
Quello di ieri è il più clamoroso, ma nell'ultimo decennio i viadotti sbriciolati sono stati cinque. Qualcosa non va nel sistema delle nostre autostrade: i pedaggi continuano ad aumentare ma la manutenzione cala. Chi ci lucra, lo fa sulla nostra pelle.Si sapeva che il ponte aveva bisogno di manutenzione. Si sapeva che i costi per sistemarlo erano superiori a quelli per demolirlo e rifarlo da capo. Si sapeva che l'ingegnere che l'aveva progettato aveva sbagliato i calcoli e non aveva considerato una serie di variabili che rendevano lo stesso ponte vischioso. Eppure, nonostante tutto fosse noto a tutti, nessuno è intervenuto. Non i ministri competenti che nel corso degli anni si sono susseguiti dividendosi la responsabilità dei trasporti. Non la società concessionaria, ovvero quelle Autostrade che dopo essere state vendute da Romano Prodi al gruppo Benetton hanno consentito alla famiglia di Ponzano Veneto di accumulare milioni su milioni, e di pagare le campagne di Oliviero Toscani a favore dei migranti. Nessuna misura presa neppure da parte degli enti locali, Comune e Regione, tutti regolarmente amministrati per anni, anzi per decenni, dalla sinistra. La stessa sinistra già finita sul banco degli imputati per le alluvioni in Liguria e per i mancati interventi di prevenzione. Risultato: una trentina di morti.Le cifre vere del disastro non sono ancora note, perché nessuno fino a tarda sera è in grado di dire quante auto ci siano là sotto, coperte della macerie del ponte crollato. Nessuno sa quante siano cadute insieme con il manto d'asfalto che cedeva sotto le ruote, né quante persone stessero passando sotto mentre i blocchi di calcestruzzo crollavano. Autisti di Tir carichi di merci prima della sosta di Ferragosto, famigliole in vacanza dopo un anno di lavoro, viaggiatori d'affari costretti a percorrere il nastro battuto improvvisamente dalla pioggia: l'elenco delle vittime non è ancora completo, ma lo sarà presto. Giusto il tempo di avvisare le famiglie, unico gesto di rispetto per i morti in un Paese che per i vivi non ha alcun rispetto.Già, perché che sulle nostre strade si rischia la vita non solo per eccesso di velocità, disattenzione o guida imprudente, ma anche per mancata manutenzione non è una cosa che scopriamo adesso, con una strage mai vista prima. Sono alcuni anni che i viadotti vengono giù come se fossero costruiti con la cartapesta. Nonostante ciò al momento nessuno ha fatto un plissé. Sono crollati ponti nel Lecchese, uccidendo un pensionato che ha avuto la sfortuna di passarvi sotto. Altri sono venuti giù in Sicilia, nelle Marche, in Piemonte. In totale fanno dieci cavalcavia in cinque anni. Colpa delle Province che non ci sono più e non hanno soldi, hanno detto. Colpa delle imprese invischiate con la mafia, che nei piloni ci mettono la sabbia invece del cemento armato, hanno scritto. Colpa della politica che sulle opere pubbliche ci lucra, è la vulgata. Sarà, ma come a ogni tragedia, che si tratti di un ponte venuto giù, di una rotaia aggiustata con un pezzo di legno, di una casa delle studente crollata dopo una scossa sismica, le chiacchiere sono molte, ma la prevenzione continua a essere a zero. Bisogna creare l'anagrafe dei ponti, spiegano adesso. Sì, come si deve fare l'anagrafe dei fabbricati per evitare che palazzi crollino. Ma questi sono i commenti del giorno dopo, mentre già una settimana più tardi ci si è dimenticati di tutto e un'altra strage passa avanti.La questione è semplice: se il traffico si è moltiplicato assieme ai pedaggi e i lavori di manutenzione sono diminuiti, qualche cosa nelle nostre autostrade non va e un governo che abbia voglia di fare sul serio e non prendere in giro gli italiani deve mettere mano alle concessioni, stabilire quanto abbiano guadagnato i concessionari riducendo gli investimenti; dopo di che riprendere in mano la gestione delle grandi arterie, fissando vincoli precisi di manutenzione e obbligando le imprese ad attuarli, se del caso sospendendo la concessione. A Genova era prevista una spesa di 280 milioni, ma i soldi investiti sono stati solo 76? E i controlli dov'erano? Questa non è una faccenda privata, che riguardi le aziende che hanno vinto la concessione: è una faccenda pubblica e i contratti tra lo Stato e le società dovrebbero essere pubblici e non segreti, così come i parametri per gli investimenti. Perché non renderli pubblici? Perché tenere la cosa riservata? Da noi la viabilità è una faccenda fra amici. Si rinnova una concessione perché così gli amici dell'Alto Adige candidano Maria Elena Boschi. Si chiude un occhio da una parte perché poi l'impresa vicina si ricorda il favore. Nel 2016 un senatore ligure, Maurizio Rossi, segnalò al ministro dei trasporti, il piddino Graziano Del Rio, la situazione a rischio del ponte Morandi. Lo fece con un'interrogazione scritta, ma non ottenne risposta. Forse il compagno di Matteo Renzi era impegnato a discutere della formidabile idea di fondere l'Anas e le Ferrovie, inseguendo il progetto avveniristico di un'integrazione fra gomma e rotaia nel trasporto merci: autocarri col pantografo che corrono di fianco alle rotaie. Ma anziché creare un supercarrozzone, non sarebbe stato meglio avere un'azienda delle strade efficiente, che controllasse i ponti e la viabilità, e una società che rendesse i collegamenti ferroviari moderni non solo quando c'è l'alta velocità, ma anche quando in Puglia, in Sicilia o in Lombardia si devono trasportare i pendolari? Un Paese serio non aspetterebbe l'anagrafe dei ponti, ma avrebbe un piano dei trasporti serio, con regole precise, controlli rigorosi e investimenti certi. Questo dovrebbe fare un governo vero che non avesse la preoccupazione di aiutare agli amici, ma non avesse neppure paura di fare investimenti in infrastrutture perché un gruppo «No qualcosa» non lo permette.
Antonella Bundu (Imagoeconomica)
Antonella Bundu, in corsa per le Regionali in Toscana, scatenata al Meeting antirazzista: «Riconoscere il privilegio, non basta più parlare del problema. Bisogna attaccarlo. Smontarlo. Disarticolarlo». Ovviamente il colpevole è solamente l’uomo europeo.
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Il killer di Charlie Kirk, Tyler Robinson (Ansa)
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- In Germania distrutti i manifesti che ricordano l’attivista e l’ucraina Iryna Zarutska. La figlia di The Rock, Ava Raine: «Doveva dire parole gentili». Il rapper afro l’oltraggia sul palco.