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2018-11-23
L’Italia è maglia nera nella lettura. Ma gli audiolibri spiccano il volo
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www.laverita.info
L'audiolibro, il suo potere evocativo simile solo a quello della radio, è un'invenzione piuttosto datata, frutto degli anni Ottanta. Del boom economico, di un processo creativo che, però, non ha saputo compiersi a dovere. La mancanza di tecnologie, allora, ha fatto degli audiolibri piccoli oggetti di nicchia, indirizzati a un pubblico, colto e limitato. È stato Internet, anni più tardi, la diffusione domestica e verticale delle avanguardie tecnologiche a trasformare quei libri formato audio in un fenomeno di massa, redditizio e popolare.
Le app, Amazon Audible e Storytel, gli abbonamenti mensili formato Netflix, la formula cosiddetta dell'all you can listen (tutto quello che puoi ascoltare, ndr), accessibile ad appena 9,99 euro al mese. E poi la Emons, casa editrice il cui lavoro consiste nell'individuare scritti appetibili, comprarne i diritti e, attraverso un'apposita selezione della voce adeguata a leggerli, trasformarli in audiolibri. Negli anni di Internet, della rete e dei social network, le società di audiolibri si sono moltiplicate al punto da colmare (o quasi) la mancanza di letteratura.
L'Istat ha diffuso dati allarmanti. Nel corso dell'ultimo anno, solo il 40,5% della popolazione italiana si è degnato di prendere un libro tra le mani e leggerlo. Il restante 59,5% non ha sfogliato nulla, nemmeno un volume di ricette. Eppure, quando dalla lettura tradizionale si passa all'ascolto di audiolibri, i dati cambiano. L'Italia, tra tutti i Paesi, è uno di quelli più dediti all'ascolto. Si stima che, ogni anno, ciascun abbonato Audible, Storytel o chissà che altro ascolti, in media, 18,1 audiolibri. Un'enormità che, spiega Sergio Polimente, direttore editoriale della Emons, dovrebbe rincuorare.
«L'audiolibro serve per leggere di più, non per sostituirsi al libro. Il problema, con la lettura tradizionale, è il tempo che abbiamo a disposizione durante la giornata per poterci sedere a leggere. Un problema che l'ascolto può ovviare. Se si sta facendo un lavoro manuale che non abbia bisogno di grande concentrazione intellettuale, se si sta facendo dello sport o dei servizi domestici, è possibile infilarsi le cuffiette in testa e ascoltare il libro preferito». La scelta è sterminata. In formato audiolibro, in file mp3 o in cd fisico, si trovano i grandi classici e i libri d'ultima uscita. Si trova Alessandro Manzoni, con i suoi Promessi Sposi, e J.K. Rowling, con la saga di Harry Potter. Si trova la tetralogia de L'Amica Geniale e le pubblicazioni di Gianrico Carofiglio. Tutte, o quasi, lette dalla voce di un grande attore.
«Quello che ci dicono le ricerche di mercato è che il genere che funziona di più è il noir», spiega ancora Polimene, «In realtà, però, quel che funziona sopra tutto è l'abbinamento grande voce-grande libro». Vittorio Sermonti, compianto scrittore, ha letto la Divina Commedia e Le Metamorfosi di Ovidio. Claudio Bisio la produzione letteraria di Daniel Pennac. Paolo Poli ha letto il Pellegrino Artusi, Roberto Saviano Se questo è un uomo di Primo Levi. Tommaso Ragno, ancora, che in televisione vedremo tra i protagonisti della miniserie Baby, su Netflix dal 30 novembre, ha letto Il nome della rosa e il Pendolo di Foucault. Poi, da Umberto Eco è passato a Charles Dickens, prestando la propria voce a Oliver Twist. E raccontando che, per leggere ad alta voce, bisogna impiegare soprattutto la schiena.
L'Italia li ama: in un anno vengono ascoltati in media 18 libri a persona
Due cuffiette, la testa penzoloni, nelle orecchie i bassi, altissimi, di una qualche musica orrenda. Quando la metropolitana schiude le proprie porte, lo scenario che si offre alla vista sembra sottratto alle pagine di Ray Bradbury, a Fahrenheit 451. I giovani, gli anziani, i lavoratori, gli studenti se ne stanno accatastati l'uno sull'altro, con lo sguardo perso e, tra le mani, luccicante, il proprio smartphone. Gli occhi sono puntati chissà dove, a inseguire una fantasia privata. Nella testa, suona l'eco di quella che, non necessariamente, è una canzone pop. Capita, infatti, che, tra i pendolari con le cuffiette alcuni scelgano di sostituire alla musica un audiolibro. Il racconto di un classico, la cronaca angosciante di un noir, un saggio.
Le indagini di mercato hanno rivelato che l'Italia è tra i Paesi che più ama gli audiolibri, nati con il boom degli anni Ottanta e arrivati alla massificazione grazie al progresso tecnologico. La media nostrana di titoli ascoltati in un anno si aggira attorno ai 18,1, un punto (o quasi) al di sopra della media mondiale. Il che significa che, nonostante l'allarme Istat, secondo cui solo il 40,3% della popolazione avrebbe letto un libro cartaceo (sia pure di ricette) nel corso dell'ultimo anno, un filo rosso che ancora unisce l'Italia al piacere della lettura esiste. E il merito di averlo scovato, probabilmente, va accordato a piattaforme online e case editrici digitali.
Audible, nata nel 1995 perché uno scrittore famelico potesse ingurgitare della buona letteratura durante le proprie sedute di jogging, è passata nel 2008 sotto l'egida di Amazon. E, negli anni, ha accumulato circa 13.000 titoli. Oggi, tra romanzi, podcast e poesie, ne offre 5.000 in lingua italiana, accessibili, tutti, alla cifra di 9,99 euro al mese. Si paga, e, come su Netflix, si ascolta quel che si vuole, quando si vuole, dove si vuole.
La formula, cosiddetta dell'all you can listen, ha come unica condizione l'accesso a una rete Internet, che permetta lo streaming audio dei libri preferiti. Su Amazon Audible se ne contano svariati. C'è l'intera saga di Harry Potter di J. K. Rowling letta da Francesco Pannofino, Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa letto da Toni Servillo, Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald letto da Claudio Santamaria.
E poi ci sono una serie di grandi classici e capolavori editi, quasi tutti, dalla Emons. A differenza di Audible, Emons è una casa editrice tradizionale il cui lavoro consiste nell'individuare il romanzo da trasformare in audiolibro, comprarne i diritti e affidarne la lettura a un lettore professionista. Un attore, di solito.
«Un capolavoro, se letto male, perde tanto. La voce, quindi, è importante quanto il contenuto», spiega Sergio Polimene, direttore editoriale della Emons. «Solitamente siamo noi, attraverso una disamina del tipo di voce che reputiamo necessaria per la lettura del testo, a individuare l'attore giusto. Capita, però, che siano gli attori a proporsi. Qualcuno, ha un libro del cuore. Qualche altro, desidera impersonare un dato capolavoro. Allora, ci chiamano: “Scusate se mi permetto, ma se voleste inserire quello o quell'altro romanzo nel vostro piano editoriale, io sarei ben contento di partecipare". I classici più contesi sono stati Il nome della rosa di Umberto Eco, letto infine da Tommaso Ragno, e Pastorale americana di Philip Roth, per cui abbiamo scelto Massimo Popolizio».
Spesso un attore ha un richiamo spesso maggiore di quello che si può accordare a un libro. «Ci sono testi, come Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Emilio Gadda, letto da Fabrizio Gifuni, che scoraggiano il lettore per via di una complicanza, insieme, linguistica e testuale». Talvolta, però, capita che l'attore scelto sappia vincere la riluttanza dell'acquirente, convincendolo a comprare l'audiolibro, venduto da Emons, in libreria e online, sotto forma di cd o Mp3. «A dicembre lanceremo la nostra app, che, a differenza di Audible, non sarà in abbonamento. Si potranno comprare e scaricare, direttamente su smartphone o tablet, i nostri prodotti, che continueranno a essere venduti anche in libreria. L'ambizione è quella di raggiungere un pubblico quanto più ampio possibile, un pubblico che comprenda anche le persone non avvezze alla tecnologia». E i giovani, sui quali Emons, insieme con Audible e Storytel, app scandinava arrivata in Italia nel luglio 2018, con 1.800 titoli in italiano e abbonamenti mensili a 9,99 euro, possono avere una funzione quasi salvifica.
«L'abitudine dei ragazzi a tenere le cuffiette rende più semplice veicolare un romanzo, un saggio o qualcos'altro. Molti insegnanti ci hanno ringraziato, perché, specie nei bambini, l'ascolto serve come invito alla lettura», spiega ancora Polimene, annunciando che, sulla scia del fenomeno americano, la Emons comincerà a produrre anche audioserie originali, «lette da grandi attori e scritti da grandi autori». «Un paio di queste sarebbero già adattabili a una serie televisiva. Noi ci speriamo, ma audio first», chiude il direttore editoriale prossimo a lanciare Le Metamorfosi di Ovidio, lette dal compianto Vittorio Sermonti, e La famiglia Karnowski di Israel Joshua Singer, con la voce di Paolo Pierobon. Perché, nonostante il noir sia il genere più amato, i classici, ancora, si difendono bene.
«La tradizione orale risale a Omero»
Tommaso Ragno è tra gli esempi più fulgidi del binomio attore-audiolibro . Il primo romanzo, Il Ritratto di Dorian Gray, si è trovato a leggero nel 2006 all'interno di Ad alta voce, su Rai Radio3, dove ha potuto coronare il suo sogno. «Da adolescente, sono cresciuto in un mondo dove le possibilità di distrazione erano irrisorie». Internet non c'era, la televisione un plus. «Allora, amavo sentire alla radio che suono prendessero le parole, le frasi di un autore. Alcuni, li chiamo “incantatori" e li immagino così, intenti a soggiogare ignari lettori con la musica, flautata, dei sapera indiani. Negli anni, mi hanno incantato romanzieri e poeti. Lavorare con la voce è una fortuna che, da ragazzino, non mi ero spinto a considerare».
Ragno, prete ambiguo e perverso nel Miracolo di Niccolò Ammaniti, ha imparato a muoversi con disinvoltura tra i diritti del lettore, così come li ha enumerati Daniel Pennac in Come un romanzo, e la filmografia di Ingmar Bergman. Ha fatto cinema, tv, teatro. E ha interpretato 13 libri. L'ultimo, per la Emons, è Oliver Twist.
Come si prepara?
«Mi affido allo stesso criterio di cui parla Vladimir Nabokov nelle Lezioni di letteratura. Questi sostiene che, sebbene si legga con la mente, la sede del piacere artistico stia tra le scapole. Non serve a nulla leggere se non si fa con la schiena, se non si riesce a provare, o indurre, quel brivido, quel fremito fisico che sembra percorrere per intero la spina dorsale. Quando leggo, cerco di restituire un piacere del tipo descritto da Nabokov, e spesso, nel farlo, mi domando se ascoltare equivalga a leggere».
Cosa si risponde?
«Credo dovrebbe essere così. Leggere, a suo modo, è una forma di ascolto. E spesso, nella lettura ad alta voce, si scoprono cose che a una lettura individuale erano sfuggite».
L'Istat ha dipinto il quadro di un'Italia che legge sempre meno. Gli audiolibri hanno una funzione didattica?
«Non saprei. Ma la tradizionale orale, storicamente, è venuta prima di quella scritta. È stata la parola scritta, in qualche modo, a uccidere la parola detta. Con gli audiolibri si lavora su una cosa che è primaria, il leggere ad alta voce. La lettura per sé è frutto di un'acquisizione avvenuta secoli dopo Omero e i cantastorie greci».
Quando legge ad alta voce, lo fa per sé o per gli altri?
«Per entrambi. Leggo per me stesso e, al contempo, immagino di leggere nell'orecchio a un soggetto immaginario. È un'esperienza intima, la lettura, capace di metterti in rapporto con la tua solitudine di essere umano».
Che preparazione serve?
«Dipende dal libro, tendenzialmente cerco di fare una prima lettura. Leggere è anche rileggere. Ci sono parti di immediata percezione e parti più complicate. Cerco di non soffermarmici. Voglio che come prima cosa non sia sospeso il piacere della lettura, sia quando leggo per me, sia quando leggo ad alta voce».
Libri ostici?
«Alcuni mi hanno fatto penare. Il pendolo di Foucault è stato tra questi. Mi è parso che qualcosa sfuggisse alla mia comprensione. Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini ha dei momenti meravigliosi, altri più difficili, da non dire, quasi».
Qual è stato il libro che più l'ha segnata?
«Ogni fase della vita ne ha uno. Ricordo, avevo 30 anni, di aver letto Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust e di averlo trovato fondamentale. Senza Proust, i film di Andrej Tarkovskij, quelli di Theo Angelopoulos, la mia vita non sarebbe la stessa».
Leggere, però, a volte è estremamente complicato.
«La lettura non è sempre un piacere. A volte, è una rottura. Quando, nel 2016, ho letto per Emons Il nome della rosa, ho creduto di non poter sopravvivere alle descrizioni di Umberto Eco. Ho dovuto trovare l'azione dentro la porta di una biblioteca, nel potere temporale della Chiesa».
Cosa sta leggendo oggi?
«Tieni ferma la tua corona di Yannick Haenel».
Quanti libri legge in un mese?
«Non saprei. Dipende dagli impegni. Uso tablet, Kindle. Mi porto appresso libri che magari non riesco nemmeno a leggere solo per il piacere feticistico di averli appresso. E, quando in metropolitana vedo un passeggero con un libro in mano, capace di trovare tra tanti la propria solitudine, mi lascio colpire. In questi tempi in cui niente dura, trovare qualcuno capace di concentrarsi più di due secondi è sempre più raro».
Di quale romanzo vorrebbe fare un audiolibro?
«Il teatro di Sabbath di Philip Roth».
Continua a leggereRiduci
Abbiamo il primato mondiale nel settore, esploso negli anni Ottanta e ora rilanciato dalle app. Disponibili sia abbonamenti, sia singoli file da scaricare. Anche Francesco Pannofino e Toni Servillo hanno prestato le loro voci.Le indagini di mercato hanno rivelato che l'Italia è tra i Paesi che più ama gli audiolibri. La media di titoli ascoltati in un anno si aggira attorno ai 18.«La tradizione orale risale a Omero». L'attore Tommaso Ragno: «Registrare alcune opere è una rottura. Esempi? "Il nome della rosa"».Lo speciale comprende tre articoli. L'audiolibro, il suo potere evocativo simile solo a quello della radio, è un'invenzione piuttosto datata, frutto degli anni Ottanta. Del boom economico, di un processo creativo che, però, non ha saputo compiersi a dovere. La mancanza di tecnologie, allora, ha fatto degli audiolibri piccoli oggetti di nicchia, indirizzati a un pubblico, colto e limitato. È stato Internet, anni più tardi, la diffusione domestica e verticale delle avanguardie tecnologiche a trasformare quei libri formato audio in un fenomeno di massa, redditizio e popolare.Le app, Amazon Audible e Storytel, gli abbonamenti mensili formato Netflix, la formula cosiddetta dell'all you can listen (tutto quello che puoi ascoltare, ndr), accessibile ad appena 9,99 euro al mese. E poi la Emons, casa editrice il cui lavoro consiste nell'individuare scritti appetibili, comprarne i diritti e, attraverso un'apposita selezione della voce adeguata a leggerli, trasformarli in audiolibri. Negli anni di Internet, della rete e dei social network, le società di audiolibri si sono moltiplicate al punto da colmare (o quasi) la mancanza di letteratura.L'Istat ha diffuso dati allarmanti. Nel corso dell'ultimo anno, solo il 40,5% della popolazione italiana si è degnato di prendere un libro tra le mani e leggerlo. Il restante 59,5% non ha sfogliato nulla, nemmeno un volume di ricette. Eppure, quando dalla lettura tradizionale si passa all'ascolto di audiolibri, i dati cambiano. L'Italia, tra tutti i Paesi, è uno di quelli più dediti all'ascolto. Si stima che, ogni anno, ciascun abbonato Audible, Storytel o chissà che altro ascolti, in media, 18,1 audiolibri. Un'enormità che, spiega Sergio Polimente, direttore editoriale della Emons, dovrebbe rincuorare.«L'audiolibro serve per leggere di più, non per sostituirsi al libro. Il problema, con la lettura tradizionale, è il tempo che abbiamo a disposizione durante la giornata per poterci sedere a leggere. Un problema che l'ascolto può ovviare. Se si sta facendo un lavoro manuale che non abbia bisogno di grande concentrazione intellettuale, se si sta facendo dello sport o dei servizi domestici, è possibile infilarsi le cuffiette in testa e ascoltare il libro preferito». La scelta è sterminata. In formato audiolibro, in file mp3 o in cd fisico, si trovano i grandi classici e i libri d'ultima uscita. Si trova Alessandro Manzoni, con i suoi Promessi Sposi, e J.K. Rowling, con la saga di Harry Potter. Si trova la tetralogia de L'Amica Geniale e le pubblicazioni di Gianrico Carofiglio. Tutte, o quasi, lette dalla voce di un grande attore.«Quello che ci dicono le ricerche di mercato è che il genere che funziona di più è il noir», spiega ancora Polimene, «In realtà, però, quel che funziona sopra tutto è l'abbinamento grande voce-grande libro». Vittorio Sermonti, compianto scrittore, ha letto la Divina Commedia e Le Metamorfosi di Ovidio. Claudio Bisio la produzione letteraria di Daniel Pennac. Paolo Poli ha letto il Pellegrino Artusi, Roberto Saviano Se questo è un uomo di Primo Levi. Tommaso Ragno, ancora, che in televisione vedremo tra i protagonisti della miniserie Baby, su Netflix dal 30 novembre, ha letto Il nome della rosa e il Pendolo di Foucault. Poi, da Umberto Eco è passato a Charles Dickens, prestando la propria voce a Oliver Twist. E raccontando che, per leggere ad alta voce, bisogna impiegare soprattutto la schiena.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem2" data-id="2" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pezzo-casiraghi-2619050555.html?rebelltitem=2#rebelltitem2" data-basename="l-italia-li-ama-in-un-anno-vengono-ascoltati-in-media-18-libri-a-persona" data-post-id="2619050555" data-published-at="1765450543" data-use-pagination="False"> L'Italia li ama: in un anno vengono ascoltati in media 18 libri a persona Due cuffiette, la testa penzoloni, nelle orecchie i bassi, altissimi, di una qualche musica orrenda. Quando la metropolitana schiude le proprie porte, lo scenario che si offre alla vista sembra sottratto alle pagine di Ray Bradbury, a Fahrenheit 451. I giovani, gli anziani, i lavoratori, gli studenti se ne stanno accatastati l'uno sull'altro, con lo sguardo perso e, tra le mani, luccicante, il proprio smartphone. Gli occhi sono puntati chissà dove, a inseguire una fantasia privata. Nella testa, suona l'eco di quella che, non necessariamente, è una canzone pop. Capita, infatti, che, tra i pendolari con le cuffiette alcuni scelgano di sostituire alla musica un audiolibro. Il racconto di un classico, la cronaca angosciante di un noir, un saggio. Le indagini di mercato hanno rivelato che l'Italia è tra i Paesi che più ama gli audiolibri, nati con il boom degli anni Ottanta e arrivati alla massificazione grazie al progresso tecnologico. La media nostrana di titoli ascoltati in un anno si aggira attorno ai 18,1, un punto (o quasi) al di sopra della media mondiale. Il che significa che, nonostante l'allarme Istat, secondo cui solo il 40,3% della popolazione avrebbe letto un libro cartaceo (sia pure di ricette) nel corso dell'ultimo anno, un filo rosso che ancora unisce l'Italia al piacere della lettura esiste. E il merito di averlo scovato, probabilmente, va accordato a piattaforme online e case editrici digitali. Audible, nata nel 1995 perché uno scrittore famelico potesse ingurgitare della buona letteratura durante le proprie sedute di jogging, è passata nel 2008 sotto l'egida di Amazon. E, negli anni, ha accumulato circa 13.000 titoli. Oggi, tra romanzi, podcast e poesie, ne offre 5.000 in lingua italiana, accessibili, tutti, alla cifra di 9,99 euro al mese. Si paga, e, come su Netflix, si ascolta quel che si vuole, quando si vuole, dove si vuole. La formula, cosiddetta dell'all you can listen, ha come unica condizione l'accesso a una rete Internet, che permetta lo streaming audio dei libri preferiti. Su Amazon Audible se ne contano svariati. C'è l'intera saga di Harry Potter di J. K. Rowling letta da Francesco Pannofino, Il Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa letto da Toni Servillo, Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald letto da Claudio Santamaria. E poi ci sono una serie di grandi classici e capolavori editi, quasi tutti, dalla Emons. A differenza di Audible, Emons è una casa editrice tradizionale il cui lavoro consiste nell'individuare il romanzo da trasformare in audiolibro, comprarne i diritti e affidarne la lettura a un lettore professionista. Un attore, di solito. «Un capolavoro, se letto male, perde tanto. La voce, quindi, è importante quanto il contenuto», spiega Sergio Polimene, direttore editoriale della Emons. «Solitamente siamo noi, attraverso una disamina del tipo di voce che reputiamo necessaria per la lettura del testo, a individuare l'attore giusto. Capita, però, che siano gli attori a proporsi. Qualcuno, ha un libro del cuore. Qualche altro, desidera impersonare un dato capolavoro. Allora, ci chiamano: “Scusate se mi permetto, ma se voleste inserire quello o quell'altro romanzo nel vostro piano editoriale, io sarei ben contento di partecipare". I classici più contesi sono stati Il nome della rosa di Umberto Eco, letto infine da Tommaso Ragno, e Pastorale americana di Philip Roth, per cui abbiamo scelto Massimo Popolizio». Spesso un attore ha un richiamo spesso maggiore di quello che si può accordare a un libro. «Ci sono testi, come Quer pasticciaccio brutto de via Merulana di Emilio Gadda, letto da Fabrizio Gifuni, che scoraggiano il lettore per via di una complicanza, insieme, linguistica e testuale». Talvolta, però, capita che l'attore scelto sappia vincere la riluttanza dell'acquirente, convincendolo a comprare l'audiolibro, venduto da Emons, in libreria e online, sotto forma di cd o Mp3. «A dicembre lanceremo la nostra app, che, a differenza di Audible, non sarà in abbonamento. Si potranno comprare e scaricare, direttamente su smartphone o tablet, i nostri prodotti, che continueranno a essere venduti anche in libreria. L'ambizione è quella di raggiungere un pubblico quanto più ampio possibile, un pubblico che comprenda anche le persone non avvezze alla tecnologia». E i giovani, sui quali Emons, insieme con Audible e Storytel, app scandinava arrivata in Italia nel luglio 2018, con 1.800 titoli in italiano e abbonamenti mensili a 9,99 euro, possono avere una funzione quasi salvifica. «L'abitudine dei ragazzi a tenere le cuffiette rende più semplice veicolare un romanzo, un saggio o qualcos'altro. Molti insegnanti ci hanno ringraziato, perché, specie nei bambini, l'ascolto serve come invito alla lettura», spiega ancora Polimene, annunciando che, sulla scia del fenomeno americano, la Emons comincerà a produrre anche audioserie originali, «lette da grandi attori e scritti da grandi autori». «Un paio di queste sarebbero già adattabili a una serie televisiva. Noi ci speriamo, ma audio first», chiude il direttore editoriale prossimo a lanciare Le Metamorfosi di Ovidio, lette dal compianto Vittorio Sermonti, e La famiglia Karnowski di Israel Joshua Singer, con la voce di Paolo Pierobon. Perché, nonostante il noir sia il genere più amato, i classici, ancora, si difendono bene. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pezzo-casiraghi-2619050555.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="la-tradizione-orale-risale-a-omero" data-post-id="2619050555" data-published-at="1765450543" data-use-pagination="False"> «La tradizione orale risale a Omero» Tommaso Ragno è tra gli esempi più fulgidi del binomio attore-audiolibro . Il primo romanzo, Il Ritratto di Dorian Gray, si è trovato a leggero nel 2006 all'interno di Ad alta voce, su Rai Radio3, dove ha potuto coronare il suo sogno. «Da adolescente, sono cresciuto in un mondo dove le possibilità di distrazione erano irrisorie». Internet non c'era, la televisione un plus. «Allora, amavo sentire alla radio che suono prendessero le parole, le frasi di un autore. Alcuni, li chiamo “incantatori" e li immagino così, intenti a soggiogare ignari lettori con la musica, flautata, dei sapera indiani. Negli anni, mi hanno incantato romanzieri e poeti. Lavorare con la voce è una fortuna che, da ragazzino, non mi ero spinto a considerare». Ragno, prete ambiguo e perverso nel Miracolo di Niccolò Ammaniti, ha imparato a muoversi con disinvoltura tra i diritti del lettore, così come li ha enumerati Daniel Pennac in Come un romanzo, e la filmografia di Ingmar Bergman. Ha fatto cinema, tv, teatro. E ha interpretato 13 libri. L'ultimo, per la Emons, è Oliver Twist. Come si prepara? «Mi affido allo stesso criterio di cui parla Vladimir Nabokov nelle Lezioni di letteratura. Questi sostiene che, sebbene si legga con la mente, la sede del piacere artistico stia tra le scapole. Non serve a nulla leggere se non si fa con la schiena, se non si riesce a provare, o indurre, quel brivido, quel fremito fisico che sembra percorrere per intero la spina dorsale. Quando leggo, cerco di restituire un piacere del tipo descritto da Nabokov, e spesso, nel farlo, mi domando se ascoltare equivalga a leggere». Cosa si risponde? «Credo dovrebbe essere così. Leggere, a suo modo, è una forma di ascolto. E spesso, nella lettura ad alta voce, si scoprono cose che a una lettura individuale erano sfuggite». L'Istat ha dipinto il quadro di un'Italia che legge sempre meno. Gli audiolibri hanno una funzione didattica? «Non saprei. Ma la tradizionale orale, storicamente, è venuta prima di quella scritta. È stata la parola scritta, in qualche modo, a uccidere la parola detta. Con gli audiolibri si lavora su una cosa che è primaria, il leggere ad alta voce. La lettura per sé è frutto di un'acquisizione avvenuta secoli dopo Omero e i cantastorie greci». Quando legge ad alta voce, lo fa per sé o per gli altri? «Per entrambi. Leggo per me stesso e, al contempo, immagino di leggere nell'orecchio a un soggetto immaginario. È un'esperienza intima, la lettura, capace di metterti in rapporto con la tua solitudine di essere umano». Che preparazione serve? «Dipende dal libro, tendenzialmente cerco di fare una prima lettura. Leggere è anche rileggere. Ci sono parti di immediata percezione e parti più complicate. Cerco di non soffermarmici. Voglio che come prima cosa non sia sospeso il piacere della lettura, sia quando leggo per me, sia quando leggo ad alta voce». Libri ostici? «Alcuni mi hanno fatto penare. Il pendolo di Foucault è stato tra questi. Mi è parso che qualcosa sfuggisse alla mia comprensione. Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini ha dei momenti meravigliosi, altri più difficili, da non dire, quasi». Qual è stato il libro che più l'ha segnata? «Ogni fase della vita ne ha uno. Ricordo, avevo 30 anni, di aver letto Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust e di averlo trovato fondamentale. Senza Proust, i film di Andrej Tarkovskij, quelli di Theo Angelopoulos, la mia vita non sarebbe la stessa». Leggere, però, a volte è estremamente complicato. «La lettura non è sempre un piacere. A volte, è una rottura. Quando, nel 2016, ho letto per Emons Il nome della rosa, ho creduto di non poter sopravvivere alle descrizioni di Umberto Eco. Ho dovuto trovare l'azione dentro la porta di una biblioteca, nel potere temporale della Chiesa». Cosa sta leggendo oggi? «Tieni ferma la tua corona di Yannick Haenel». Quanti libri legge in un mese? «Non saprei. Dipende dagli impegni. Uso tablet, Kindle. Mi porto appresso libri che magari non riesco nemmeno a leggere solo per il piacere feticistico di averli appresso. E, quando in metropolitana vedo un passeggero con un libro in mano, capace di trovare tra tanti la propria solitudine, mi lascio colpire. In questi tempi in cui niente dura, trovare qualcuno capace di concentrarsi più di due secondi è sempre più raro». Di quale romanzo vorrebbe fare un audiolibro? «Il teatro di Sabbath di Philip Roth».
Ursula von der Leyen (Ansa)
Per quanto riguarda, invece, la direttiva sulla rendicontazione della sostenibilità aziendale (Csrd), che impone alle aziende di comunicare il proprio impatto ambientale e sociale, l’accordo prevede si applichi solo alle aziende con più di 1.000 dipendenti e un fatturato netto annuo di 450 milioni di euro.
Con le modifiche decise due giorni fa, l’80% delle aziende che sarebbero state soggette alla norma saranno ora liberate dagli obblighi. Festeggia Ursula von der Leyen: «Accolgo con favore l’accordo politico sul pacchetto di semplificazione Omnibus I. Con un risparmio fino a 4,5 miliardi di euro ridurrà i costi amministrativi, taglierà la burocrazia e renderà più semplice il rispetto delle norme di sostenibilità», ha detto il presidente della Commissione.
In un comunicato stampa, la Commissione dice: «Le misure proposte per ridurre l’ambito di applicazione della Csrd genereranno notevoli risparmi sui costi per le aziende. Le modifiche alla Csddd eliminano inutili complessità e, in ultima analisi, riducono gli oneri di conformità, preservando al contempo gli obiettivi della direttiva».
Dunque, ricapitolando, la revisione libera dall’obbligo di conformità l’80% dei soggetti obbligati dalla vecchia norma, il che significa evidentemente che per l’80% dei casi quella norma era inutile, anzi dannosa, visto che comportava costi ingenti per il suo rispetto e nessuna utilità pratica. Se vi fosse stata una qualche utilità la norma sarebbe rimasta anche per questi, è chiaro.
Non solo. Von der Leyen si rallegra di avere fatto risparmiare 4,5 miliardi di euro, come se a scaricare quella montagna di costi sulle aziende fosse stato qualcun altro o il destino cinico e baro, e non la norma che lei stessa e la sua maggioranza hanno voluto. La Commissione si rallegra di aver semplificato cose che essa stessa ha complicato, di avere tolto burocrazia dopo averla messa.
In questa commedia si potrebbe sospettare una regia di Eugène Ionesco, se fosse ancora vivo. La verità è che già la scorsa primavera, Germania e Francia avevano chiesto l’abrogazione completa delle norme. Nelle dichiarazioni a seguito dell’accordo tra Consiglio Ue e Parlamento, con la benedizione della Commissione, non è da meno il sagace ministro danese dell’Industria, Morten Bodskov (la Danimarca ha la presidenza di turno del Consiglio Ue): «Non stiamo rimuovendo gli obiettivi green, stiamo rendendo più semplice raggiungerli. Pensavamo che legislazione verde più complessa avrebbe creato più posti di lavoro green, ma non è così: anzi, ha generato lavoro per la contabilità». C’è da chiedersi se da quelle parti siano davvero sorpresi dell’effetto negativo generato dall’imposizione di inutile burocrazia sulle aziende. Sul serio a Bruxelles qualcuno pensa che complicare la vita alle imprese generi posti di lavoro? Sono dichiarazioni ben più che preoccupanti.
Fine di un incubo per migliaia di aziende europee, dunque, ma i problemi restano, essendo la norma di difficile applicazione pratica anche per le multinazionali. Sulla revisione delle due direttive hanno giocato certamente un ruolo le pressioni degli Stati Uniti, dopo che Donald Trump a più riprese ha sottolineato come vi siano barriere non di prezzo all’ingresso nel mercato europeo che devono essere eliminate. Due di queste barriere sono proprio le direttive Csrd e Csddd, che restano in vigore per le grandi aziende. Non a caso, il portavoce dell’azienda americana del petrolio Exxon Mobil ha fatto notare che si tratta di norme extraterritoriali, definendole «inaccettabili», mentre l’ambasciatore americano presso l’Ue, Andrew Puzder ha detto che le norme rendono difficile la fornitura all’Europa dell’energia di cui ha bisogno.
La sensazione è che si vada verso un regime di esenzioni ad hoc, si vedrà. Ma i lamenti arrivano anche dalla parte opposta. La finanza green brontola perché teme un aumento dei rischi, senza i piani climatici delle aziende, che però nessuno sinora ha mai visto. Misteri degli algoritmi Esg.
Ora le modifiche, che fanno parte del pacchetto Omnibus I presentato lo scorso febbraio dalla Commissione, dovranno essere approvate dal Consiglio Ue, dove votano i ministri e dove non dovrebbe incontrare ostacoli, e dal Parlamento europeo, dove invece è possibile qualche sorpresa nel voto. La posizione del Parlamento che ha portato all’accordo di martedì è frutto di una intesa tra i popolari del Ppe e la destra dei Patrioti e di Ecr. Il gruppo dei Patrioti esulta, sottolineando come l’accordo sia frutto di una nuova maggioranza di centrodestra che rende superata la maggioranza attuale tra Ppe, Renew e Socialisti.
Il risvolto politico della vicenda è che si è rotto definitivamente il «cordone sanitario» steso a Bruxelles attorno al gruppo che comprende il Rassemblement national francese di Marine Le Pen, il partito ungherese Fidesz e la Lega di Matteo Salvini.
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Giancarlo Giorgetti (Ansa)
La Bce, pur riconoscendo «alcune novità (nel testo riformulato) che vanno incontro alle osservazioni precedenti», in particolare «il rispetto degli articoli del trattato sulla gestione delle riserve auree dei Paesi», continua ad avere «dubbi sulla finalità della norma». Con la lettera, Giorgetti rassicura che l’emendamento non mira a spianare la strada al trasferimento dell’oro o di altre riserve in valuta fuori del bilancio di Bankitalia e non contiene nessun escamotage per aggirare il divieto per le banche centrali di finanziare il settore pubblico.
Il ministro potrebbe inoltre fornire un ulteriore chiarimento direttamente alla presidente Lagarde, oggi, quando i due si incontreranno per i lavori dell’Eurogruppo. Se la Bce si riterrà soddisfatta delle precisazioni, il ministero dell’Economia darà indicazioni per riformulare l’emendamento.
Una nota informativa di Fdi, smonta i pregiudizi ideologici e le perplessità che sono dietro alla nota della Bce. «L’emendamento proposto da Fratelli d’Italia è volto a specificare un concetto che dovrebbe essere condiviso da tutti: ovvero che le riserve auree sono di proprietà dei popoli che le hanno accumulate negli anni, e quindi», si legge, «si tratta di una previsione che tutti danno per scontata. Eppure non è mai stata codificata nell’ordinamento italiano, a differenza di quanto è avvenuto in altri Stati, anche membri dell’Ue. Affermare che la proprietà delle riserve auree appartenga al popolo non confligge, infatti, in alcun modo con i trattati e i regolamenti europei». Quindi ribadire un principio scontato, e cioè che le riserve auree sono di proprietà del popolo italiano, non mette in discussione l’indipendenza della Banca d’Italia, né viola i trattati europei. «Già nel 2019 la Bce, allora guidata da Mario Draghi, aveva chiarito che la questione della proprietà legale e delle competenze del Sistema europeo delle banche centrali (Sebc), con riferimento alle riserve auree degli Stati membri, è definita in ultima istanza dal Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue)». La nota ricorda che «il parere della Bce del 2019, analogamente a quello redatto lo scorso 2 dicembre, evidenziava che il Trattato non determina le competenze del Sebc e della Bce rispetto alle riserve ufficiali, usando il concetto di proprietà. Piuttosto, il Trattato interviene solo sulla dimensione della detenzione e gestione esclusiva delle riserve. Pertanto, dire che la proprietà delle riserve auree sia del popolo italiano non lede in alcun modo la prerogativa della Banca d’Italia di detenere e gestire le riserve».
Altro punto: Fdi spiega che «nel Tfue (Trattato sul funzionamento dell’Ue) si parla di “riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri”, quindi si prevede implicitamente che la proprietà delle riserve sia in capo agli Stati. L’emendamento di Fdi vuole esplicitare nell’ordinamento italiano questa previsione». C’è chi sostiene che affermare che la proprietà delle riserve auree di Bankitalia è del popolo italiano non serva a nulla. Ma Fdi dice che «l’Italia non può correre il rischio che soggetti privati rivendichino diritti sulle riserve auree degli italiani. Per questo c’è bisogno di una norma che faccia chiarezza sulla proprietà».
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Con Giuseppe Trizzino fondatore e Amministratore Unico di Praesidium International, società italiana di riferimento nella sicurezza marittima e nella gestione dei rischi in aree ad alta criticità e Stefano Rákos Manager del dipartimento di intelligence di Praesidium International e del progetto M.A.R.E.™.
Christine Lagarde (Ansa)
Come accade, ad esempio, in quel carrozzone chiamato Unione europea dove tutti, a partire dalla lìder maxima, Ursula von der Leyen, non dimenticano mai di inserire nella lista delle priorità l’aumento del proprio stipendio. Ne ha parlato la Bild, il giornale più letto e venduto d’Europa, raccontando come la presidente della Commissione europea abbia aumentato il suo stipendio, e quello degli euroburocrati, due volte l’anno. E chiunque non sia allergico alla meritocrazia così come alle regole non scritte dell’accountability (l’onere morale di rispondere del proprio operato) non potrà non scandalizzarsi pensando che donna Ursula, dopo aver trasformato l’Ue in un nano economico, ammazzando l’industria europea con il folle progetto del Green deal, percepisca per questo capolavoro gestionale ben 35.800 euro al mese, contro i 6.700 netti che, ad esempio, guadagna il presidente del Consiglio italiano, Giorgia Meloni.
Allo stesso modo funzionano le altre istituzioni dell’Unione europea. L’Ue impiega circa 60.000 persone all’interno delle sue varie istituzioni e organi, distribuiti tra Bruxelles, Lussemburgo e Strasburgo (la Commissione europea, il Parlamento europeo, il Consiglio europeo, la Corte di giustizia dell’Unione europea e il Comitato economico e sociale). La funzione pubblica europea ha tre categorie di agenti: gli amministratori, gli assistenti e gli assistenti segretari. L’Ue contrattualizza inoltre molti agenti contrattuali. Secondo i dati della Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea del 2019, questi funzionari comunitari guadagnano tra 4.883 euro e 18.994 euro mensili (gradi da 5 a 16 del livello 1).
Il «vizietto» di alzarsi lo stipendio ha fatto scuola anche presso la Banca centrale europea (Bce), che ha sede a Francoforte, in Germania, ed è presieduta dalla francese, Christine Lagarde. Secondo quanto riassunto nel bilancio della Bce, lo stipendio base annuale della presidente è aumentato del 4,7 per cento, arrivando a 466.092 euro rispetto ai 444.984 euro percepiti nel 2023 (cui si aggiungono specifiche indennità e detrazioni fiscali comunitarie, diverse da quelle nazionali), ergo 38.841 euro al mese. Il vicepresidente Luis de Guindos, spagnolo, percepisce circa 400.000 euro (valore stimato in base ai rapporti precedenti, di solito corrispondente all’85-90% dello stipendio della presidente). Gli altri membri del comitato esecutivo guadagnano invece circa 330.000-340.000 euro ciascuno. Ai membri spettano anche le indennità di residenza (15% dello stipendio base), di rappresentanza e per figli a carico, che aumentano il netto effettivo. Il costo totale annuale del personale della Bce è di 844 milioni di euro, valore che include stipendi, indennità, contributi previdenziali e costi per le pensioni di tutti i dipendenti della banca. Il dato incredibile è che questa voce è aumentata di quasi 200 milioni in due anni: nel 2023, infatti, il costo totale annuale del personale era di 676 milioni di euro. Secondo una nota ufficiale della Bce, l’incremento del 2024 è dovuto principalmente a modifiche nelle regole dei piani pensionistici e ai benefici post impiego, oltre ai normali adeguamenti salariali legati all’inflazione, cresciuta del 2,4 per cento a dicembre dello scorso anno. La morale è chiara ed è la stessa riassunta ieri dal direttore, Maurizio Belpietro: per la Bce l’inflazione va combattuta in tutti i modi, ma se si tratta dello stipendio dei funzionari Ue, il discorso non vale.
Stessa solfa alla Corte di Giustizia che ha sede a Lussemburgo: gli stipendi variano notevolmente a seconda della posizione (avvocato, cancelliere, giudice, personale amministrativo), ma sono generalmente elevati, con giuristi principianti che possono guadagnare da 2.000 a 5.000 euro al mese e stipendi più alti per i magistrati, anche se cifre precise per i giudici non sono facilmente disponibili pubblicamente. Gli stipendi si basano sulle griglie della funzione pubblica europea e aumentano con l’anzianità, passando da 2.600 euro per il personale esecutivo a oltre 18.000 euro per alcuni alti funzionari.
Il problema, va precisato, non risiede nel fatto che le persone competenti siano pagate bene, com’è giusto che sia, ma che svolgano bene il proprio lavoro e soprattutto che ci sia trasparenza sui salari. Dei risultati delle politiche di Von der Leyen e Lagarde i giudici non sono esattamente entusiastici, ma il conto lo pagano, come al solito, i cittadini europei.
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