2019-06-27
Pop Vicenza, cambia il giudice. Zonin fa festa
Il presidente del collegio, Lorenzo Miazzi, non porterà a sentenza il processo contro gli imputati per il crac della banca. Lascia per un rischio d'incompatibilità legato alla sorella. Dopo sette udienze istruttorie il colpo di scena può avvicinare la prescrizione.La sentenza? «Arriverà con il panettone del 2020». Il giudice Lorenzo Miazzi, presidente del collegio nel processo per il crac della Banca popolare di Vicenza, aveva rassicurato tutti. E invece pure il procedimento giudiziario simbolo del pandemonio creditizio, che ha travolto decine di migliaia di risparmiatori, rischia di finire all'italiana: con una clamorosa prescrizione. Di cui adesso potrebbero beneficiare gli imputati: l'ex presidente, Gianni Zonin, assieme ai vertici dell'istituto veneto. Buonanotte ai suonatori. Il togato lascia. Per un rischio di incompatibilità legato alla sorella, Maria Luisa: giuslavorista a Padova. Domanda accolta dal presidente del Tribunale di Vicenza. Così, si ricomincia. Nella prossima udienza verrà data comunicazione ufficiale: il collegio cambia. La decisione ha allarmato le parti civili. Che, con una certa fondatezza, temono che il cambio in corsa possa avere un deflagrante effetto diretto: le calende greche. Gli avvocati degli imputati, difatti, potrebbero cogliere la palla al balzo per chiedere di azzerare tutto e ricominciare. Mal che vada, un'eccezione via l'altra, otterrebbero comunque preziose dilazioni. Già. Perché la prescrizione, appunto, incombe. A metà 2021 scatterebbe per il reato più grave imputato ai presunti rei: l'aggiotaggio. Ovvero il grimaldello giuridico che, se ratificato da sentenza, potrebbe garantire ai truffati di ottenere gli auspicati indennizzi. Ma cosa ha portato Miazzi alla clamorosa decisione? La congiunta del giudice, stimato avvocato, fa parte di uno studio legale padovano: Miazzi Cester Rossi. E tra soci, come si evince dai suddetti nomi, c'è pure Francesco Rossi. Il professionista ha tra suoi clienti pure Samuele Sorato: ex amministratore delegato e direttore generale della Popolare di Vicenza. Il manager ha intentato causa all'istituto creditizio. Da qui, nasce un procedimento che riguarderebbe il suo interrotto rapporto di lavoro. Sorato, a dire il vero, non è imputato nel processo sul crac della banca che guidava: la sua posizione è stata stralciata. C'è però un'altra la circostanza che lascia perplessi. L'avvocato Rossi, contattato dal sito Vicenzapiù, dichiara: «È dal luglio 2015 che tutelo il dottor Sorato: prima per una vertenza di lavoro, poi anche per l'azione di responsabilità intentata dalla Banca popolare di Vicenza». E allora come mai la supposta incompatibilità viene fuori solo adesso, dopo sette udienze istruttorie? Mistero. Fatto sta che il giudice, già a capo dell'Associazione nazionale magistrati in Veneto, ritiene che la circostanza potrebbe metterlo in imbarazzo. O, peggio, sancire incompatibilità. Così, venuto a conoscenza del fatto, chiede di venire sostituito. E il presidente del tribunale di Vicenza, Alberto Rizzo, accoglie l'istanza di astensione. E nomina la sostituta: Camilla Amedoro. Andrà ad affiancare i giudici già nel collegio: Deborah De Stefano, che viene nominata presidente, ed Elana Garbo. In un comunicato, Rizzo spiega: l'astensione di Miazzi nasce da un documento finito gli atti del processo. Da cui risulta, appunto, l'intreccio: la parentela tra il giudice e l'avvocato, l'incarico del manager imputato al collega di studio, il procedimento giuridico che coinvolge l'istituto vicentino. Un coup de théâtre che era comunque nell'aria. Già nell'ultima udienza del procedimento sul fallimento i pm, Gianni Pipeschi e Luigi Salvadori, avevano paventato possibili rinvii nelle udienze. E adesso? Il combattivo comitato «Noi che credevamo nella Banca popolare di Vicenza» ha subito diffuso una scorata nota: «Brutte notizie dal processo Zonin. Questo influirà certamente in maniera negativa sui tempi e i risultati. Chiediamo alle autorità competenti e alle istituzioni che si adoperino per chiarire questa situazione. La legge sarà anche uguale per tutti, ma vogliamo capire se il sistema aiuterà centinaia di migliaia di cittadini risparmiatori a giungere a una verità». Il sistema. Appunto. E pure gli avvocati che difendono le parti civili, i correntisti beffati, ora temono che tutto finisca a catafascio. I difensori degli indagati potrebbero presentare valanghe di opposizioni. Chiedere di ridiscutere quanto è già stato acquisito. Qualcuno paventa anche il timore di dover richiamare i testimoni ascoltati fino a oggi. Timori riassunti nelle allarmate parole di uno degli avvocati: «In questo processo, i rischi erano già molto elevati. Ogni ulteriore ritardo nei tempi ci avvicina al limite: quello oltre il quale i cittadini e i risparmiatori non avranno giustizia». Eppure la sentenza sulla Popolare di Vicenza poteva diventare lo spartiacque. L'emblema per la nefasta stagione dei crac degli istituti di credito, che ha mandato sul lastrico frotte di incolpevoli correntisti. «Arriverà con il panettone del 2020» giurava il deposto Miazzi. Invece, la prescrizione si avvicina. A lunghe e funeste falcate.