2022-12-08
Un computer può fare opere d’arte? Potenzialità e rischi dell’intelligenza artificiale
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Un'immagine realizzata con l'uso del software Midjourney
Qualche mese fa, negli Usa, un quadro realizzato interamente da un’applicazione di Ai ha vinto un concorso artistico. È la nuova frontiera, non priva, tuttavia, di interrogativi giuridici ed etici.Un computer ha vinto un concorso d'arte. Doveva succedere, prima o poi. Parliamo del Colorado State Fair, in cui, nella categoria «arte digitale / fotografia manipolata digitalmente», ha vinto il primo premio Jason Allen - presidente della società Incarnate Games che produce giochi da tavolo - con un'immagine generata dall'intelligenza artificiale. Certo, la categoria stessa in cui Allen gareggiava presuppone l'intervento della tecnologia. Il punto è che l'uomo, in questo caso, non ha neanche preso in mano un pennello o una macchina fotografica. E non ha neppure «pensato» la sua opera. Théâtre d'Opéra Spatial - questo il titolo - è infatti, un lavoro di Midjourney, un programma di intelligenza artificiale che crea immagini partendo da descrizioni testuali, dal funzionamento molto simile al più famoso Dall-E di Open AI. Il quadro è effettivamente molto bello, ma ha comunque acceso il dibattito su cosa sia l'arte e quali siano i limiti dell'uso della tecnologia. Anche con dei risvolti etici e legali. L'Usco statunitense (United States Copyright Office) ha qualche mese fa negato la possibilità di applicare le norme sul diritto d'autore alle opere d'arte realizzate da un'intelligenza artificiale. Insomma, c'è diritto d'autore se c'è un autore. E l’autore deve essere composto di pelle, ossa, tessuti. A chiedere di considerare l'intelligenza artificiale al pari di un artista in carne ed ossa era stato tal Stephen Thaler, secondo il quale il requisito della paternità umana dell'opera deve essere considerato incostituzionale. Thaler è comunque riuscito a convincere un giudice australiano che le invenzioni create dall'intelligenza artificiale possono essere tutelate tramite brevetto, mentre il Sudafrica ha concesso il brevetto per un'invenzione realizzata da un'Ai. Insomma, il dibattito è aperto, ma non mancano gli aspetti controversi. La grafica realizzata con intelligenza artificiale sta in questi mesi spopolando. Ci sono app specifiche che creano arte a partire da un testo, o che fanno «evolvere» le proprie foto, generando immagini di sé che sembrano tratte da una graphic novel. Soprattutto quest'ultima applicazione spopola tra i giovanissimi, che la utilizzano per modificare la propria immagine profilo sui social. Come per altri programmi di Ai, le app in questione funzionano sulla base di database enormi costruiti pescando a strascico sul Web. Sulla base di questa mole sterminata di dati, i programmi «imparano» a costruire immagini «nuove». Un primo problema è che, in questi grandi archivi, impossibili da controllare per un essere umano, finiscono effettivamente opere protette da diritto d'autore. Se non è la mente umana ad aver creato le opere dell'Ai, essa ha tuttavia generato i prodotti da cui l'Ai prende spunto. Non è una questione banale, in termini legali. Esistono anche programmi che permettono di navigare nei database di queste app, pensati proprio per permettere agli artisti di controllare se le proprie opere sono finite in tali archivi. Anche «filosoficamente», però, la questione si presenta come complessa. La mente umana non «inventa», forse, a partire dall’immagazzinamento conscio o inconscio di migliaia di immagini, non siamo forse tutti influenzati da ciò che vediamo? Un artista, per quanto geniale e originale, non sta sempre elaborando a partire da un archivio mentale? Un pittore, oggi, non dipinge a partire da Van Gogh, Cezanne, Picasso, o anche da pubblicità, grafiche, fumetti, disegni, insomma da tutto ciò che ha visto e introiettato? E allora perché dovrebbe essere un problema se lo fa un computer, che peraltro attingerà a una mole di immagini molto, molto più ampia di quella che probabilmente può registrare un cervello umano. Ma c'è di più. Come ha documentato Motherboard, il sito tech di Vice, «alcuni degli strumenti di generazione di immagini via intelligenza artificiale che hanno invaso internet tra 2021 e 2022 attingono da dataset che contengono anche immagini tra le peggiori mai caricate online: esecuzioni del cosiddetto Stato Islamico, immagini deepfake di nudo con volti di celebrità e vere foto di nudo rubate nel leak conosciuto come "The Fappening" avvenuto nel 2014». Non c’è ancora la certezza, ma nelle illustrazioni create dall’Ai potrebbero finire anche immagini di pedopornografia. Gli aspetti con cui fare i conti, quindi, non mancano. Quel che è certo è che l’intelligenza artificiale ci pone di fronte a sfide nuove, per cui è bene cominciare ad affinare categorie culturali e poi anche giuridiche.
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