2022-01-05
Quirinale, si vota da lunedì 24. Spunta l'ipotesi Draghi+Ursula
I dem lavorano a un accordo per sostituire Sergio Mattarella con Super Mario e prendersi Palazzo Chigi, sbattendo fuori il Carroccio dal governo. Dario Franceschini in pole position ma i rapporti con Mr Bce non sono buoni. E alla fine può spuntarla lo stesso Enrico Letta.Numeri ballerini per il fattore virus. Roberto Fico annuncia la convocazione su Facebook. Nei primi tre giri servono 671 voti, poi 504.Lo speciale comprende due articoli.Nella trottola di schemi possibili per la grande e caotica partita del Quirinale, irrompe il fattore Ursula. Il piano politico, un’ipotesi che ovviamente può avere i numeri o no, ma di cui si è discusso a massimo livelli, vede infatti Mario Draghi sul Colle e Dario Franceschini a Palazzo Chigi, sostenuto da una maggioranza Ursula, appunto: Forza Italia dentro e la Lega all’opposizione. Questo l’accordo, o almeno un accordo, al quale si sta lavorando per sbloccare l’impasse sull’elezione del prossimo Capo dello Stato, condizionata dalla necessità di individuare contestualmente un nuovo presidente del Consiglio. Condizione necessaria, considerato che per convincere i parlamentari a votare per Draghi, al Quirinale occorre rassicurarli sul fatto che la legislatura prosegua fino al 2023: l’incubo delle elezioni anticipate, infatti, rappresenta il più irto ostacolo all’ascesa di «nonno» Mario alla prima carica dello Stato. L’idea di un tecnico, anzi di un altro tecnico, a Palazzo Chigi, ad esempio l’attuale ministro dell’Economia, Daniele Franco, non convince praticamente nessuno, e così il punto di caduta, a quanto ci risulta sarebbe stato individuato in un esponente del Pd: il ministro della Cultura, Dario Franceschini. Va ricordato che Franceschini non è assolutamente in buoni rapporti con Draghi: non a caso lo schema potrebbe restare valido anche con Enrico Letta premier.L’accordo sarebbe stato raggiunto molto di recente, e quasi a prescindere da Matteo Salvini, il quale non avrebbe grossi problemi a votare Draghi ma che avrebbe ancor più interesse a non far parte di una nuova maggioranza con un dem a Palazzo Chigi. Del resto, sarebbe davvero strano il contrario: il leader del Carroccio ha già pagato un sostanzioso pedaggio dal punto di vista dei consensi con il sostegno al governo Draghi, sarebbe impossibile per lui convincere i suoi elettori a sostenere un esecutivo a guida Pd. Non solo: un annetto all’opposizione consentirebbe forse a Salvini di recuperare un gruzzolo di consensi, affiancando Giorgia Meloni all’opposizione. E da qui sarebbe meno difficile, a patto di mantenere unito il partito, sfilarsi da molti provvedimenti in tema di emergenza sanitaria su cui perfino Giancarlo Giorgetti ha iniziato a smarcarsi già adesso.Forza Italia invece resterebbe a far parte della maggioranza di governo. La convergenza della Lega su Draghi, infatti, non potrebbe certamente incrinare il rapporto tra Salvini e Silvio Berlusconi (in fondo è già accaduto l’opposto: Lega al governo, azzurri all’opposizione). Il Cavaliere, che sta puntando tutto sulla presidenza della Repubblica, un obiettivo che avrebbe necessariamente bisogno tuttavia della rinuncia o della bocciatura dell’attuale premier alla corsa per il Colle. D’altro canto, però, Forza Italia è un partito che si è caratterizzato per la moderazione e per la tendenza alla stabilità, e inoltre i parlamentari azzurri non accetterebbero di certo le elezioni anticipate, poiché tra calo dei consensi e taglio dei parlamentari al prossimo giro saranno in pochissimi a essere riconfermati. Forza Italia resterebbe dunque inchiodata al governo, completando quella maggioranza Ursula che è un po’ l’obiettivo di tutte le forze politiche che potremmo definire «non sovraniste», e che hanno contribuito alla elezione di Ursula von der Leyen alla presidenza della Commissione europea nel 2019.Per il Pd sarebbe l’apoteosi: otterrebbe infatti la presidenza del Consiglio in una legislatura partita con uno dei peggiori risultati di sempre, quel 18% che costò la segreteria a Matteo Renzi. Il Pd si confermerebbe partito di sistema per eccellenza: Enrico Letta ha tentato, o finto di tentare, di mantenere Draghi a Palazzo Chigi, ma non potrebbe mai e poi mai rinunciare a esprimere il premier destinato a traghettare l’Italia fino alle elezioni del prossimo anno. Non solo: tenere la Lega fuori dalla maggioranza di governo è sempre stato l’obiettivo di Letta e degli altri capicorrente dem, e non è certo un caso che proprio oggi è previsto un Consiglio dei ministri incandescente, con Pd, Leu e Forza Italia che premono per l’obbligo vaccinale o comunque per l’estensione dell’obbligo del super green pass alla maggior parte delle categorie professionali, a partire dai dipendenti della Pubblica amministrazione.Contrari Lega e M5s: a proposito dei pentastellati, è evidente che per il partito guidato (per così dire) da Giuseppe Conte qualunque soluzione del rebus Quirinale che non porti alle elezioni anticipate sarà accolta con trenini di festeggiamento. I grillini, o presunti tali, sono letteralmente terrorizzati dalle urne anticipate, che vedrebbero decimata la loro pattuglia parlamentare: Franceschini premier o chi per lui andrebbe dunque benissimo, come del resto chiunque altro. L’elezione di Mario Draghi alla presidenza della Repubblica si potrebbe celebrare al primo scrutinio, un altro fattore che sta facendo propendere le forze politiche per questa soluzione. Ricordiamo sempre, infatti, che sull’elezione del successore di Sergio Mattarella incombe il dilagare dei contagi di questi giorni, con decine di deputati e senatori in quarantena: se si arrivasse, come è stato ipotizzato, a 100 assenti il 24 gennaio, giorno della prima votazione, sarebbe difficile per chiunque raggiungere i quorum necessari all’elezione, che sono fissati a quota 671 (i due terzi del totale dei grandi elettori, 1.007) nelle prime tre votazioni e a 504 (la maggioranza assoluta) dalla quarta in poi. Difficile per chiunque, ma non per un candidato votato da tutti o quasi (non si sa cosa farà Giorgia Meloni). Ovvero, per chiunque ma non per Mario Draghi.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/piano-ursula-draghi-al-colle-il-premier-al-pd-2656219741.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="il-valzer-dellelezione-inizia-lunedi-24-numeri-ballerini-per-il-fattore-virus" data-post-id="2656219741" data-published-at="1641331375" data-use-pagination="False"> Il valzer dell’elezione inizia lunedì 24. Numeri ballerini per il fattore virus «Ho convocato il Parlamento in seduta comune per l’elezione del presidente della Repubblica il 24 gennaio alle ore 15»: il presidente della Camera, Roberto Fico, apre ufficialmente il valzer del Quirinale con un post su Facebook. «Nelle prossime due settimane», aggiunge Fico, «all’attività ordinaria della Camera si affiancherà quella di preparazione al voto. Siamo al lavoro insieme al collegio dei questori per definire l’organizzazione e le misure per garantire la piena operatività e sicurezza del voto». La lettera per convocare deputati, senatori e delegati regionali è partita ieri, 30 giorni prima della scadenza del mandato di Sergio Mattarella, come prevede la Costituzione. La procedura per la votazione sarà condizionata dal Covid: è previsto il contingentamento degli ingressi nell’aula di Montecitorio di parlamentari e delegati regionali che saranno divisi in gruppi a seconda dell’iniziale del cognome. Il numero totale dei grandi elettori è ancora incerto. Il plenum sarebbe di 1.009: 321 senatori , 630 deputati e 58 delegati regionali, tre per ogni Regione, a eccezione della Valle d’Aosta che ne ha uno, eletti dai rispettivi consigli regionali in modo che sia assicurata la rappresentanza delle minoranze (di norma la terna è composta dal governatore e dal presidente del consiglio regionale, esponenti della maggioranza, e da un consigliere di opposizione). A oggi, i grandi elettori effettivi sono 1.007: i senatori in carica sono infatti 320, in attesa che l’Aula convalidi il subentro del senatore del Pd Fabio Porta a quello del Maie Adriano Cario, dichiarato decaduto. I deputati attualmente in carica sono invece 629, poiché il seggio lasciato dal sindaco di Roma, Roberto Gualtieri, è ancora vacante: domenica 16 gennaio sono in programma le elezioni suppletive, pertanto il nuovo eletto si aggiungerà al plenum appena verrà proclamato. La Costituzione prevede che nelle prime tre votazioni la maggioranza richiesta per l’elezione del presidente della Repubblica sia quella dei due terzi dei componenti dell’assemblea, 671 voti. Dal quarto scrutinio in poi il quorum si abbassa: per essere eletti basterà la maggioranza assoluta pari a 504 voti. La consuetudine prevede che votino prima tutti i senatori, poi i deputati e quindi i delegati regionali. La chiama viene ripetuta due volte. In questa occasione, però, la procedura potrebbe cambiare a causa della necessità, come abbiamo detto, di contingentare gli accessi all’Aula di Montecitorio a causa della pandemia. Sotto il banco del presidente della Camera vengono montate due cabine, i cosiddetti catafalchi, per garantire la segretezza assoluta del voto. L’elettore entra, compila la scheda che gli viene consegnata da un commesso, con tanto di timbro, esce e la deposita nell’urna, la famosa «insalatiera». Terminata la votazione, inizia lo spoglio delle schede, che viene eseguito dal presidente della Camera, che legge il contenuto della scheda in maniera integrale. In questo modo, è possibile in sostanza controllare se i vari gruppi parlamentari hanno votato come previsto. Basta ad esempio che un certo partito dica ai suoi elettori di scrivere «Mario Rossi», un altro «Rossi Mario», un altro solo «Rossi», un altro ancora «presidente Rossi» e via così per avere il quadro di quanti sono stati gli eventuali «ribelli» che non hanno seguito le indicazioni dei leader. Di norma si svolgono due votazioni al giorno, ma anche questa prassi potrebbe cambiare a causa del coronavirus, costringendo a una sola votazione quotidiana.
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