostruiscono tutta la vicenda e fanno scattare le manette ai polsi dei tre minorenni italiani, del pachistano ferito e dei due suoi connazionali che avevamo stuprato la giovane in quella terribile notte di novembre. I tre ragazzini, oltretutto, avevano anche tentato di rubare soldi e smartphone al pachistano, per una sorta di folle «risarcimento danni». Si trovano ora tutti agli arresti domiciliari, i protagonisti di questa vicenda degna di una puntata di Storie maledette. Una catena di degrado sociale, vergogna e violenza cieca: difficile immaginare con quale stato d'animo la sedicenne violentata abbia trascorso tutto il tempo fra lo stupro subito e la sua tragica e folle azione di vendetta. Una storia che rappresenta anche un segnale di allarme da non sottovalutare: la ragazzina violentata non si è fidata delle istituzioni, non si è fidata della sua famiglia, ma ha scelto di confidarsi soltanto con il suo fidanzatino. Non ha chiesto giustizia per la violenza patita, ma ha preferito pianificare una assurda vendetta. Una scelta disperata che l'ha portata ad essere arrestata, insieme al fidanzato, all'amico, e ai tre stupratori.
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
Gabriele D'Annunzio (Getty Images)
Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)