2020-09-18
Per risparmiare un caffè l’anno si rende più debole la democrazia
Marco Ravagli/Barcroft Media/Getty Images
Non si vuole un Parlamento efficiente, ma uno controllato. Non è un caso che una delle proposte di diminuzione degli onorevoli fosse firmata da Licio Gelli. L'emergenza Covid insegna: non si tagliano gli sprechi ma l'efficienza.«Quando si vuole diminuire l'importanza di un organo rappresentativo si incomincia dal ridurne il numero dei membri». Parole di Umberto Terracini, presidente dell'Assemblea costituente nel 1946. Gli atti di quell'Assemblea documentano la grande, quasi ossessiva attenzione che i padri costituenti dedicarono nel definire il numero dei parlamentari (deputati e senatori) al fine di garantire il massimo di rappresentatività dei territori nella «stanza» del potere legislativo. E non è un caso che fu proprio la Loggia massonica P2, con a capo Licio Gelli, sciolta nel 1982, che propose la riduzione dei parlamentari a 700 unità. È evidente che chiunque, singoli soggetti o partiti, accarezza un progetto di maggiore controllo sul meccanismo del confronto democratico, ha come primo bersaglio la riduzione delle Camere che rappresentano i cittadini italiani. Vi fu chi nel 1926 lo fece alla luce del sole, con protervia, violenza ed arroganza (vedi legge 100/1926), nel pacchetto passato alla storia come «leggi fascistissime».C'è oggi chi percorre la stessa strada utilizzando pretesti populisti, privi di riscontri autentici. A partire dal tormentone della riduzione dei costi dello Stato, con grande risparmio per i cittadini italiani. Peccato che, conti alla mano, secondo l'Osservatorio dei conti pubblici italiani (presieduto da Carlo Cottarelli) il costo dell'attuale Parlamento è di 57 milioni all'anno (37 la Camera e 20 il Senato), pari allo 0,007% della spesa pubblica dello Stato (senza dimenticare che spendiamo 65 miliardi all'anno a titolo di interessi sul debito pubblico). Se dividiamo questa cifra per il numero degli italiani maggiorenni, risulta che ogni cittadino «spende»1,11 euro/anno per mantenere i propri rappresentanti. Meno di un caffè all'anno! Semplicemente utilizzando lo strumento del «conto della massaia» si smonta il castello di amenità e di sciocchezze con il quale il M5s ha chiesto e sostenuto fortemente l'attuale proposta di modifica della Costituzione. Purtroppo sono svariati anni che la sovranità popolare reale è sotto scacco, basti pensare al sistema elettorale delle liste bloccate e della cancellazione delle preferenze; ora ridurre il numero dei rappresentanti significa indebolire ulteriormente il sistema democratico, consegnando un potere ancora più stringente nelle mani delle segreterie dei partiti, magari con la piattaforma Rousseau che la fa da padrona.Ancora una volta i numeri parlano chiaro: sui 27 Paesi Ue, l'Italia è al 23° posto nel rapporto fra eletti ed elettori. Quasi tutti i Paesi europei hanno un numero di parlamentari più alto del nostro in proporzione alla popolazione che elegge. Certamente tutto, anche le istituzioni, è perfettibile; ma altrettanto certamente questioni di grande valore per il buon funzionamento dello stato democratico non si possono fare a colpi di slogan, oltretutto palesemente manipolati. Nei mesi scorsi si era detto «prima la legge elettorale e poi la riforma istituzionale» ed ora sta accadendo l'esatto contrario: viene il sospetto, più che fondato, che la seconda - il taglio del Parlamento - è funzionale alla prima e non viceversa. Non si vuole un Parlamento efficiente, ma un Parlamento controllato, attraverso lo strumento del taglio della rappresentatività dei territori, con macrocollegi elettorali ove solo il candidato «forte» del partito avrà la strada aperta.La cultura politica del M5s, evidentemente centralista e autoritaria, è quella della «poca brigata, vita beata»: sciocca e sbagliata sul piano concreto, pericolosa e dannosa quando è in ballo la partecipazione democratica. La drammatica esperienza del Covid almeno una cosa dovrebbe avercela insegnata: la miope politica dei tagli in sanità, con diminuzione del numero dei presidi sanitari, dei medici e degli operatori avrà forse fatto risparmiare quattro soldi, ma al prezzo di una sanità inefficiente di fronte alle situazioni di emergenza. I soldi risparmiati sono costati un numero imprecisato di vite umane, e questo non è certamente una medaglia d'onore per una società civile. Dunque, lo slogan «meno parlamentari = più efficienza del Parlamento» è proprio strutturalmente errato e serve solo a chi persegue l'interesse di una casta di partito e non certo al bene dei cittadini. Cambiamento non significa sempre miglioramento; anzi spesso è accaduto esattamente il contrario. Certamente si deve lavorare per una revisione dei meccanismi di funzionamento della Repubblica e, mentre ci si lavora con prudenza e professionalità, sarebbe utile bocciare fin d'ora chi ha mostrato incompetenza e superficialità degne di dilettanti allo sbaraglio. Non permettiamo che le riforme delle istituzioni dello Stato vengano promosse e presidiate da chi utilizza la politica per spot elettorali, inutili e dannosi. Basta pensare al fallimento - anzi al danno - del «reddito di cittadinanza». Mai come nel caso di questi sedicenti riformatori, vale il detto «meglio perderli che trovarli».
Francesco Nicodemo (Imagoeconomica)
(Ansa)
L'ad di Cassa Depositi e Prestiti: «Intesa con Confindustria per far crescere le imprese italiane, anche le più piccole e anche all'estero». Presentato il roadshow per illustrare le opportunità di sostegno.
Carlo Nordio, Matteo Piantedosi, Alfredo Mantovano (Ansa)