2019-01-01
In Macedonia ha vinto l'accoppiata Ue-Soros e imposto il credo socialista
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Pudelek [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)], from Wikimedia Commons
La questione macedone è stata ad arte mantenuta aperta fin dagli anni Novanta, da parte dell'Europa e degli Stati Uniti di Barak Obama, in modo da controllare la stabilità dei Balcani a proprio piacimento e ora pare essere destinata a chiudersi, momentaneamente, in un modo che quasi certamente sarà solo l'anticipo di un nuovo, ben più grave, problema per la sicurezza del nostro continente. L'area è destinata a diventare sempre più instabile.Tra poche settimane, per l'ennesima volta nella storia, la geografia dei Balcani subirà dei cambiamenti. La Macedonia sta per cambiare nome. Dopo che la Grecia si è opposta fin dallo smembramento della Jugoslavia al fatto che i macedoni potessero scegliere autonomamente il nome del proprio Paese e dopo che per quasi un trentennio i governi di Skopje si sono dovuti accontentare di rappresentare nei consessi internazionali uno Stato denominato ufficialmente Ex Repubblica Jugoslava di Macedonia pare che la disputa stia giungendo al termine. Nel 2016 la quasi totalità delle grandi potenze, insieme all'Alta rappresentante per la Politica Internazionale dell'Unione europea Federica Mogherini, che ha guidato la pressione internazionale e la delegittimazione pubblica dell'allora governo conservatore, si è concentrata sulla destabilizzazione politica della Macedonia favorendo il cambio di maggioranza parlamentare. Grazie a lunghi mesi d'intercettazioni telefoniche coordinate dai servizi segreti tedeschi, operanti attraverso la società telefonica locale detenuta dalla Deutsche Telekom, e pressioni di piazza sostenute principalmente dal fondo Open Society di Soros il governo conservatore guidato all'epoca da Nikola Gruevski dovette rassegnare le dimissioni nonostante dieci anni di vittorie elettorali. Dietro pressioni internazionali, inchieste giudiziarie sulla base delle intercettazioni straniere e giochi di potere interni coordinati dalla minoranza albanese desiderosa di trasformare la Macedonia in federazione Gruevski lasciò il suo posto al leader del partito socialista Zoran Zaev, pupillo delle potenze straniere e da queste incaricato di concludere l'accordo capestro con la Grecia in modo da chiudere la disputa sul nome in cambio della promessa della futura ammissione di Skopje alla Nato e all'Unione europea. Liberandosi di Gruevski gran parte delle capitali del Vecchio continente contavano sul fatto di disfarsi di un primo ministro dai modi autocratici ma deciso a difendere il concetto di sovranità e al tempo stesso di regalare alla Grecia una contropartita politica per le sofferenze fattele patire durante la crisi finanziaria. Non a caso è stata proprio la Germania, le cui banche hanno guadagnato più di tutte le altre dal salvataggio del sistema greco, a coordinare il cambio di regime in Macedonia e a non condizionare mai in passato gli aiuti finanziari ad Atene con un previo riconoscimento del confinante settentrionale.La questione macedone è stata ad arte mantenuta aperta fin dagli anni Novanta, da parte dell'Europa e degli Stati Uniti di Barack Obama, in modo da controllare la stabilità dei Balcani a proprio piacimento e ora pare essere destinata a chiudersi, momentaneamente, in un modo che quasi certamente sarà solo l'anticipo di un nuovo, ben più grave, problema per la sicurezza del nostro continente. In contrasto con la stessa Costituzione, che destina tale facoltà solamente al Presidente della Repubblica, Zaev ha concluso un accordo con il governo del premier socialista greco Aleksis Cipras in base al quale la Repubblica ellenica garantisce alla controparte il riconoscimento internazionale qualora si rinomini in Macedonia Settentrionale, cambi più della metà della sua carta fondamentale e garantisca ad Atene la possibilità di influire sull'interpretazione della Storia attraverso apposite commissioni bilaterali. L'accordo ora sottoposto all'approvazione del Parlamento macedone è un precedente d'imposizione esterna del concetto di sovranità limitata che avrà ripercussioni pericolosissime nelle relazioni internazionali ma della cui portata al momento non pare importare a nessuno. Nel Parlamento, il governo di Skopje, può contare sulla maggioranza dei due terzi dei membri prescritta dalla Legge. Essa è stata ottenuta nei mesi passati grazie all'opera di convincimento portata innanzi dall'ex capo dei servizi segreti Sašo Mijalkov, ex fedele del partito conservatore, nei confronti dei deputati facilmente ricattabili e preventivamente sottoposti a processi penali convenientemente iniziati al cambio di maggioranza politica del Paese. Agendo in tal modo Mijalkov, che detiene anche la cittadinanza ceca, si è comprato l'immunità e ha garantito a suo genero Nikola Gruevski la fuga in esilio a Budapest, avvenuta il 13 novembre scorso nonostante la rigida sorveglianza a cui da mesi era sottoposto da parte della polizia. Il nuovo leader del partito conservatore VMRO, Hristijan Mickoski, si trova pertanto alla guida di un partito ripulito, ma al momento impossibilitato dai numeri a fermare la capitolazione del proprio Paese, un Paese esternamente manipolato in modo da rimanere opportunamente dilaniato dalle lotte di potere interne, dalla corruzione e dall'uso politico della magistratura. Secondo le dichiarazioni di Antonio Milošoski, astro nascente del partito VMRO e all'epoca dello scandalo delle intercettazioni presidente della Commissione per il controllo dei Servizi Segreti, la nostra ambasciata avrebbe avuto un ruolo di primo piano durante il governo Renzi nella destabilizzazione della Macedonia.Ora i rapporti diplomatici sono rientrati nella normalità ed il nuovo rappresentante della Farnesina gode della stima di tutte le opzioni politiche macedoni, tuttavia per Milošoski il danno più grave sarebbe stato causato dall'atteggiamento della Mogherini che incapace d'ottenere successi internazionali degni di nota si sarebbe accanita sulla Macedonia pur di fregiarsi di un risultato prima della fine del suo mandato. Una volta approvata a Skopje la riforma della Costituzione toccherà ad Atene ratificare il tutto aprendo così ai membri della Nato la possibilità d'allargare l'alleanza. L'entrata della Macedonia Settentrionale potrebbe avvenire, su pressioni d'una Washington desiderosa di cementare il bastione balcanico in chiave anti russa, entro due anni. Tuttavia i futuri macedoni settentrionali sanno bene che la Nato non garantirà loro alcun automatismo in direzione dell'Unione europea. Per Bruxelles la strada sarà ancora lunga e irta di opposizioni per un Paese storicamente conteso da Grecia, Bulgaria e Turchia le cui capitali non hanno alcuna intenzione di rendergli la vita facile. media2.giphy.com