2021-02-21
Pescara, indagini sui contagi boom nel territorio affidato a D’Amario
Il dg della sanità abruzzese gestì la prima ondata da Roma. Senza un piano pandemico.Il trionfo della morte, dalle pagine di Gabriele d'Annunzio, a quelle della Procura della Repubblica di Pescara, è sempre un romanzo avvincente. Con un'appendice gialla: il sospetto sui protocolli mancanti. È già successo al ministero della Salute, potrebbe essersi ripetuto all'Asl abruzzese. I carabinieri del Nas hanno bussato a tutti gli uffici sanitari della città che è zona rossa, stretta nella morsa del virus cinese, perché ai due magistrati, Anna Benigni e Luca Sciaretta, i conti non tornano. L'inchiesta è stata aperta per capire se ci sono state delle vaccinazioni di favore e peraltro l'Abruzzo è in fondo alla classifica dei vaccinati. Ma a muovere la Procura sono anche i troppi contagi a Pescara e a Montesilvano; c'è un'esplosione d'infezioni da variante inglese e, a dire dei pm, la risposta dei servizi sanitari è stata blanda o comunque inefficace. Così i Nas al comando del tenente colonnello Domenico Candeli hanno rovistato nei cassetti dell'Asl di Pescara diretta da Vincenzo Ciamponi, dell'ospedale Santo Spirito e anche negli uffici della sanità regionale. A capo di tutto il servizio sanitario abruzzese c'è Claudio D'Amario, tornato finalmente a casa e già noto alle cronache del virus cinese. Lo hanno nominato il 27 dicembre 2019, ma hanno dovuto aspettare perché doveva liberarsi dall'impegno al ministero della Salute, dove era a capo del servizio della prevenzione. D'Amario è incappato nel caso del piano anti influenzale d'antiquariato, mai più aggiornato per cui Ranieri Guerra per coprirsi ha cercato di sbugiardare l'Oms, di cui peraltro è membro. Quello per cui l'ex viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, ha accusato di negligenza Giuseppe Ruocco e ha bollato come sciatto il comportamento di D'Amario che con Guerra e Ruocco stava (ora non più) nel Cts, il sancta sanctorum dei guardiani del Covid, che ci ha costretti in casa, che ha detto tutto e il contrario di tutto sul virus cinese, rabberciando documenti e secretando verbali. Claudio D'Amario pensava però d' essere uscito da questo ciclone tornando da dove era partito. La sua carriera manageriale nella sanità era cominciata nel 2009 da direttore generale dell'Asl di Pescara, nominato dal centrodestra di Gianni Chiodi (Forza Italia) e confermato nel febbraio 2012 dal centrosinistra di Luciano D'Alfonso (Pd). Ma nel 2015 D'Amario lascia per andare a fare il commissario straordinario della sanità in Campania e nel 2018 approda, con Beatrice Lorenzin, ministro, alla direzione generale per la prevenzione del ministero della Salute. E lì si è beccato la grana del piano pandemico non aggiornato, con Ranieri Guerra che ha fatto di tutto per scaricarne su di lui la responsabilità. Per una questione di settimane D'Amario è rimasto «colpito» dal virus cinese. Aveva chiesto di andarsene a fine 2019 e gli dissero: resta qualche mese. In un' intervista concessa a Francesco Borgonovo sulla Verità, D'Amario ricostruisce: «Il 21 gennaio venne individuato il nuovo coronavirus e ho fatto subito una circolare. Dissi che necessitava di tre cose: protezione individuale tramite Ffp2 negli ospedali, separazione dei percorsi ospedalieri, utilizzo dei test molecolari (i tamponi). Dissi che bisognava circoscrive il virus, altrimenti l'impatto non sarebbe stato sostenibile». Il resto è la cronaca di un anno con il virus cinese (95.000 decessi)con l'inchiesta della Procura di Bergamo che accerterà che il piano pandemico era fermo al 2006. E ora a Pescara s'indaga su un piano vaccinale forse disatteso, s'indaga su troppi contagi. L'Abruzzo è in zona arancione, ma dal 14 febbraio Pescara e Chieti sono in rosso perché, come ha spiegato il presidente della Regione, Marco Marsilio, «La forte diffusione delle varianti, in particolare quella cosiddetta “inglese", sta provocando un deciso aumento dei contagi». Da lì è partita la Procura, che vuole accertare se «tutti i protocolli oggi esistenti riguardo la pandemia vengano rispettati e quali iniziative siano state intraprese dagli organi competenti per cercare, per quanto possibile, di arginare il diffondersi del contagio da coronavirus». Si procede per abuso d'ufficio, per ora non ci sono indagati e Claudio D'Amario è di nuovo alle prese con i protocolli anti virus cinese.