2025-06-15
Per il cambio di regime bisogna unire i ribelli
Leadership anziane e impopolari, vertici decimati dai raid: per la Repubblica sciita potrebbe essere prossima la fine? Netanyahu chiama apertamente alla rivolta, ma i gruppi di opposizione sono pochi e divisi, mentre i pasdaran restano forti.L’ampia operazione militare intrapresa da Israele contro l’Iran sta spingendo la Repubblica islamica verso una crisi strategica senza precedenti, evidenziando le fragilità profonde dei meccanismi di intelligence e sicurezza che per quasi quarant’anni hanno garantito la tenuta del potere dell’ayatollah Ali Khamenei. La guida suprema, ormai ottantacinquenne e afflitta da gravi problemi di salute, si trova al centro di una delicata crisi di leadership. Le opzioni sul tavolo vanno da una possibile escalation bellica - che rischierebbe però di scatenare una risposta ancora più devastante da parte israeliana - fino all’ipotesi di aperture diplomatiche sul nucleare, che i circoli più oltranzisti del regime considerano un’umiliazione. Un eventuale attacco contro forze americane o interessi occidentali nel Mar Rosso, inoltre, potrebbe provocare una reazione militare diretta degli Stati Uniti. Per decenni, Khamenei ha esteso la proiezione strategica dell’Iran in Medio Oriente facendo leva sui Guardiani della rivoluzione islamica e su una fitta rete di milizie sciite. All’interno del Paese il suo potere si è retto su una combinazione di lealtà ideologica, repressione sistematica e controllo capillare della società. Oggi, però, quel sistema di potere mostra segni evidenti di cedimento, messo alla prova da un confronto militare. Ma esiste davvero la possibilità di una sorta di «regime change» a Teheran? Gli israeliani da decenni perseguono questo obbiettivo vista la costante minaccia nucleare iraniana e le parole di Benjiamin Netanyahu di ieri sono molto indicative: «La nostra battaglia non è rivolta contro il popolo iraniano, ma contro il regime islamico assassino che lo opprime e lo riduce in miseria». È arrivato il momento che il popolo iraniano si raccolga attorno alla propria bandiera e alla propria eredità storica, lottando per la libertà contro un regime crudele e tirannico. Questa è l’occasione per far sentire la vostra voce». Chi da anni lavora per il cambio di regime a Teheran è certamente il Mossad senza dimenticare la Cia e i servizi segreti sauditi che (discretamente), non hanno mai fatto mancare il loro supporto. Secondo Alberto Pagani, docente di terrorismo internazionale ed esperto di sicurezza, la situazione è molto complessa: «Non credo nella possibilità di cambiare il regime solamente dall’esterno, ma è evidente che il cambio di regime a Teheran rivoluzionerebbe la geopolitica del Medio Oriente, e del mondo intero. Perché questo succeda però ci vuole una sollevazione popolare, dei giovani iraniani, di coloro che hanno manifestato contro la dittatura degli ayatollah nel movimento “donna, vita, libertà” Sicuramente il regime non gode più, ormai da molto tempo, del consenso della stragrande maggioranza del popolo persiano. La vera incognita è se il popolo saprà sfruttare questa finestra di opportunità per spezzare il giogo della dittatura e avviare un nuovo corso per il futuro dell’Iran. Sicuramente questo scenario preoccupa molto i russi e i cinesi, che non staranno con le mani in mano, ma in Siria non sono riusciti ad evitare il collasso di Bashar Assad». Secondo fonti concordanti la partita per la successione di Ali Khamenei è già iniziata da tempo. A contendersi il ruolo più delicato del regime sono figure interne all’establishment religioso e politico, mentre i pasdaran lavorano per assicurarsi che il prossimo leader sia allineato ai loro interessi. Il nome che circola con maggiore insistenza nei corridoi del potere è quello di Mojtaba Khamenei, secondogenito del leader supremo. Teologo formato a Qom e figura schiva, Mojtaba Khamenei non ha mai ricoperto incarichi ufficiali di rilievo, ma da anni ha un’influenza decisiva sugli apparati di sicurezza e intelligence. La sua vicinanza ai pasdaran e il controllo discreto su parti strategiche del regime lo rendono un candidato forte. Tuttavia, la sua ascesa comporterebbe una svolta dinastica che molti religiosi conservatori potrebbero rifiutare: la Guida suprema non è un re e l’idea di una successione ereditaria rischia di minare la legittimità stessa del sistema. Tra i nomi ancora in lizza figura quello di Sadeq Larijani, già presidente del sistema giudiziario e attuale membro dell’Assemblea degli esperti, l’organo preposto alla nomina della Guida suprema. Meno centrale ma ancora presente nello scenario è Ahmad Khatami, esponente del clero ultraconservatore, noto soprattutto per le sue prediche del venerdì nella capitale. In ogni caso, il ruolo decisivo spetterà ai pasdaran. La loro centralità nella sicurezza interna, nel tessuto economico e nella proiezione estera - in particolare in Siria, Iraq e Libano - li colloca come arbitri fondamentali nella contesa per la successione. Ipotizzando pero’ che il regime possa davvero cadere non va dimenticato che l’Iran di oggi, al pari di quello medievale, non può essere considerato un semplice Stato-nazione, ma un impero composito, eterogeneo sul piano etnico, linguistico (si parlano 75 lingue) e culturale. I persiani rappresentano circa la metà della popolazione complessiva, mentre l’altra metà è formata da minoranze che conservano una marcata identità etnica, distinta e spesso distante da quella persiana. Come scrive su Memri lo studioso curdo Himdad Mustafa, «c’è bisogno di un’organizzazione esterna all’Iran progettata per unire l’opposizione iraniana attorno a una piattaforma comune. Ci sono tentativi da parte di questi gruppi di unirsi, ma sostenere un fronte unito e potente contro il regime iraniano richiederebbe un sostanziale sostegno politico esterno. Sostenere questi gruppi etnici significa proteggere gli interessi strategici occidentali non solo in Medio Oriente. La Cina ha adocchiato il Belucistan, ad esempio, per il suo porto di Gwadar, al fine di promuovere il Corridoio economico Cina-Pakistan (Cpec) nell’ambito della sua iniziativa Belt and Road. Se sostenuto dall’Occidente, il Belucistan può rappresentare un avamposto strategico non solo per contrastare la Repubblica islamica dell’Iran, ma anche le ambizioni egemoniche della Cina».
«Haunted Hotel» (Netflix)
Dal creatore di Rick & Morty arriva su Netflix Haunted Hotel, disponibile dal 19 settembre. La serie racconta le vicende della famiglia Freeling tra legami familiari, fantasmi e mostri, unendo commedia e horror in un’animazione pensata per adulti.