2018-10-01
Stefano Fassina: «Perché mi piace la manovra sovranista»
Il responsabile economico di Sinistra italiana plaude al Def di Lega e 5 stelle: «La media di spesa in deficit del governo Gentiloni è stata del 2,6%, dove è lo scandalo per il 2,4%? Il Pd ha scelto di stare con i mercati, le élite e Angela Merkel, dimenticando i poveri».Onorevole Fassina, lei è uno dei pochi che da sinistra esprime apprezzamento per la manovra.«Siamo alla follia. Nella scorsa legislatura la media di spesa in deficit per anno è stata del 2,6%. Non ricordo in quei giorni reazioni allarmate e previsioni catastrofiste».Lei parla dei numeri reali, non di quelli di previsione.«Secondo l'Istat sono così distribuiti: 3,0% il primo anno del centrosinistra, 2,6% il secondo, 2,5% il terzo e 2,3% il quarto. Dov'è lo scandalo per questo 2,4%?».Come è nata la campagna?«Tutto parte molto prima di Tria, con gli obiettivi chiaramente irrealistici e autolesionistici del Def preparato dal governo Gentiloni».Si voleva portare la spesa all'obiettivo dell'1,2%...«Figurarsi. Questo obiettivo sarebbe rimasto disatteso anche dal governo Gentiloni».Magari ci puntavano.«E allora avrebbero portato l'Italia in recessione».Mi dia la dimensione di quello che immagina.«Con un punto in meno di deficit si sarebbero dovuti tagliare circa 18 miliardi, per di più in una fase di evidente rallentamento dell'economia europea. Era una manovra recessiva e suicida».Stefano Fassina, responsabile economico di Sinistra italiana ha scritto sull'Huffington Post un editoriale a difesa della manovra. Parole che lo hanno messo al centro di attacchi concentrici da destra e da sinistra. Lui ha risposto fondando un'associazione sovranista di sinistra.I quotidiani scrivono editoriali a favore del rigore.«È davvero surreale la faccia tosta di quelli - politici ed economisti - che continuano a dare lezioni dopo i fallimenti che hanno raccolto».Faccia i nomi.«Tajani che parla di manovra contro il popolo, Monti sul Corriere. A loro mi piace rispondere con i numeri del debito pubblico che in tre anni, a partire dal 2011 esplode per effetto delle loro manovre recessive dal 120,8% al 127%. E poi fino al 132,6%!».Cita i dati di un triennio.«Già. Molti degli effetti intervenivano su cicli triennali: si è trattato di manovre di tagli di spesa e aumenti di tasse».Provarono a ridurre il deficit.«Ma non ci sono riusciti. Il nodo è semplice: non si vuole riconoscere che per contenere il rapporto debito/Pil l'unica strada passa per l'aumento del denominatore. Ovvero per la crescita del Pil».Molte critiche si abbattono sul reddito di cittadinanza.«Vedremo come sarà normato, ma, a me pare che l'impianto sia quello del Rei, anche se vi cambieranno nome. Serve un istituto lavorista».E i falsi disoccupati?«Quali? A condizione che non rifiutino lavori, si allarga la platea e l'importo del Rei per cinque milioni di cittadini in povertà assoluta».E chi ha un patrimonio?«Vengono selezionati con la scrematura dell'Isee. Ma io mi pongo un altro problema: basta guardarsi intorno per toccare con mano la misura della povertà. Il ceto medio impoverito, le partite Iva, i giovani... è un tessuto sociale martoriato da anni di crisi».Difende la manovra di un governo di cui non fa parte?«Difendo le proposte della nostra risoluzione al Def di giugno scorso. Il mio ragionamento ha un punto di analisi politico e un punto di riflessione macro-economico».Iniziamo dal primo.«Il primo merito che riconosco al provvedimento è: finalmente la politica si riprende il primato sull'economia. L'esatto contrario di quello che è accaduto negli ultimi anni».E cosa produce?«Questa inversione di marcia è la condizione per poter recuperare un minimo di sovranità costituzionale nel nostro paese».Per i critici questo si ottiene aumentando il debito degli italiani.«I numeri che ho citato ci dicono che il debito si controlla più con il deficit al 2,4% che all'1,2%. Lo dimostrano le serie storiche dei Paesi soggetti ad austerità. In tutti crolla il Pil».E in termini macroeconomici?«Si imbocca, anche se con qualche elemento di contraddizione, la strada neokeynesiana. Si abbandona il rigore neoliberista. Ovvero: si torna ad investire».I dettagli della manovra ancora non ci sono.«Faccio riferimento all'intervista con cui Savona ieri ha indicato la strada degli investimenti pubblici confermando il desiderio di spendere per sostenere la crescita e la riduzione del debito».E la Flat Tax? Secondo i dem favorisce i più ricchi.«La Flat tax non c'è. C'è invece un allargamento sacrosanto del cosiddetto “forfettone" fiscale».Ovvero il popolo delle partite Iva più basse e le imprese.«Queste partite Iva sono giovani, professionisti, lavoratori autonomi che erano arrivati a spendere più di commercialista che di imposte!».Condivide?«Aumentare l'area della semplificazione è giustissimo. Il reddito di chi fattura 65 mila euro l'anno. Parliamo di persone che guadagnano 20.000-30.000 euro netti. Sono lavoratori in difficoltà, non grandi evasori».Che servirebbe per colpire i grandissimi evasori?«L'imposizione sui capitali finanziari rimane ridicola. Inaugurerei una nuova battuta di caccia tra i frequentatori dei paradisi fiscali».Cosa funziona meglio?«Questo paese ha bisogno di aumentare la domanda interna. Parliamo di micro imprese, di edilizia, di artigianato, di commercio di autonomi non garantiti».Come è accaduto?«Fino ad oggi, in Europa, nella politica economica sono state beneficiate solo le imprese esportatrici e la finanza».Questo perché?«È il frutto della prevalenza del mercantilismo tedesco su qualsiasi altra esigenza».Lei è eurocritico?«L'euro, come l'allargamento ad Est, è nato per svalutare il lavoro e sostenere la centralità della politica di esportazioni tedesche. In questo modo si è soffocato la domanda interna dei paesi, soprattutto di quelli dell'Europa meridionale».Cosa anima la manovra?«La Lega, e in particolare il M5s, stanno mostrando di raccogliere la richiesta di equità di chi vive di domanda interna e da anni non ce la fa più».Si sente eretico?«Affatto. La sinistra dovrebbe stare con chi vive di domanda interna».E il Pd?«Si è consegnato alla finanza e alle imprese esportatrici. Leggo nella manifestazione di ieri una politica di continuità nella tutela degli interessi dei più forti».Renzi dice: «Avete sbagliato Matteo».«Non ci siamo sbagliati. La foto di Renzi a Maranello con Marchionne e Merkel non è frutto di un caso, ma una sintesi straordinaria di quello che è accaduto».Cioè?«Il Pd sta con quelli che stavano bene con lo schiacciamento dei diritti del lavoro e della domanda interna».Non è un asse casuale?«Quell'immagine è insieme un documento storico, un programma e l'immagine di un blocco sociale e politico».Lei è fortemente criticato per queste posizioni.«Ci attaccano tutte le sinistre: sia quelle radicali che quelle moderate».Anche ambienti di Potere al popolo: le rimproverano le sue parole sulla manovra.«L'analisi di cui ho parlato: aver definito la manovra “necessaria, coraggiosa e pericolosa"».Lei ha fondato un movimento, Patria e Costituzione.«Sostengo che la sovranità nazionale è i figlia dei valori della nostra Costituzione».Secondo la sinistra tradizionale lei mischia diavolo e acqua santa.«È eresia sostenere il primato dei principi della Costituzione sui trattati? Non credo».Dicono che Fassina è «badogliano», addirittura secondo Left «rossobruno».«Secondo una parte di questi critici bisogna essere europeisti anche a costo di massacrare il proprio popolo».Anche lei era più europeista in passato. «Oggi prendo atto che trattati e moneta hanno diviso i popoli europei come mai era stato dal dopoguerra».Ma è sempre europeista?«Il mio europeismo mi porta a riconoscere che gli Stati Uniti d'Europa sono un miraggio. Non ci sono le condizioni storiche e politiche per una sovranità politica europea, che non sia la semplice egemonia tedesca e lo Stato minimo».Quando iniziò a dubitare?«Molti anni fa. Quando da responsabile economia e lavoro incontravo con Bersani i dirigenti delle socialdemocrazie europee, uomini come Hollande o Gabriel».E cosa capì?«Che non erano disponibili ad andare avanti, ad affrontare la revisione sui trattati, a riconoscere l'attacco del mercato unico e dell'euro ai diritti».Governarono entrambi.«Ma con esiti disastrosi. I francesi quasi estinti, i tedeschi in crisi: il primato dei trattati e la mancanza di autocritica dei loro governi è andata oltre le peggiori aspettative».Cosa sogna?«Una politica che torni a intervenire, controllare, regolare. E, se serve, ad arginare il potere dell'economia e del mercato».Cosa ha capito ora?«Tutto questo si può ottenere solo riattivando lo stato nazionale. La globalizzazione non si può cancellare, perché è una realtà, ma ci sono leve di cui ci si può riappropriare».Per lei alcuni di questi problemi si risolvono solo su scala sovranazionale.«È così. Ma per nazioni si devono intendere Stati e i governo con legittimazione democratica. Non élite senza popolo che operano attraverso il dominio della finanza e dell'economia».La sovranità non è nel vocabolario della sinistra.«Legga l'articolo 52 della Carta: è sacro dovere di ogni cittadino difendere la patria. E poi l'articolo 67: ogni parlamentare rappresenta la nazione. Non credo che i padri costituenti fossero sospetti di tentazioni rossobrune».Perché dire «sovranità» a sinistra sembra una eresia?«Non hanno capito che fasce popolari e classi medie hanno una domanda di protezione sociale e identitaria. E oggi faticano capire che queste domande vanno declinate secondo i principi della Costituzione».Molti nel Pd considerano le sue parole un cedimento a Salvini.«Vivono isolati dalla realtà. E ieri hanno fatto la loro manifestazione del partito Ztl. Quello che mette in fila i garantiti contro i non garantiti. Auguri».
Attività all'aria aperta in Val di Fassa (Gaia Panozzo)
Gabriele D'Annunzio (Getty Images)
Lo spettacolo Gabriele d’Annunzio, una vita inimitabile, con Edoardo Sylos Labini e le musiche di Sergio Colicchio, ha debuttato su RaiPlay il 10 settembre e approda su RaiTre il 12, ripercorrendo le tappe della vita del Vate, tra arte, politica e passioni.
Il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida (Ansa)