Le complesse dinamiche geopolitiche che investono il Venezuela ruotano (anche) attorno alle sue copiose risorse minerarie. È soprattutto il coltan a essere ambito dalle potenze internazionali, nonostante l'elevato costo umano che comporta la sua estrazione nel Paese. Un costo di cui ha parlato anche il giornalista Francesco Semprini nel suo documentario Siete Mil.
Le complesse dinamiche geopolitiche che investono il Venezuela ruotano (anche) attorno alle sue copiose risorse minerarie. È soprattutto il coltan a essere ambito dalle potenze internazionali, nonostante l'elevato costo umano che comporta la sua estrazione nel Paese. Un costo di cui ha parlato anche il giornalista Francesco Semprini nel suo documentario Siete Mil.È d'altronde in questo quadro geopolitico che Caracas sta continuando a rafforzare i propri legami con Cina e Russia. Lo scorso 28 maggio, il ministro venezuelano delle Comunicazioni e dell'Informazione Freddy Náñez ha auspicato un rafforzamento della partnership con Pechino. «Il Partito comunista cinese è il motore delle vittorie economiche e politiche di questo grande Paese», ha dichiarato durante una videoconferenza dedicata ai cento anni del Partito cinese. Un evento a cui, secondo l'agenzia di stampa Xinhua, ha preso parte anche l'ambasciatore cinese in Venezuela, Li Baorong. Appena pochi giorni prima, Reuters aveva riportato che Nicolas Maduro avesse annunciato l'arrivo di 1,3 milioni di dosi di vaccino cinese. «Sono arrivati un milione e 300.000 nuovi vaccini per i venezuelani direttamente dalla Cina, un milione e 300.000, l'arrivo dei vaccini è in aumento», aveva dichiarato il presidente venezuelano. Non è del resto un mistero che Pechino si serva della diplomazia vaccinale per incrementare la propria influenza sull'America Latina: una strategia che il Dragone sta portando avanti anche con Paesi storicamente più vicini agli Stati Uniti (si pensi soltanto alla Colombia). Tra l'altro, la diplomazia vaccinale che guarda a Caracas è praticata anche dalla Russia. A metà maggio, il Venezuela ha infatti approvato il vaccino monodose Sputnik Light, mentre il 4 giugno il vicepresidente del Paese, Delcy Rodriguez, ha annunciato un accordo per l'acquisto di dosi del siero russo EpiVacCorona. Più in generale, è noto che il Venezuela abbia un altissimo livello di indebitamente estero: un indebitamento che riguarda in particolare proprio Russia e Cina: il che conferisce da tempo a questi due Paesi una leva politica non indifferente per avere (pesantemente) voce in capitolo nelle dinamiche politiche di Caracas. Non sarà del resto un caso che, ai tempi della crisi del 2019, sia Pechino che Mosca si siano schierate a sostegno di Maduro, preoccupate di tutelare i propri interessi economici e di salvaguardare al contempo la propria influenza sull'area. Una fitta rete di interessi che passa anche attraverso l'Iran, Paese che notoriamente intrattiene stretti legami con la Russia e che ha recentemente siglato un importante accordo economico con la Cina. Tuttavia, come sottolineato a settembre dal Center for Strategic and International Studies, si tratta di legami differenti. Mosca ha pesantemente investito in Venezuela, soprattutto nel settore energetico e controlla adesso svariati giacimenti petroliferi nell'area. Non solo: la Russia – insieme all'Iran – intrattiene stretti legami con Caracas anche sul fronte della cooperazione militare. Pechino, dal canto suo, vuole salvaguardare il suo ingente credito da 20 miliardi di dollari e teme un regime change soprattutto da questo punto di vista: ciò non le ha tuttavia di tenere dei contatti con lo schieramento di Juan Guaidò. Contatti finalizzati a garantire il pagamento del debito anche in caso di un rovesciamento di Maduro. Tutto questo, senza trascurare un altro aspetto assai rilevante. Non dimentichiamo che, in termini di materie prime, il Venezuela non risulti ricco soltanto di petrolio e oro ma anche di coltan: una miscela minerale particolarmente ambita, in quanto utilizzata nella realizzazione di materiale tecnologico (sia per l'elettronica di consumo che per il settore militare). Il che fa sicuramente gola tanto alla Russia quanto alla Cina, spiegando (almeno in parte) il loro atteggiamento benevolo nei confronti di Caracas. È quindi chiaro che queste dinamiche geopolitiche abbiano un impatto nella difficile situazione interna venezuelana. E' stato, per esempio, il caso del febbraio 2019, quando – nel pieno della crisi con gli Stati Uniti che sostenevano Guaidò – Maduro ordinò la chiusura del confine con il Brasile, per bloccare l'arrivo di aiuti umanitari e attuando una dura repressione nella città di Santa Elena de Uairén. Un'area quella al confine con il Brasile, particolarmente ambita anche per le sue risorse minerarie. Proprio su questi tragici eventi (e con particolare riferimento al dramma subìto dai Pemon) si concentra il documentario del giornalista Francesco Semprini, intitolato Siete Mil: una dura denuncia dell'attuale presidente venezuelano e del suo regime. «Quando con Antonello Veneri, fotografo di razza, siamo arrivati sul posto di frontiera ci siamo resi conto del dramma che si stava consumando, una realtà sconosciuta ai più. Così abbiamo deciso di dar voce alla gente di quella periferia del pianeta», ha dichiarato lo stesso Semprini a La Verità. «Siete Mil è un progetto complicato anche perché realizzato durante la pandemia. Ma ce l'abbiamo fatta grazie alla professionalità e l'ostinazione di tutti coloro che hanno contribuito, Leonardo Pallenberg e Anna Vyaches, per foto, camera e montaggio, Jacopo Messina per il design del suono e il maestro Andrea Rotondi che ha composto le musiche», ha aggiunto il giornalista, che ha rimarcato inoltre come quell'area di confine sia ricca soprattutto di coltan. Un coltan quindi sempre più fonte di tempeste geopolitiche e di altrettanti drammi interni allo stesso Venezuela.
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