2020-11-27
Il salva Stati
è un salva banche (degli altri) che ci fregherà
Ursula Von der Leyen (Ansa)
Bruno Le Maire, ministro francese dell'Economia, ricorda a Roberto Gualtieri che la riforma del fondo salva Stati è una sorta di «polizza vita». Secondo fonti Ue, il nostro Paese si è già impegnato a dicembre su un testo «chiuso»: un salva banche (altrui) che ci penalizza.«Potete ingannare tutti per qualche tempo e qualcuno per sempre, ma non potete ingannare tutti per sempre». Non sappiamo se questa frase, attribuita ad Abraham Lincoln, sia stata ripetuta, proprio in questo modo, ieri dal ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire al suo omologo italiano Roberto Gualtieri, chiedendogli anche di riferirla al presidente Giuseppe Conte. Ma, stando alle parole del ministro francese anticipate da Repubblica, pare proprio che il tempo utile per approvare la riforma del Mes sia definitivamente scaduto. E allora il governo non potrà continuare a dire una cosa sui tavoli europei e un'altra a Roma, come continua a fare almeno dal dicembre 2018, con due maggioranze parlamentari diverse ma con lo stesso premier. Dovrà scegliere chi ingannare.Le Maire è venuto a ricordarci che gli impegni si onorano e che «la nostra responsabilità è anche anticipare nuovi choc»: dunque la riforma del fondo salva Stati rappresenta una sorta di «polizza vita» e una «ulteriore rete di sicurezza per il settore bancario e quindi per tutti i risparmiatori europei». Ha aggiunto, riferendosi alla linea di credito per spese sanitarie, che «abbiamo fatto in modo che l'accesso al Mes non stigmatizzi nessuno e non ponga condizioni inaccettabili per nessun Paese». Fatto sta che se tutti se ne tengono lontani, probabilmente è perché nessun Paese ha voglia di dichiarare che la propria stabilità finanziaria è a rischio. Lo stigma pare esserci, eccome.Che il livello di pressione stia salendo è confermato da quanto riferito dall'Ansa, citando «fonti europee che preparano l'Eurogruppo di lunedì»: «Non ho ragioni per aspettarmi che gli impegni politici presi dall'Italia un anno fa sulla riforma del Mes non siano affidabili»: «il testo è chiuso e ora ci aspettiamo che tutti rispettino l'impegno politico preso, e che questo sia rispecchiato anche nelle procedura nazionali». Chi deve capire, capisca.Basta rileggersi il comunicato, datato 5 dicembre 2019, del presidente dell'Eurogruppo, Mario Centeno, al presidente dell'Eurosummit, Charles Michel: «vorrei informarla che abbiamo raggiunto un accordo in linea di massima, condizionato all'esito delle procedure nazionali, sul pacchetto di documenti relativi alla riforma del Mes e prevediamo di firmare l'accordo di modifica del Trattato all'inizio del prossimo anno». A gennaio la Francia fece perdere qualche settimana e il Covid bloccò tutto. Ieri ci ha messo il sigillo pure il Financial Times, affermando che «per porre mano al completamento l'Unione bancaria, l'Europa deve essere in grado di gestire quello che dovrebbe essere un frutto facile da raccogliere (il Mes)».Il frutto prelibato o presunto tale, là a portata di mano, è un prestito di 68 miliardi pronto a fare da rete di salvataggio al fondo di risoluzione delle crisi bancarie, qualora tale fondo (pressoché di pari importo) si riveli insufficiente a coprire un dissesto. Il film già visto tra 2010 e 2012: quando le banche (soprattutto franco-tedesche) traballano, si chiedono soldi a tutto il condominio.La mela avvelenata, soprattutto per il M5s e la maggioranza di governo, è invece costituita dal resto della riforma definita «inaccettabile e pericolosa» in una nota dal deputato Raphael Raduzzi e altri quattro colleghi del Movimento. Essi ribadiscono che «su quella riforma il M5s si è espresso nel recente passato con grande chiarezza, ritenendola peggiorativa sotto molti punti di vista. L'irrigidimento delle condizioni di accesso alla linea di credito rafforzata del Mes produrrebbe effetti indipendentemente dall'attivazione dello strumento da parte dell'Italia, dando nuova importanza a quei parametri di bilancio insensati e dannosi che ispirano il Patto di stabilità».È esattamente quanto ripetiamo da tempo: il sostegno del Mes si baserebbe ab origine su una distinzione fra buoni e cattivi, con l'Italia relegata nel girone dei cattivi proprio in base a quei parametri che sono fortunatamente sospesi a causa della pandemia. Il Mes interverrebbe solo a favore di Stati il cui debito è giudicato sostenibile, imponendo peraltro pesanti condizioni, che possono anche giungere a una vera e propria ristrutturazione preventiva del debito che, se non è giudicato sostenibile dal Mes, diviene di fatto una precondizione per accedere al prestito. Avete mai visto un medico condizionare la somministrazione di una medicina all'assenza di sintomi della malattia? Il Mes funzionerebbe così, con l'aggravante che il suo intervento causerebbe proprio la malattia. Infatti, l'analisi di sostenibilità del debito significa accettare che si trasmettano ai mercati criteri puntuali sulla base dei quali verificare la probabilità che uno Stato sia tra i buoni o i cattivi, rischiando di innescare una speculazione al ribasso sui nostri titoli di Stato. «Uno strumento di sostegno che sembra pensato per penalizzare maggiormente proprio chi di quel sostegno potrebbe avere maggiore bisogno», così lo definì Vladimiro Giacché, presidente del Cer (Centro Europa ricerche) in un'audizione parlamentare a fine 2019 e, dopo un anno, è difficile trovare una sintesi migliore. «Sono strumenti di assistenza finanziaria perfetti per innescare una nuova crisi del debito, perseverando in tal modo nei gravi errori del 2011-12», aggiunse Giacché.Ma «pacta sunt servanda», ci ripetono da Bruxelles. A questo punto, siamo curiosi di sapere come il ministro Gualtieri lunedì spiegherà, ai membri di ben sei commissioni parlamentari riunite (Bilancio, Finanze e Politiche Ue di Camera e Senato), in base a quale mandato ha preso impegni in Europa senza prima passare dal Parlamento. Scopriremo finalmente chi è stato ingannato.