2021-08-03
I pilastri del green pass non stanno in piedi
La retorica dell'iniezione «solidale» si scontra con i dati: anche i vaccinati contagiano. Mentre a smontare il decreto ci pensa il diritto, visto che il Regolamento Ue vieta discriminazioni per chi rifiuta il farmaco. Non a caso all'estero nessuno ci sta imitando.Ma a cosa serve il green pass? Mentre sta per iniziare la conversione in Aula del decreto legge che lo introduce a partire da venerdì prossimo, 6 agosto, la risposta non è così chiara come potrebbe sembrare. A suggerire molta, molta prudenza nell'uso estensivo del documento dovrebbe bastare un fatto che pare non aver ancora abitato con la necessaria forza il dibattito pubblico: i vaccinati possono contagiare. Raccontando ai suoi lettori le nuove linee guida del Cdc americano (Centers for disease control and prevention) sul Covid, il Washington Post ha scritto che i vaccini «offrono protezione significativa contro malattia grave e morte, ma non uno scudo contro qualunque possibilità di infezione. [...] I vaccinati possono contagiare, in misura ancora non chiara». Cade così la retorica della «puntura solidale», fatta «per proteggere gli altri». Non perché non sia nobile l'intento, ma perché questi mesi di campagna di massa paiono mostrare in modo univoco l'efficacia «egoistica» del vaccino. Il miglior spot in favore del presidio è nella probabilità statistica ormai evidente di non subire danni severi: gli stessi che, su larga scala, hanno mandato a pochi metri dal collasso la sanità del nostro Paese e di mezzo mondo.Se però l'efficacia del vaccino è individuale (ovviamente il beneficio collettivo c'è, e deriva dal fatto che non intasare gli ospedali è cosa utile a tutti), cade la prima ragione sanitaria del green pass «duro». Del resto, il consenso informato che milioni di italiani stanno sottoscrivendo parla di un preparato «usato al fine di prevenire la malattia», non l'infezione. Nella misura in cui purtroppo il contagio non è fermato dal vaccino (forse non è arrestabile neppure con i lockdown, oggi comunque insostenibili), in che modo restringere di fatto l'accesso a treni, ristoranti, allenamenti sportivi, e magari un domani scuola e lavoro, a chi si sia vaccinato o sia guarito può dare un contributo alla convivenza responsabile con il Covid che tutti auspicano?Immediatamente accanto alle ragioni pratiche, si pongono questioni legali e di diritto non di poco conto. L'evidente e voluta discriminazione imposta a chi, a prescindere dai motivi, non si vaccini si pone in contrasto abbastanza evidente con il Regolamento Ue 2021/953, cui pure il nostro decreto si richiama (il punto 36 delle premesse esclude discriminazioni per chi abbia scelto di non vaccinarsi o non abbia potuto farlo). Sul piano interno, una legislazione dell'obbligo troverebbe senza dubbio una cornice legislativa meno ipocrita e più lineare, mentre è probabile che l'impianto attuale - un obbligo di fatto - trovi l'ostacolo della Corte costituzionale sulla sua strada (sempre che sia disposta a eccepire su materia così infuocata).Sul piano economico, poi, le ragioni sono ancora più labili: se l'intento fosse stato quello di rendere più sicuri e quindi praticabili turismo, ristorazione, sport eccetera, l'effetto psicologico (probabilmente acuito dalla crescita dei contagi) è stato quello di provocare disdette, e stando alle proteste di vaccinatissimi esercenti i danni paiono gravi.Non va meglio il confronto con l'estero. Tolta la Francia, cui il provvedimento del green pass si ispira esplicitamente, al momento non ci sono grandi Paesi occidentali che abbiano misure simili. La maggior parte di essi, peraltro (Usa, Germania, Giappone), ha tassi di vaccinazione inferiori al nostro. Accanto all'assenza di ragioni apparentemente valide sul piano sanitario, economico, legale e di diritto nazionale e comunitario, ci sono i problemi operativi, tutt'altro che trascurabili. È evidente che la curiosa differenziazione allo studio (si vola e si va sul Frecciarossa solo con il green pass, non serve ai pendolari e a chi prende la metropolitana o il bus) è dovuta esclusivamente all'impossibilità materiale di effettuare controlli capillari. Ovviamente non va meglio con impianti sportivi, ristorazione e bar. La possibilità, poi, di «barare» sia sui Qr code sia sui controlli, unita ai non trascurabili buchi burocratici (molti guariti faticano a ottenere il documento, come spiega Lorenzo Castellani sul sito di Panorama), rischia di creare un pericoloso mix di intoppi logistici senza i benefici sperati.Atteso che le ragioni per attenuare l'invasività «bio-costituzionale» del green pass sembrano numerose e solide, resta da capire perché permangano pressioni fortissime non solo per confermarlo, ma per estenderne ineluttabilmente l'uso. L'unico motivo plausibile è aumentare le vaccinazioni tra i giovanissimi: si rovina loro talmente tanto la vita che, per esasperazione, i ragazzi e le famiglie propendono per l'iniezione. Senza considerare per il momento un piano etico (alla faccia del nudge, la spinta gentile: «ricatto» è un termine più onesto), resta un enorme punto interrogativo, ancora una volta sul piano pratico. Se un vaccinato si può contagiare e può contagiare (e quindi i minorenni coperti non proteggono genitori e nonni, per i quali invece non vaccinarsi appare una scelta decisamente irrazionale), ha senso imporlo di fatto a fasce di età i cui rischi di malattia grave (diciamo terapia intensiva) sono statisticamente prossimi a quelli di effetti avversi seri (diciamo trombosi, miocarditi, eccetera)? E allora: perché? Al Parlamento la sentenza, in effetti non troppo ardua.
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