2020-09-19
Persi per Covid 1,4 milioni di test tumorali
L'allarme degli oncologi: nei mesi dell'emergenza diagnosticate migliaia di neoplasie in meno rispetto al 2019. Colpa degli screening saltati a causa dell'intasamento degli ospedali. Da recuperare 600.000 interventi chirurgici. E la mortalità per infarto è triplicata.Liste d'attesa allungate all'infinito, operazioni chirurgiche rinviate, screening di patologie importanti sospesi. L'emergenza Covid ha creato un corto circuito nelle strutture ospedaliere. La pressione esercita dal virus sul sistema ospedaliero, nei mesi di maggior picco del contagio, ha avuto come effetto lo stop dell'attività ordinaria, con i medici impegnati full time a fronteggiare un nemico sconosciuto e in difficoltà a intervenire sui due fronti. Questo significa che centinaia di migliaia di analisi e di interventi chirurgici sono stati bloccati, in attesa che la regressione del virus consentisse di tornare a una situazione, mediamente, di normalità. A farne le spese sono soprattutto i pazienti gravi, a rischio oncologico per i quali la tempestività dello screening può voler dire riuscire a intervenire in tempo e arginare il progredire del tumore o significa la vita. Anche costoro sono le vittime del Covid, come migliaia di italiani che dovevano essere operati e sono rimasti bloccati per la mancanza di sale operatorie o di chirurghi disponibili. Che il virus avrebbe condizionato e rallentato la cura dei malati era apparso chiaro sin dall'inizio del contagio. Ma i numeri descrivono una realtà oltre ogni stima possibile. L'osservatorio della Società europea di oncologia medica ha rilevato che nei primi 5 mesi del 2020, in Italia, sono stati eseguiti circa 1,4 milioni di esami di screening oncologici in meno rispetto allo stesso periodo del 2019. Ritardi che si traducono in una netta riduzione non solo delle nuove diagnosi di tumore della mammella (2.099 in meno) e del colon-retto (611 in meno), ma anche delle lesioni che possono essere una spia di quest'ultima neoplasia (quasi 4.000 adenomi del colon-retto non diagnosticati) o del cancro della cervice uterina (circa 1.670 lesioni Cin 2 o più gravi non diagnosticate). Questo vuol dire che i tumori saranno individuati in una fase avanzata e di conseguenza le probabilità di guarigione si ridurranno o aumenteranno i costi per le cure. Anche se l'attività ordinaria è ripartita, permangono comunque le difficoltà organizzative create dagli obblighi del distanziamento che sono un'altra causa di allungamento dei tempi di attesa. Inoltre, non da ultimo, c'è la paura di recarsi negli ospedali. Non bisogna poi sottovalutare un altro fattore sociale: l'impoverimento della popolazione. L'ultimo Rapporto sulla povertà sanitaria ha evidenziato che per 500.000 italiani la salute è un lusso. Nel 2019, 473.000 persone non hanno potuto acquistare, per ragioni economiche, i farmaci di cui avevano bisogno. Ed è questo un Paese che in base alle rilevazioni pre Covid, aveva 14 milioni di abitanti in stato di povertà assoluta e un 35% di persone con più di 65 anni. Questi numeri si riferiscono, appunto, a prima della pandemia che, si prevede, porterà ad un inasprimento della crisi economica. I disoccupati sono in aumento e le prospettive di grande incertezza per il futuro potrebbero costringere a tagliare la spesa per gli accertamenti diagnostici, la prevenzione e perfino le cure. Nel 2019, sono stati stimati 371.000 nuovi casi di tumore e il costo dei farmaci anticancro è in costante crescita. In cinque anni (2014-2019) la spesa per le terapie è passata da 3,9 a circa 6 miliardi di euro. I farmaci antineoplastici rappresentano la prima categoria terapeutica a maggior spesa pubblica per il 2019 (26% del totale). Non solo. Nel 2019, il tetto del Fondo per i farmaci oncologici innovativi, stabilito in 500 milioni di euro, è stato sforato, superando i 584 milioni.Liste d'attesa anche per le operazioni chirurgiche. Gran parte dei 600.000 interventi bloccati durante l'emergenza del virus non sono stati ancora recuperati. Un sondaggio dell'Associazione dei chirurghi ospedalieri, rileva che durante emergenza Covid gli interventi chirurgici oncologici sono diminuiti del 60%. Guardando all'attività chirurgica nel suo complesso, quella non di urgenza è tornata a funzionare completamente solo nel 21% dei centri. Negli altri centri, nel 16% dei casi, si lavora al 50%. Migliore è la situazione per le urgenze; gli interventi sono allo stesso livello di un anno fa e con un incremento nel 58% dei casi. Il Covid ha anche triplicato la mortalità per infarto. Uno studio del Centro cardiologico Monzino ha acceso i riflettori su un altro effetto della pandemia: il calo del 40% delle procedure salvavita di cardiologia interventistica, dovuto al diffondersi della paura di andare in ospedale. Giancarlo Marenzi, responsabile della Unità di terapia intensiva cardiologica, uno degli autori del rapporto, ha rilevato che dall'inizio della pandemia i pazienti si presentano in condizioni sempre più gravi, spesso con complicanze che rendono molto meno efficaci le terapie, come le salvavita per l'infarto. I malati rinviano l'accesso in ospedale per timore del contagio, e questo ritardo è deleterio, spesso fatale, sottolinea Marenzi. Se questa tendenza dovesse persistere, la mortalità per infarto potrebbe superare di gran lunga quella direttamente associata alla pandemia.
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