2020-03-21
Petronilla, ricette di vita nei tempi difficili
Eclettica, fu la terza donna in Italia a diventare medico. Ma lasciò anche un segno profondo nella storia della cucina in un'economia di assoluta ristrettezza. Perché il cibo fa bene all'umore. E lo vediamo anche in questo periodo, con i social che traboccano di menu.«Ecco alcuni suggerimenti per voi, figlie, mogli, mamme che, da una sorte non certo benigna, foste destinate a vivere in questi tempi di continue mancanze di quanto ci sembrava assolutamente indispensabile, di ansie, di trepidazioni sul destino che ci attende e, purtroppo, anche di dolori». Il riferimento non riguarda questi nostri tempi di coronavirus, ma quelli ben peggiori della guerra che, solo in Italia, fece quasi mezzo milione di morti. Ad offrire il suo aiuto alle donne è Petronilla, popolarissima collaboratrice de' La Domenica del Corriere, che pubblicò nel 1941 Ricette di Petronilla per tempi eccezionali e, nel 1943, 200 suggerimenti per... questi tempi.Petronilla era lo pseudonimo di Amalia Moretti Foggia (1872-1947), mantovana, figlia di un farmacista, due lauree, una in Scienze naturali, conseguita all'università di Padova, e una in Medicina a Bologna. Fu la terza donna in Italia a diventare medico, la prima a specializzarsi in pediatria. Donna eclettica, altruista (curò gratis i bambini delle famiglie povere di Milano dove scelse di vivere dopo la specializzazione e dove sposò il medico Domenico Della Rovere), innamorata del giornalismo divenne professionista e, su invito di Carlo Zanicotti direttore della Domenica del Corriere, iniziò una doppia collaborazione con la rivista: come Petronilla per suggerire alle «care amiche» - così chiamava le sue lettrici, casalinghe e giovani mogli inesperte -, ricette e consigli di cucina; e come Dottor Amal a dettare consigli di medicina e di igiene.Intellettuale progressista, Amalia Moretti Foggia lasciò da parte le teorie che animavano i circoli femministi dell'epoca a Milano accettando di passare per gaia casalinga e per medico uomo (una dottoressa a quei tempi non sarebbe stata ascoltata) pur di tranquillizzare e aiutare con la sua scrittura leggera e briosa le famiglie che in tempi eccezionali si trovavano a dover fare i conti con razionamenti, tessera annonaria e mancanza di generi di prima necessità.Petronilla lasciò un segno profondo nella storia della cucina e del costume del ventennio fascista. Per anni, ogni sette giorni, sulla Domenica usciva la rubrica, Tra i fornelli, con una o più ricette che le buone famiglie borghesi ritagliavano e incollavano sui quaderni. Petronilla insegnò loro l'economia domestica dell'autarchia, a non sprecare niente, a riutilizzare gli avanzi, a ingegnarsi col poco a disposizione. Erano ricette discorsive. La giornalista mantovana dialogava con le sue lettrici.Amalia Moretti Foggia prese in prestito lo pseudonimo dal fumetto Jiggs and Maggie (tradotto in Italia Arcibaldo e Petronilla) del cartoonist americano George McManus. Fu lei a inventare la «cucina senza»: senza burro, senza zucchero, senza caffè. Il suo manifesto è nell'introduzione del libro Ricette di Petronilla per tempi eccezionali: «Chiacchieriamo intorno all'eterno tema che - dopo quello dei mondiali eventi - tiene sossopra, in questi tempi, ogni cuor donnesco: il tema che s'aggira sul modo di sbarcare il lunario mangereccio consumando poco grasso, poco riso, poca pasta, poca farina e poco zucchero». Spesso meno di poco. Niente. Era un'economia di assoluta ristrettezza, in un'Italia povera dove anche le classi piccolo e medio borghesi scivolavano verso la povertà; suggerimenti che in «tempi eccezionali», con molta fantasia e con gli opportuni accorgimenti, funzionavano. «È il trionfo», scrive Massimo Montanari, docente all'università di Bologna, su Convivio oggi, «dell'italico ingegno e della cultura autarchica. È il trionfo del surrogato: maionese senz'olio, gelatina senza carne, dolci senza zucchero, creme senza uovo, cioccolato senza cacao, caffè senza caffè».Manca la pasta per la minestra? Petronilla insegna a farla con le castagne secche. Manca la carne? Lei insegna come fare ugualmente il brodo. Suggerisce come preparare i fagiolini senza fagiolini (utilizzando i gambi degli spinaci), il budino senza cacao, gli spinaci senza spinaci (con le foglie di ravanello), la marmellata senza zucchero e a cucinare il risotto alla milanese senza zafferano. Ecco la ricetta. Cucinate in acqua bollente il riso pulito (un etto per persona). Sbattete ben bene in una scodella con il succo di mezzo limone e un cucchiaio dell'acqua di bollitura un tuorlo («anche due se, fortunatissime, le vostre galline vi facessero uova in abbondanza»), unite al riso, una volta cotto, un cucchiaio di burro e lo sbattuto, mescolate e «recate in tavola il risotto che sarà squisitissimo e giallissimo».E il caffè? Non potendo più avere «il bello e il buono», Petronilla suggerisce di far ricorso ai surrogati ottenuti da semi o radici tostati e macinati. Indica a quali dare la preferenza: ai semi di astragalo il cui caffè per colore, sapore e profumo più s'avvicina a una tazza di vero caffè, ai semi di ceci, d'orzo, di frumento, di soia, di trigonella e alla radice del taràssaco (che « si presta a colorare ognuno degli anemici caffè di questi tempi»). Anche il tè aveva il suo surrogato in quei tempi difficili: il karkadè, bevanda rossa ricavata dai fiori dell'ibisco, conosciuta anche come «tè dell'Abissinia».Anche questo nostro tempo eccezionale di coronavirus ha, mutatis mutandis, le sue Petronille. Virtuali, spesso banali o, addirittura, fasulle. È vero che viviamo tappati in casa, che non abbiamo il problema dei cibi razionati e che, nonostante l'assalto ai supermercati di qualche giorno fa, non rimarremo senza burro e cioccolato, senza uova e zucchero, senza caffè e senza brodo di carne (tanto c'è quello in tetrapack già bell'e pronto), eppure su rete e social traboccano consigli e ricettari che propongono cibi e menu per difendersi dal Covid-19. È una infodemia, un'epidemia di informazioni false o non controllate.Basta sfogliare le pagine in internet. Sul Messaggero online di venerdì l'altro, Pablo Belfiori, medico dietologo citatissimo, consiglia alimenti leggeri come carne e pesci magri, carote, finocchi e, naturalmente, gli agrumi ricchi di vitamina C. Una dieta lapalissiana, equilibrata, che fa sempre bene, ma che, nello specifico, non oppone uno scudo alla malattia. Altri siti puntano sull'aglio: mangiatene tanto, dicono, perché è un antibiotico naturale, battericida e vermicida. È vero, ma, suggerito come «medicina» contro il virus diventa una fake news. Smentita, infatti, dall'Oms, l'Organizzazione mondiale della sanità, che ha confermato il bene che fa l'aglio, sottolineando, però, che non tiene distante il coronavirus. L'unico vantaggio è che l'aglio, ortaggio antisociale, mangiato in quantità industriali terrà sicuramente gli altri a un metro di distanza, misura omologata dal ministero della Salute per proteggersi da possibili contagi.Altra bufala smentita dall'Oms è la notizia che mangiare tanto cioccolato, soprattutto fondente, ricco di zinco, rafforza il sistema immunitario e quindi alza una barriera contro il virus. Il sospetto è che il consiglio sia stato messo in circolazione da qualche golosone o da qualche produttore furbetto. Che il cibo degli dei faccia bene all'umore, si sapeva, ma contro il coronavirus non ha potere. Guai ad esagerare, anzi. Può nuocere a chi soffre di emorroidi: rischia di ritrovarsele infiammate e ricorrere, invece che al virologo, al proctologo.Un'altra strampalata teoria circolata sui social afferma che il virus venuto dalla Cina non resiste al calore: basterebbe bere una qualsiasi bevanda molto calda per farlo secco. Vanno bene cioccolate bollenti, tè e tisane al limite dell'ustione, brodi fumanti. Peccato, però, che il coronavirus ami deporre i suoi infinitesimali, ma micidiali ovetti nei bronchioli polmonari e non nell'esofago e nello stomaco. Inutile, quindi, sottoporli a stress ardenti.
Little Tony con la figlia in una foto d'archivio (Getty Images). Nel riquadro, Cristiana Ciacci in una immagine recente
«Las Muertas» (Netflix)
Disponibile dal 10 settembre, Las Muertas ricostruisce in sei episodi la vicenda delle Las Poquianchis, quattro donne che tra il 1945 e il 1964 gestirono un bordello di coercizione e morte, trasformato dalla serie in una narrazione romanzata.