2022-08-21
Piloti addormentati a causa di turni lunghi e troppa automazione
Il caso dell’Ethiopian Airlines non è isolato: orari estenuanti e bonus a chi non si ferma son la norma. A scapito dei passeggeri.Dopo quanto accaduto al volo Ita Airways New-York Roma alla fine di maggio, i cui piloti non avevano risposto ai controllori francesi perché probabilmente assopiti - il comandante è stato licenziato - il 15 agosto quelli di un B-737 della Ethiopian Airlines si sono addormentati ai comandi e hanno mancato la discesa verso la destinazione, per poi svegliarsi grazie al segnale acustico di disinserimento dell’autopilota, mentre volavano ancora alla quota di oltre 11.200 metri. Il volo, registrato come Eth 343, era partito da Kharthoum, in Sudan per atterrare due ore dopo, alle 6:20 del mattino, ad Addis Abeba, con a bordo 154 persone. Una volta ridestati, i due hanno obbedito alle istruzioni dei controllori, eseguito un circuito d’attesa per poi atterrare 25 minuti dopo l’orario previsto. La compagnia li ha sospesi dal servizio. Accadde anche negli Usa nel 2003 a un volo della Northwest Airlines che oltrepassò di 160 km la destinazione, e nel 2018 quando un pilota decollato dalla Tasmania con a bordo soltanto merci si addormentò superando di 50 km King Island, riuscendo ad atterrare poco prima che il carburante finisse.La fatica dei piloti continua a essere una delle minacce alla sicurezza dei voli. A provocarla non c’è soltanto l’orario di taluni collegamenti, che prevede l’entrata in servizio nelle prime ore della notte, ma anche le rotazioni che comportano fino a quattro voli al giorno, seppur spesso di durata contenuta, e che portano i piloti a compiere stanchi le ultime tratte. Già nel 2013 l’autorità aeronautica Usa, l’Faa, aveva dimostrato come un pilota in carenza di riposo reagisse a una possibile emergenza in un tempo venti volte superiore rispetto a un collega riposato, e che nel 60% dei casi non era stato in grado di gestirla.Seppure le normative prevedano un impiego massimo in termini di ore di servizio al mese e all’anno, sui forum dedicati al personale di volo non è infrequente trovare messaggi di comandanti e primi ufficiali che dichiarano di aver sforato il limite di oltre il 30%. La differenza tra il tempo di impiego (duty time) e tempo di volo (flight time) è dettagliata nella normativa europea ma questa risulta farraginosa e «interpretabile». A determinare le situazioni di pericolo non è tanto il carico di lavoro in cabina, quanto il tipo: gli aeromobili moderni sono altamente automatizzati e il pilotaggio è una gestione di sistemi elettronico-informatici: per oltre l’80% del tempo l’equipaggio deve controllare che quanto programmato sia eseguito ed essere pronto a gestire gli imprevisti. Se il decollo del volo è previsto per le 4:30 del mattino, l’equipaggio è pronto almeno alle 3.30 e sarà in piedi molto prima per recarsi in aeroporto. Ma per quanto possa aver riposato nelle ore precedenti, se non è la prima mattina che ciò accade si troverà nella condizione Circadian low, o finestra di minimo circadiano, il periodo compreso tra le 2 e le 6 del mattino.Se oggi nei voli a corto raggio la fatica è prodotta da orari sempre più estremi e dall’aumento delle tratte giornaliere, su un certo numero di voli lunghi è stato eliminato il terzo membro dell’equipaggio e permessa la pratica del Power nap, un breve sonnellino fatto da uno dei due piloti mentre l’altro rimane sveglio. In questa situazione si crea la possibilità che se anche chi deve vegliare s’addormenta, il volo proceda secondo la programmazione del computer di volo che dirige l’autopilota. Il fenomeno è poi accentuato da ciò che sta accadendo nel periodo post pandemia, ovvero dalla mancanza di personale di volo (e non soltanto). Durante la crisi del 2020 la maggioranza dei vettori ha pensionato i comandanti più esperti, ma successivamente, per l’incertezza della ripresa alla quale è seguita la forte domanda, non sono riuscite a reintegrare un numero sufficiente di piloti. Così oggi, specialmente negli Usa, le compagnie propongono premi a chi accetta di volare oltre il limite consentito dalle regole, trovando grande assenso. Non è quindi un caso che episodi di questo tipo accadano quasi sempre nell’ultimo volo della giornata o della rotazione, quello che eccede le due ore di discrezionalità del comandante sul totale del tempo di pilotaggio, in modo da far rientrare l’equipaggio alla base evitando alla compagnia i costi di trasferta e di riprogrammazione degli equipaggi e dei voli seguenti.Le procedure raccomandate insegnano ai piloti come riconoscere i sintomi della stanchezza, fatto che dovrebbe portarli all’autodichiarazione di essere indisposti al volo. Ma ciò si scontra con contratti di lavoro che prevedono bonus e condizioni per l’avanzamento della carriera subordinati alle valutazioni di rendimento, alla puntualità dei voli, eccetera.Così oggi se non si vola si guadagna la metà dello stipendio. Non sono rari i casi di licenziamento di chi fa qualche malattia di troppo, instaurando una pratica di velato terrorismo contro chi cerca di mantenere alti gli standard di sicurezza. Il risultato è che si vola in Circadian low con equipaggio minimo anche per diversi giorni consecutivi, si accumula stanchezza e, dopo qualche nottata, si crolla al primo momento di tranquillità. Finora le autorità aeronautiche sono state ben attente a non approvare regole che vedano i vettori mettersi di traverso, spesso pubblicando raccomandazioni farraginose o molto interpretabili. C’è quindi da chiedersi se la sicurezza del trasporto aereo possa essere delegata a un contratto di lavoro e non a un organo al di sopra delle parti che supervisioni le situazioni e possa intervenire.