2020-04-14
Per gli esperti la campanella suonerà solo a settembre. L’anno scolastico è già finito
Il presidente del Consiglio superiore di sanità dà la notizia da Fabio Fazio. E passa la palla a Lucia Azzolina, lasciando l'Italia nel dubbio. Paola De Micheli: «Uffici aperti a orari flessibili».La campanella non suonerà certo a breve, e se fosse per il professor Franco Locatelli resterebbe muta per i prossimi cinque mesi. Per poi riprendere a trillare direttamente a settembre, in occasione dell'apertura dell'anno scolastico 2020/2021. Uno scenario buttato lì così, con nonchalance, dal presidente del Consiglio superiore di sanità non già durante una meditabonda riunione del comitato tecnico-scientifico, né durante un'audizione parlamentare ma chiacchierando amabilmente con Fabio Fazio durante la trasmissione Che tempo che fa su Rai 2. «Personalmente penso che si possa fare una riflessione per posporre la riapertura delle scuole al prossimo anno», ha detto Locatelli seduto sulla poltrona del salotto buono della televisione italiana. Tuttavia ha precisato - bontà sua - che accogliere o meno questa raccomandazione «spetta al governo e al ministro dell'Istruzione». Allargando il discorso a una futuribile fase 2, Locatelli ha spiegato inoltre che «il test di sieroprevalenza è fondamentale per acquisire informazioni su quale percentuale ha sviluppato anticorpi e su questo è in via definitiva la validazione dei test per scegliere quale applicare, siamo a buon punto per selezionare il migliore».Il presidente del Css si è detto preoccupato, inoltre, «se si abbandonano i comportamenti individuali che ci hanno portato a limitare il numero dei ricoverati e ridurre il numero dei morti». Quale via d'uscita, allora? Nessuna specifica, se non una considerazione di carattere generale: «Se chiudere le attività produttive e attuare il distanziamento sociale e la limitazione delle libertà personali è stato doloroso, riaprire senza che il Paese torni nell'emergenza è un'operazione delicata».Delicata è però pure la situazione che stanno vivendo 7,5 milioni di famiglie che, dal 9 marzo, data del primo decreto della presidenza del Consiglio, si sono sostituite agli insegnanti ingegnandosi, come possibile, per mantenere in vita la teledidattica, anche in assenza di attrezzature idonee, e per far proseguire il percorso di studi dei figli. Famiglie che non hanno trovato sponda né chiarimenti né aiuti nel confuso governo giallorosso, come già dimostrato in occasione della polemica sugli esami di maturità. Governo che, di fronte alla «bomba» lanciata da Locatelli ha deciso di attuare una strategia del silenzio assai sospetta. Per la presidente della commissione parlamentare per l'infanzia e l'adolescenza, Licia Ronzulli, è necessario invece essere trasparenti sull'argomento. «Il governo dica chiaramente se è così, chiarisca subito se per quanto riguarda le lezioni in classe l'anno scolastico può dirsi concluso e se intende dunque accogliere la proposta di Locatelli», ha spiegato la parlamentare. Che ha rivolto un pensiero proprio ai nuclei in difficoltà con uno o entrambi i genitori lavoratori. «Arrivare fino alla scadenza delle attuali restrizioni per prorogarle non aiuta di certo le famiglie a organizzarsi, specie quelle con minori che hanno l'evidente necessità, oltre che il diritto, di sapere in tempo utile se i propri figli dovranno continuare a studiare autonomamente a casa fino alla fine dell'anno scolastico in corso o meno». Di organizzazione, o meglio di riorganizzazione, parla anche il segretario della Flc Cgil Francesco Sinopoli facendolo, però, come se fosse già dato per estinto, anzitempo, l'anno scolastico in corso. «Bisogna aprire quanto prima un confronto anche con le parti sociali, perché il prossimo non sarà un anno ordinario, il rientro nelle aule richiederà un grande impegno. Bisogna iniziare a lavorare il più presto possibile, siamo già in ritardo». A sorpresa si schiera a favore del prosieguo del lockdown scolastico, dopo averlo mitigato per le altre attività, anche il governatore del Veneto, Luca Zaia. «Per me riaprire le scuole sarebbe un errore: significa masse di ragazzi che si muovono, e in ambienti confinati come un'aula, quindi pericoloso. Non possiamo permetterci una nuova accelerazione del virus».Incertezza sulle decisioni da assumere anche all'estero tranne in Danimarca dove, partendo da domani e fino al 20 aprile, riapriranno a scaglioni prima gli asili e poi le elementari. Poche idee sulla ripresa dell'insegnamento nella Spagna di Pedro Sánchez malgrado l'alleggerimento delle misure e il numero di contagi esploso nelle ultime settimane. In Austria, uno dei pochi Paesi europei ad aver realizzato un piano operativo per la fase 2 che prenderà il via già nei prossimi giorni, è difficile che si torni tra i banchi prima delle vacanze estive. Così come in Francia dove è probabile che le classi riaprano direttamente a settembre. A proposito di fase 2, il nostro ministro dei Trasporti, la democratica Paola De Micheli, intervenendo a Un giorno da pecora, ha annunciato che dovremo «immaginare una società dove non tutti vanno e tornano a lavorare allo stesso orario, a orari flessibili soprattutto negli uffici pubblici». Con un'inevitabile ricaduta anche sui mezzi pubblici. Tant'è che, ha aggiunto, «dobbiamo immaginare l'applicazione delle nuove tecnologie, ad esempio per verificare il livello di riempimento di un bus, per valutare le capienze massime». Facile a dirsi.