2022-08-12
«Per la Triplice la previdenza è strumento di pressione politica»
Alberto Brambilla (Imagoeconomica)
L'esperto Alberto Brambilla: «Il sistema anche se non produce incassi su alcune prestazioni dà potere ai Confederali. È assurdo obbligare tutti ad aderire all'Inps, visto che poi per ottenere ciò di cui si ha diritto serve un intermediario».Da un lato, la presenza dei sindacati all’interno dei fondi pensione può essere una leva politica non di poco conto. Dall’altro, il supporto sui temi previdenziali e la conseguente iscrizione dei pensionati alle unioni dei lavoratori rappresenta una ghiotta fonte di ricavi per le sigle che sembrano sempre più interessate agli ex lavoratori. La Verità ne ha parlato con Alberto Brambilla, presidente del centro studi e ricerche Itinerari previdenziali.La fascia dei pensionati per i sindacati sta diventando sempre più importante.«La legge istitutiva dei fondi pensione prevede che la presenza all’interno dei fondi pensione negoziali e preesistenti sia paritetica. In pratica, metà del cda è nominato dai sindacati e metà dall’azienda in questione. In genere, la presidenza è a turnazione. In una consigliatura la provenienza è sindacale e nella successiva è aziendale. Per fare un esempio, Fiat ha deciso di aderire al fondo Cometa dei metalmeccanici. In questo caso il lavoratore che viene assunto ha facoltà di tenere il Tfr o di investirlo nel fondo pensione di riferimento con il contributo dell’azienda. In Italia questa è un’opzione, pertanto è facoltativa. Nei Paesi del Nord Europa, invece, come ad esempio la Danimarca, si tratta di un obbligo. Lo stesso avviene per la sanità integrativa. È bene ricordarlo, visto che si tratta di un fenomeno ben più ampio rispetto alla previdenza integrativa. Gli iscritti all’assistenza sanitaria integrativa sono oltre 14 milioni, quelli delle pensioni private non arrivano a 9 milioni. Spesso quindi sono le categorie dei lavoratori, più che i sindacati in generale, a essere interessate al welfare. Per intenderci, i chimici sono molto attenti, siano essi della Cgil o della Cisl, i metalmeccanici lo sono altrettanto, siano della Fiom Cgil o della Fim Cisl. Al contrario, a livello centrale, le segreterie confederali non badano troppo al welfare integrativo. Non si tratta solo di pensioni o assistenza sanitaria, ma anche di welfare aziendale. C’è insomma una dicotomia. Molto presenti i categoriali, meno i confederali nazionali».Per i sindacati quella dei fondi pensione è una fonte di ricavo?«Assolutamente no. La legge sui fondi pensione è talmente trasparente che prevede che il contributo del lavoratore e del datore di lavoro sia il minimo possibile e non ci sono ritorni sia per la parte del datore di lavoro, sia per le unioni dei lavoratori. C’è però un peso politico. Quando un fondo pensione inizia a cubare 11-12 miliardi - sebbene ancora piccolo rispetto alla potenza di fuoco di un fondo olandese o danese che può arrivare a 60 miliardi - in Italia ha un peso politico ed economico non da poco. Il fondo per sua natura è titolare del diritto di voto e quindi della facoltà di investimento. Certo, serve sempre l’accordo della parte datoriale e di quella sindacale, ma il fondo resta comunque titolare del diritto di voto». Quanto contano i fondi pensione per i sindacati?«I categoriali, insomma, sono molto attenti a questi temi, a tutto il welfare in generale. I confederali, che però sono quelli che vanno a parlare a Palazzo Chigi, sono molto assenti. Sono molto più attenti al mondo del patronato e dei centri autorizzati di assistenza fiscale. Ricordiamo che il nostro è un Paese particolare. Noi obblighiamo tutti i lavoratori a iscriversi all’Inps, ma se questi hanno bisogno dell’Inps quest’ultimo non c’è in forma diretta, serve un intermediario. Bisogna rivolgersi ai patronati sindacali o ai centri autorizzati di assistenza fiscale. In questo caso, sì che c’è una forma di ricavo per le sigle di lavoratori. Perché di solito bisogna fare la tessera del sindacato per usufruire dei servizi. Del resto, i cittadini che non possono rivolgersi all’Inps, all’Inail o all’Agenzia delle entrate finiscono per andare in questi centri che sono perlopiù gestiti da Cigl, Cisl, Uil e Acli. D’altronde, il fondo pensione non produce tessere o incassi per le unioni di lavoratori. Il centro autorizzato di assistenza fiscale o il patronato sì. Basta dare uno sguardo agli iscritti della Cgil per notare che più della metà è fatta da pensionati. Non perché avessero tutta questa intenzione di iscriversi al sindacato, ma perché quando è il momento di andare in pensione e non potendo fare la pratica all’Inps - magari non avendo nemmeno lo Spid o dimestichezza con le nuove tecnologie - preferiscono andare al patronato». Il servizio del patronato non è gratuito?«Certo. Il servizio del patronato è gratuito, ma spesso i sindacati chiedono l’iscrizione per gestire le pratiche previdenziali. Pochi euro al mese, per 12 mesi per un milione di iscritti possono rappresentare una commissione di gestione non di poco conto. In più si ha una rappresentatività importante perché è come se si delegassero le questioni previdenziali ai sindacati e quindi questi acquistano un potere importante. Certo, ci tengo a precisare che i patronati sono veramente bravi e le pratiche le fanno veramente bene. Viene però da chiedersi: è normale che lo Stato ti obblighi a versare contributi per 40 anni e poi, in caso di necessità, si debba essere costretti a rivolgersi a un intermediario?».
(Totaleu)
Lo ha dichiarato l'europarlamentare della Lega Roberto Vannacci durante un'intervista al Parlamento europeo di Bruxelles.