2019-03-20
Per le femministe in guerra il nemico da abbattere è l’uomo
Sul sito di Non una di meno, il movimento che guida la rivolta contro il convegno di Verona, insulti a carabinieri e medici contro l'aborto. La cura di casa e figli? «Un lavoro neoservile».Boicottaggio contro le strutture che offrono sconti a chi parteciperà alla manifestazione: mail minatorie agli albergatori. Gli organizzatori: «Segregati come gli afroamericani».Lo speciale contiene due articoliDopo le performance dell'8 marzo, le attiviste di Non una di meno hanno in programma una «tre giorni» che dovrebbe trasformare in «città transfemminista» Verona proprio mentre ospiterà il Congresso mondiale delle famiglie, il 29, 30 e 31 marzo. Tra gli appuntamenti transfemministi, ci sono presentazioni di libri come L'aurora delle trans cattive e Corpi impuri - Il tabù delle mestruazioni. Poi la proiezione del documentario City of the Damned sulle lotte della comunità Lgbtqi in Uganda, lo spettacolo teatrale Il Corpo Lesbico e quindi l'incontro Conosci il tuo nemico. Si terrà nella sede Anpi di via Cantarane e dovrebbe rispondere alle domande: «Che cos'è il Congresso mondiale delle famiglie? Da chi è formato e come viene finanziato? Quali sono i suoi legami con l'estrema destra?». A seguire si potrà vedere il documentario Aborto: le nuove crociate. Trans cattive, lesbiche dannate, impurità del corpo, crociate antiabortiste, nemici… Queste attiviste paiono concepire la donna esclusivamente come la vittima di un sistema patriarcale ed eterosessuale, contro il quale ovviamente deve ribellarsi. Eppure in Italia l'esercizio privato e pubblico del lesbismo o della transessualità non sono affatto puniti. L'aborto non è impedito, anzi è pagato dal servizio sanitario nazionale esattamente come le procedure di transizione ad altro sesso. Perché, quindi, chi in una democrazia decida di ribadire la sua concezione di famiglia, come accadrà al Congresso delle famiglie, deve essere additato come «nemico»? Per capirne di più, e per comprendere meglio chi siano le militanti di Non una di meno (tanto apprezzare da Monica Cirinnà e dal Pd) abbiamo esaminato il loro sito Internet. Si è accolti da una bandiera sulla quale è raffigurata quella che supponiamo sia una donna intenta ad annodarsi una bandana sul viso dal naso in giù, in perfetto stile antagonista. Sotto si trovano vari link. C'è quello a «Scuola DeGenere. Per un'educazione libera da stereotipi», un vademecum per combattere «le dinamiche di potere e le discriminazioni sessiste dentro la scuola, le stesse che viviamo ogni giorno in ogni ambiente». Gli studenti sono indicati come «alunn*», con l'asterisco finale perché la ribellione inizia dalla grammatica. Ma addentriamoci nella sostanza: quali sarebbero le discriminazioni che si subiscono ogni giorno a scuola? «Insulti razzisti, islamofobici, omofobici». L'omofobia è descritta come «insieme di emozioni e giudizi negativi (ansia, disgusto, avversione, rabbia, disagio, paura) nei confronti delle persone non eterosessuali». Fortuna che ci sono le attiviste di Non una di meno a riequilibrare la situazione riversando gli stessi giudizi negativi sulla famiglia e tutti gli italiani non progressisti... Continuando a navigare nel sito ci si imbatte nella disamina del reddito di cittadinanza. Indovinate? Non va bene, perché «non è per tutt@» (al posto dell'asterisco, stavolta la chiocciolina). Lascia fuori una parte dei poveri e «la selettività si staglia, ancora una volta, contro i nuclei e le persone migranti», «esclus@ da questa misura» perché le regole sulla residenza decennale sono «una vera e propria discriminante razzista». Il reddito, ancora, sarebbe «una misura familistica, rivolto al nucleo familiare e non alla singola persona», «che non sostiene in alcun modo l'autonomia e l'autodeterminazione delle donne e degli individui tutt@» e questo costituirebbe «un enorme problema nei casi di violenza domestica». Non va poi bene che il reddito sia collegato al lavoro, innanzitutto con le otto ore di lavoro settimanale, perché «ancora sulle spalle delle donne cade il peso del lavoro riproduttivo e di cura, nulla viene fatto per liberarle da questo peso, al contrario il lavoro gratuito - neoservile - viene istituzionalizzato»... Avete messo al mondo dei figli con vostro marito, vi sentite mogli e madri felici? Vergognatevi, idiote: siete solo serve, pavide sfruttate del lavoro riproduttivo che avete svolto per il vostro schifoso oppressore maschio eterosessuale. Nella visione di questo femminismo estremista, il maschio occidentale eterosessuale è il male assoluto. Lo odiano e vorrebbero vederlo non solo appeso a testa in giù, ma appeso per il suo organo sessuale, non c'è dubbio. Veniamo ora al link che conduce agli «slogan e canzoni Non una di meno», ovvero «il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne (corpe) che più non hanno voce». Corpe al posto di corpi ci mancava, certamente piacerà all'ex presidenta della Camera Laura Boldrini e alla scrittora Michela Murgia. Ma non ridiamo, perché liquidare queste idee come boutade è sbagliato. Siamo di fronte al delirio. Si comincia immancabilmente dai cori contro le forze dell'ordine: «Son brutti brutti brutti son neri neri neri non sono gli immigrati sono i carabinieri», «Gli unici stranieri gli sbirri nei quartieri». Notevole, per riflettere sul pregiudizio positivo verso il non italiano, anche il link al «Manifesto per l'antisessismo nel rap italiano», nel quale viene accusato di sessismo il rapper Fabri Fibra. Ma se un Bello Figo che canta «Noi vogliamo le fighe bianche / scoparle in bocca», però, non è sessismo. Un altro slogan delle attiviste, infatti, precisa: «Col razzismo non ci avete fregato lui stupra perché è maschio e non perché è immigrato». Che esistano culture di provenienza dove di fatto il valore della donna è lo stesso di un poggiapiedi non rileva. Il collettivo odia anche il medico obiettore che non esercita aborti e lo minaccia direttamente: «Obiettore, obiettore, ti spranghiamo senza fare rumore». O lo umilia: «La nonna partigiana lo sai cosa ci insegna/ antifasciste sempre obietta su 'sta fregna». Nemmeno si accorgono, arse dalla ferocia confessa che le caratterizza, che l'obiettore obietta in rispetto della vagina, rifiutandosi di violarla per trascinarci fuori un embrione. Le «frocequeertransfemministe», che altrove si definiscono anche «lesbiche e cagne», sfoggiano lo stesso violento bullismo verso Simone Pillon, colpevole di non odiare la famiglia naturale: si passa da un tutto sommato blando «Pillon al tuo piano famigliare noi diremo sempre no» al musicale «Pillon du du du per te sono guai». Continuando a scorrere l'elenco degli slogan si scovano anche vere perle. Ad esempio: «Di sicuro vogliamo fare sesso, contro ogni fascismo facciamo un'orgia, contro il decoro facciamolo più spesso». Parole piene di grazia, senza dubbio. Sarà questa gentilezza a piacere tanto al Pd... <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/per-le-femministe-in-guerra-il-nemico-da-abbattere-e-luomo-2632149928.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="minacce-agli-hotel-convenzionati" data-post-id="2632149928" data-published-at="1757749171" data-use-pagination="False"> «Minacce agli hotel convenzionati» Le liste di proscrizione che additano chi mette in discussione i dogmi della sinistra sono uno strumento di pressione usato fin dagli anni Settanta. Per rispettare pienamente la logica totalitarista, l'intimidazione deve fare terra bruciata e togliere ogni forma di agibilità politica dell'avversario, colpendo quindi anche ogni tipo di collaborazionismo. Lo schema è stato mutuato anche dalla nuova sinistra arcobaleno cosmopolita che lo sta riponendo ai danni del Congresso mondiale delle famiglie di Verona. Quindi, dopo le scomuniche del Pd, le offese lanciate da Luigi Di Maio, le contromanifestazioni delle femministe, le prese di distanza dell'università scaligera che ha negato gli spazi al Congresso, arriva anche il boicottaggio contro gli alberghi convenzionati che ospiteranno gli oltre 1.000 delegati che prenderanno parte alla kermesse pro famiglia. A organizzare l'iniziativa contro le strutture ricettive è il gruppo Facebook «Veronesi aperti al mondo - Assemblea 17 dicembre», che definisce il Congresso «un evento internazionale contro le donne, contro gay, lesbiche e trans e contro le libere soggettività». Vacanze di pasqua I «Veronesi aperti» mettono tutti sull'allerta: «Stai progettando una vacanza a Verona? Scegli attentamente dove andare a dormire, perché... Il Wcf, il Congresso mondiale sulla famiglia che tanto sta facendo discutere in questi giorni a colpi di patrocini dati e tolti, sul suo sito consiglia alcuni hotel della città, dove i partecipanti al Congresso potranno alloggiare, godendo anche di uno sconto. Quindi, se vuoi stare alla larga da personaggi omofobi, antifemministi, sessisti e oscurantisti e se non vuoi contribuire alle finanze di chi li ospita, boicottali». Il testo prosegue con la lista degli alberghi, con tanto di recapiti. Strutture da boicottare «non solo nella tre giorni di fine marzo ma anche nelle vacanze pasquali». Il post si chiude con l'invito a protestare via telefono e mail. Qualcuno è subito passato ai fatti, visto che Giulio Cavara, presidente dell'Associazione albergatori di Confcommercio Verona, ha detto al quotidiano L'Arena «che a qualche albergatore sono arrivate minacce, anche telefoniche, riguardo all'ospitalità dei relatori del Congresso». Nessuno però si è lasciato intimorire: «Minacce che noi abbiamo decisamente respinto al mittente. Siamo pubblici esercenti, diamo ospitalità a tutti», ha detto, per poi aggiungere: «Gli ospiti del Congresso mondiale delle famiglie verranno trattati con i guanti bianchi come tutti i nostri clienti». Segregazione Il clima d'odio non lascia però indifferenti gli organizzatori. «Noi come i neri ai tempi della segregazione. Non solo non si doveva organizzare un Congresso sulle famiglie ma i papà, le mamme e i bambini non devono avere ospitalità negli alberghi di Verona secondo la dittatura del pensiero unico, ragion per cui è iniziato il boicottaggio», hanno commentato Antonio Brandi e Jacopo Coghe, presidente e vicepresidente del Congresso.
Charlie Kirk (Getty Images). Nel riquadro Tyler Robinson