2023-01-27
Autogol europeo sul petrolio. Il Cremlino aggira l’embargo con l’aiuto di India e Turchia
I due Paesi importano il greggio russo per poi rivendercelo raffinato in vista del bando su benzina e diesel moscoviti, che scatterà il 5 febbraio. Il risultato: pagheremo di più.Decreto bollette entro il 1° aprile: l’annuncio di Giancarlo Giorgetti. Sul Patto di stabilità: «Non può penalizzare gli investimenti».Lo speciale contiene due articoli.Ci sono due modi per affrontare gli ostacoli: schiantarsi contro di essi o aggirarli. A pochi giorni dall’inizio dell’embargo sui suoi prodotti petroliferi, fissato dall’Unione europea per il 5 febbraio, sembra proprio che la Russia si sia adattata e, con la collaborazione di altri Paesi, aggirerà l’ostacolo. Il divieto di importare diesel e benzina russi entra in vigore in Europa dopo il divieto di importare greggio russo e dopo l’imposizione del meccanismo di price cap sullo stesso, fissato a 60 dollari al barile da G7 e Unione europea.Il veto europeo agli acquisti ha fatto dell’India (che non applica alcun embargo) uno dei maggiori importatori di greggio russo. Secondo i dati di Vortexa, nel dicembre scorso la Russia ha esportato in India oltre 1 milione di barili al giorno di greggio, diventando il maggior fornitore del Paese con una quota del 25% e sbaragliando i tradizionali esportatori Iraq e Arabia Saudita. Per gennaio si stima che gli acquisti siano già saliti a una media di 1,7 milioni di barili al giorno, portando la quota di importazioni dalla Russia vicino al 30% del totale. Solo un anno fa la Russia rappresentava lo 0,2% delle importazioni indiane, dunque si tratta di un aumento a dir poco spettacolare.L’aspetto tragicomico della vicenda è che in India il greggio russo viene raffinato e i prodotti poi vengono venduti in Europa, quella stessa Europa che ha vietato di importare greggio e prodotti petroliferi dalla Russia. Le sanzioni Usa e Ue sulle esportazioni di petrolio russo infatti «non si applicano ai prodotti raffinati ottenuti dal greggio russo esportato da un Paese terzo in quanto non sono di origine russa», come recitano le linee guida delle sanzioni. Siamo quindi in presenza di una sorta di girotondo planetario: l’India compra il greggio russo che l’Europa non vuole più e rivende a quest’ultima i prodotti raffinati da quello stesso greggio.Già lo scorso dicembre l’Europa ha importato 1,12 milioni di tonnellate di diesel dall’India e per gennaio si prevede di superare 1,5 milioni di tonnellate, con la capacità produttiva nel subcontinente indiano satura al 95%. Per dopodomani è attesa in Belgio il vascello Tarif, battente bandiera liberiana, che dopo un viaggio di tre settimane scaricherà 100.000 tonnellate di diesel nel porto di Antwerp, originate nel porto indiano di Jamnagar. Analoga, anche se con valori diversi, è la situazione degli Stati Uniti, i quali a loro volta iniziano a contare maggiormente sulle importazioni dall’India. L’effetto pratico dell’embargo e del price cap è quindi che nel percorso che porta dai pozzi petroliferi russi alla pompa di benzina in Europa si è aggiunto un passaggio, in India, appunto. Quest’ultima, oltretutto, incamera lauti profitti, poiché il greggio russo, evitato dai mercati occidentali, costa poco più della metà degli altri greggi mentre le quotazioni di gasolio e benzina si basano sui prezzi dei greggi Opec. Di fatto, l’Europa sta arricchendo le raffinerie indiane, che sui prodotti hanno un margine molto superiore rispetto alle raffinerie occidentali.Va detto che l’India, pur avendo aumentato l’import di greggio dalla Russia in maniera così vistosa, non ha però diminuito i flussi in entrata dagli Stati Uniti, forse nel tentativo di preservare un certo equilibrio tra i due colossi. La combinazione di questi fattori sta orientando i raffinatori di Medio Oriente e India a fornire il proprio diesel prioritariamente all’Europa, diminuendo l’offerta per il mercato asiatico proprio mentre l’economia cinese, dopo i lockdown, sta per ripartire. Il che, quasi certamente, in presenza di una significativa ripresa cinese, significherà per l’Europa un aumento dei prezzi alla pompa dei prodotti raffinati. Di questo gioco fa parte anche la Turchia, che del tutto analogamente all’India può contare sul greggio russo a buon mercato e può esportare liberamente i propri distillati in Europa. Discorso a parte vale per la Cina, in cui le raffinerie in grado di produrre il diesel con le specifiche richieste dall’Unione europea sono solo una parte del parco impianti. Inoltre, il governo di Pechino impone ai raffinatori quote massime di esportazione, per un totale annuo di 19 milioni di tonnellate. La distribuzione delle esportazioni sui mesi da parte delle compagnie è dunque una variabile in più.Intanto, nelle ultime settimane il diesel proveniente dalla Russia continua a inondare l’Europa. In questo mese di gennaio non ancora concluso l’import è già arrivato a 3,54 milioni di tonnellate, superando quindi il record storico, stabilito appena nel dicembre 2022, di 3,53 milioni di tonnellate. Si tratta di una corsa all’ultimo barile russo: è evidente lo sforzo delle compagnie europee di approvvigionarsi sino all’ultimo e il più possibile dalla Russia per rimpinguare le scorte prima che inizi l’embargo, il 5 febbraio. Belgio, Germania, Grecia e Olanda sono i maggiori importatori di diesel russo, che, sempre nel mese di gennaio, pesa per il 47% sul totale delle importazioni. Un altro 20% arriva dall’Arabia Saudita, un 8% dall’India e un 7% dagli Usa. In gennaio i flussi in uscita dall’Europa del prodotto distillato vedono un drastico calo verso gli Stati Uniti (-56%) rispetto a dicembre 2022. Chiaro il tentativo europeo di accaparrarsi scorte, che infatti a dicembre e gennaio sono risalite dai minimi dello scorso luglio.Di fronte a tali epocali movimenti sui fondamentali del mercato petrolifero, desta davvero molte perplessità la disputa tutta italiana sulla famigerata speculazione e sui cartelli da esporre nelle stazioni di servizio.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/petrolio-cremlino-aggira-embargo-2659317336.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="decreto-bollette-entro-il-10-aprile-ma-i-sostegni-saranno-diversi" data-post-id="2659317336" data-published-at="1674792857" data-use-pagination="False"> «Decreto Bollette entro il 1° aprile. Ma i sostegni saranno diversi» L’esecutivo torna a parlare di tagli ai costi delle bollette. Ieri il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, parlando a Telefisco del Sole 24 Ore, ha spiegato che «prima del 1° aprile il governo italiano intende intervenire per mitigare gli aumenti di prezzo a famiglie e imprese probabilmente in una forma diversa rispetto a quella che è stata finora, che era figlia dell’emergenza», aggiungendo: «Stiamo studiando meccanismi più efficienti in termini di aiuto rispetto all’andamento dei consumi che orientino le famiglie e premino i comportamenti virtuosi». Sempre nella stessa occasione, ieri il numero uno del Tesoro ha anche parlato del Pnrr: «Le risorse ci sono, il progetto è ambiziosissimo e la vera difficoltà è metterle a terra, il problema delle riforme sono le procedure, senza snellimento delle procedure e una flessibilità operativa che stiamo invocando anche a livello europeo diventa tutto difficile e problematico. In Europa c’è grande dibattito che culminerà nel Consiglio europeo di febbraio e in questa discussione si capirà anche se aggiornare gli strumenti per rendere più efficiente l’Europa, le regole devono essere riviste e aggiornate in funzione della crescita e collegate alla riforma della governance del Patto di stabilità e crescita che non può penalizzare le spese d’investimento, sarebbe un grave errore». Proprio in tema di aiuti di Stato due giorni fa è intervenuta Margrethe Vestager, commissario Ue alla Concorrenza. «Ora sta emergendo l’idea che possiamo usare gli aiuti di Stato non solo per affrontare le lacune nell’attività del settore privato, ma come strumento chiave per stimolare la competitività. Questo non funzionerà», ha detto la Vestager durante il summit Cleantech for Europe. «In primo luogo, perché la competitività a lungo termine si basa su una concorrenza solida ed equa, e soprattutto sulla parità di condizioni nel mercato unico. Non può basarsi sulla spinta artificiale e a breve termine che i sussidi possono e devono fornire», ha continuato spiegando che «una corsa infruttuosa ai sussidi costerebbe cara ai contribuenti, e che a vincere sarebbero solo poche aziende e azionisti». In parole povere, due giorni fa la Vestager ha rispedito al mittente le richieste di Francia, Germania, Italia e altri Paesi Ue di aumentare i sussidi alle imprese, sostenendo che tali aiuti non aumenterebbero la competitività del blocco. La risposta della politica danese è giunta mentre i 27 Stati membri stanno cercano di mettere in campo misure da contrapporre all’Inflation reduction act statunitense da 430 miliardi di dollari, nel timore che questo possa invogliare le imprese a delocalizzare negli Stati Uniti e spingere le aziende del Vecchio continente a dirottare i loro investimenti oltreoceano per godere dei vantaggi fiscali proposti dallo Zio Sam. «All’Ira risponderemo in maniera ferma, ma proporzionata», ha detto la Vestager, «Non lasceremo che i sussidi statunitensi distruggano la cooperazione con gli Usa nel mondo delle telecomunicazioni. Viviamo in un mondo in cui vogliamo partner che aiutino le imprese europee a espandersi in tutto il pianeta», ha precisato la commissaria, «La grande novità è che gli Stati Uniti sono entrati a pieno ritmo nella lotta al cambiamento climatico. Questa è una cosa buona. L’Ira contiene però una serie di disposizioni discutibili e corre il rischio di indebolire il nostro comune senso di intenti nell’affrontare la crisi climatica».
Mario Draghi e Ursula von der Leyen (Ansa)
Il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin (Imagoeconomica). Nel riquadro il programma dell'evento organizzato da La Verità
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