
Proposta tassa del 20% e immagini choc tipo quelle sui pacchetti di bionde per i prodotti che contengono grassi. Ma, con la scusa di combattere diabete e cancro, si favoriscono le multinazionali nel business del cibo chimico.Mettete più chimica nelle vostre porzioni. A ordinarlo al mondo è l'Onu. I signori del palazzone di vetro che controllano l'Oms (organizzazione mondiale della sanità), ma anche l'Unesco e pure la Fao, hanno deciso di varare una direttiva in cui si afferma, tra l'altro, che Grana Padano e Prosciutto di Parma sono più dannosi delle sigarette. Con la scusa della lotta a malattie non trasmissibili come diabete, cancro e infarti, si nasconde un colossale business: la chimica nel piatto.L'Onu - spalleggiata dall'Oms, la stessa che fino a un mese fa ha eletto la dieta mediterranea a regime salvavita - sostiene che bisogna ridurre il consumo di zucchero, grassi, proteine animali e carboidrati per abbattere di almeno il 20% le morti per patologie non trasmissibili. Il 27 settembre dedicherà un'intera giornata mondiale di studio di interventi per la riduzione di cibi come Grana padano e Parmigiano Reggiano, Prosciutto, olio extravergine di oliva, pasta, pizza e vino. A questi cibi dovrà essere imposta una tassa del 20% e sulle confezioni dovranno esserci le stesse immagini di dissuasione che sono state imposte sui pacchetti delle sigarette. Perché c'è chi all'Onu si è azzardato a dire che il Parmigiano o il Grana per via di un grammo in più di sale sono più nocivi di un pacchetto di Marlboro! E nulla vale che l'Unesco, che è un'agenzia dell'Onu, abbia decretato sia la dieta mediterranea, sia la pizza patrimonio dell'umanità, perché la posta in gioco è un'altra.A spiegarla bastano pochi numeri. Le dieci maggiori multinazionali agroalimentari del mondo fatturano circa 800 miliardi di dollari all'anno - la sola Nestlé ne fattura 400 - ma di continuare a spartire sia pure in piccola parte questi profitti con chi coltiva la terra non hanno più voglia. Tant'è che di recente la Nestlè si è trasformata da «food company» a «well be company». Che significa? Ha scoperto che dare da mangiare cibo vero agli umani costa troppo: meglio nutrirli con la chimica. L'offensiva è partita con lo zucchero, che viene sostituito dall'aspartame. Il campo di sperimentazione sono la Gran Bretagna e la Francia, dove sono comparse le famose etichette a semaforo: quelle che dicono che la Coca Cola Light priva di zucchero, ma zeppa di dolcificanti di sintesi, è verde, mentre l'olio extravergine di oliva ha il bollino rosso perché è grasso. Che il grasso dell'extravergine sia monoinsaturo con azione anticolesterolemica scientificamente provata, che nell'extravergine ci siano polifenoli antiossidanti e complessi vitaminici che fanno resuscitare i morti, che l'extravergine sia il pilastro della dieta mediterranea non conta nulla!L'Onu si è fatto agenzia della lobby della chimica e allora si capisce perché la Bayer ha speso 75 miliardi di dollari per comprare la Monsanto (prima multinazionale di produzione di sementi e di Ogm) e la China Chemical ha investito 43 miliardi per accaparrarsi la Syngenta, che è il secondo produttore di Ogm e germoplasma agricolo. È un doppio gioco: se non passa la linea Onu si può avere il controllo sui semi, ma se passa l'opzione chimica allora si può togliere di mezzo l'agricoltura. Comunque vada, questi hanno il monopolio sui nutrienti. Gli allarmi che periodicamente suonano sul consumo di acqua, di suolo, sulla fame nel mondo, le lusinghe etiche del veganesimo, gli scoop sulle proteine da insetti, in realtà nascondono un solo disegno: omologare i modelli alimentari per poi servirli con cibi (si fa per dire) sempre più a basso costo che non vengono dalla natura, ma dai laboratori. È chiaro che per l'Italia questa è una sfida esiziale. Ne è consapevole Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare (130 miliardi di fatturato di cui 40 dall'export, oltre 6.000 imprese, circa mezzo milione di occupati diretti) che dichiara alla Verità: «Stiamo mettendo in campo un'offensiva diplomatica per fermare questa manovra. Il governo ci ha dato immediato e pieno appoggio, così il ministro dell'agricoltura Gian Marco Centinaio che ha già aperto un contenzioso in Europa sia per bloccare le etichette a semaforo sia per opporsi alle logiche dell'Onu, così quello degli Esteri Enzo Moavero che ha nominato un ambasciatore apposta, peraltro molto battagliero, all'Oms e all'Onu proprio su questi temi. Come Federalimentare stiamo tessendo un fronte comune con gli agricoltori e in particolare con Coldiretti e con le altre associazioni agricole e produttive europee. Stiamo costruendo un'alleanza mediterranea, ma in Francia abbiamo grandi problemi con il governo. Emanuel Macron è il presidente più distante dall'agricoltura e dall'agroalimentare francese che io ricordi». Ecco la cartina di tornasole che prova come all'Onu della salute importa relativamente poco, piuttosto importa compiacere le tecnocrazie e le multinazionali. La prova? Lo Iea (Insistute of economic affairs) ha calcolato che se venissero tassati al 20% i cibi nella lista nera dell'Onu, ogni anno una famiglia italiana spenderebbe circa 550 euro in più, una americana oltre 600 dollari e una britannica almeno 460 sterline. Le famiglie italiane avrebbero circa 13,5 miliardi in meno ogni anno da spendere. È chiaro che i consumi si orienterebbero su cibi omologati. È quello che vuole l'Onu. Pardon, l'Omu: organizzazione multinazionali unite!
Beppe Sala e Manfredi Catella
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