
Durante la crisi servono risorse «a perdere» per coprire il fabbisogno. Francoforte può assorbire passività nel bilancio, come nel 2008, e come si appresta a fare la Fed. Cancellandole nel tempo grazie all'inflazione. In tutto il mondo gli Stati devono fare debito extra per coprire il fabbisogno finanziario d'emergenza attraverso garanzie al credito ed erogazioni dirette. Parte di queste risorse dovrà essere necessariamente «a perdere». Pertanto lo scenario mostra due rischi prospettici combinati di destabilizzazione finanziaria e sociale a seguito di una depressione duratura: un debito eccessivo a carico degli Stati che ne inibisce l'allocazione di risorse di sviluppo e tutela e una sua quota non ripagabile. Prima di questi c'è un terzo rischio che riguarda specificamente il più delle nazioni dell'Eurozona e, in particolare, l'Italia: i limiti regolamentari all'indebitamento riducono garanzie ed erogazioni d'emergenza. Una ripresa rapida e piena delle attività interrotte dal blocco precauzionale sarebbe la migliore soluzione per la riduzione di tali rischi. Infatti tutte le nazioni stanno cercando di farlo. Ma il periodo di convivenza con il virus prima del vaccino, e della sua somministrazione globale di massa, è al momento previsto piuttosto lungo dalla maggior parte degli esperti: dai 12 ai 18 mesi. In questo periodo la ripresa sarà rallentata e selezionata dalle precauzioni e avrà bisogno di sostegni a debito. Gli Stati dovranno poterli dare in quantità proporzionali al fabbisogno e ciò fa prevedere, appunto, una quantità di debito insostenibile per tutte le nazioni, e una percentuale di questo non ripagata dal ciclo delle garanzie. Soluzioni? Quella di convogliare con remunerazione una fetta del risparmio liquido italiano (1.200 miliardi) in un fondo statale di intervento, quindi non a debito, va considerata, ma ha debolezze. In generale, la migliore è che le Banche centrali assorbano nel loro bilancio, comprandolo, una buona parte del debito emesso dagli Stati, poi sterilizzandolo e alla fine cancellandolo. Possibile? In parte, il meccanismo è già stato sperimentato per la gestione dell'indebitamento a seguito della crisi finanziaria del 2008 attraverso l'allentamento quantitativo: una Banca centrale compra debito, permettendo a uno Stato di farne quanto serve, e poi lo trattiene nel suo bilancio riducendone i costi. La statunitense Fed, di fatto, si sta preparando a questa soluzione che permetterà allo Stato di indebitarsi fino a 6.200 miliardi di dollari, di più se serve (e servirà), coprendo il fabbisogno. Evidentemente nel dopo crisi dovrà trattenere buona parte di questo extradebito nel suo bilancio, sterilizzandolo, così garantendo la ripagabilità del restante (oltre il 100% del Pil) e, soprattutto, permettendo al governo interventi «a perdere» in un'economia che li richiede. Trattenere a lungo nel bilancio di una Banca centrale titoli di debito a cedola fissa implica la possibilità di cancellarli via inflazione nei decenni. Il Giappone ha scelto da tempo la strada della sterilizzazione tenendo il debito (257% del Pil) in mani solo nazionali. Ma è lo stampatore di denaro via monetizzazione del debito il soggetto più solido per la sterilizzazione e cancellazione del debito stesso, cioè il vero «prestatore di ultima istanza». Anche la Bce si sta rendendo conto che tale funzione debba essere illimitata, espandendo la strada aperta da Mario Draghi nonostante l'opposizione rigorista - e stupidista sul piano tecnico - tedesca e il divieto statutario di monetizzazione (e di garanzia) dei debiti nazionali. La Bce ha già annunciato la disponibilità ad acquistare quasi 1.000 miliardi sia di debiti nazionali, abrogando il limite delle quote nazionali per favorire i più inguaiati, tra cui l'Italia, sia di altre obbligazioni, non escludendo estensioni del sostegno. In particolare, trattiene già nel suo bilancio centinaia di miliardi di debito italiano. Se trattenesse anche quelli di extradebito l'Italia potrebbe trovare subito le risorse reali d'emergenza che servono e mantenere la fiducia sul debito stesso da parte del mercato, ora oscillante, grazie alla garanzia di fatto della Bce. Questa sostituirebbe, nelle contingenze, la necessità di eurobond: infatti l'Italia dovrebbe rinunciare a chiederli, evitando un conflitto perdente con la Germania - perché in Consiglio serve l'unanimità - in cambio di un potenziamento delle garanzie Bce dove il voto è a maggioranza e la Germania in minoranza.flessibilità Servirebbero modifiche di prassi dello statuto Bce, per esempio poter trattenere in bilancio i titoli per decenni invece che per tre anni, in sostanza sterilizzandoli. Ma quanta carta debitoria può assorbire il bilancio di una Banca centrale? Le ricerche sono in corso nel mondo - chi scrive vi partecipa - e le sensazioni preliminari sono che ne possa assorbire (e smaltire) tanta. Lo statuto della Bce, però, resterà rigido? In realtà prevede eccezioni che l'abilità tecnico-diplomatica potrà allargare. Per tale motivo sarebbe preferibile che Banca d'Italia prendesse la supervisione di questa azione verso la Bce, concordandola con altri dell'eurosistema, ma in combinazione con la politica economica nazionale, fino al punto di valutare la sostituzione dell'attuale ministro dell'Economia con una figura suggerita al Quirinale da parte di Banca d'Italia stessa, ingaggiandola nella gestione della crisi con le sue risorse di competenza. Dopo l'annuncio surreale che c'erano 400 miliardi di garanzie per il credito in realtà inapplicabili, è evidente che ci voglia all'Economia un ministro che la capisca. Meglio se in un governo d'emergenza di unità nazionale che sostituisca quello dell'ammuina.www.carlopelanda.com
Nadia e Aimo Moroni
Prima puntata sulla vita di un gigante della cucina italiana, morto un mese fa a 91 anni. È da mamma Nunzia che apprende l’arte di riconoscere a occhio una gallina di qualità. Poi il lavoro a Milano, all’inizio come ambulante e successivamente come lavapiatti.
È mancato serenamente a 91 anni il mese scorso. Aimo Moroni si era ritirato oramai da un po’ di tempo dalla prima linea dei fornelli del locale da lui fondato nel 1962 con la sua Nadia, ovvero «Il luogo di Aimo e Nadia», ora affidato nelle salde mani della figlia Stefania e dei due bravi eredi Fabio Pisani e Alessandro Negrini, ma l’eredità che ha lasciato e la storia, per certi versi unica, del suo impegno e della passione dedicata a valorizzare la cucina italiana, i suoi prodotti e quel mondo di artigiani che, silenziosi, hanno sempre operato dietro le quinte, merita adeguato onore.
Franz Botrè (nel riquadro) e Francesco Florio
Il direttore di «Arbiter» Franz Botrè: «Il trofeo “Su misura” celebra la maestria artigiana e la bellezza del “fatto bene”. Il tema di quest’anno, Winter elegance, grazie alla partnership di Loro Piana porterà lo stile alle Olimpiadi».
C’è un’Italia che continua a credere nella bellezza del tempo speso bene, nel valore dei gesti sapienti e nella perfezione di un punto cucito a mano. È l’Italia della sartoria, un’eccellenza che Arbiter celebra da sempre come forma d’arte, cultura e stile di vita. In questo spirito nasce il «Su misura - Trofeo Arbiter», il premio ideato da Franz Botrè, direttore della storica rivista, giunto alla quinta edizione, vinta quest’anno da Francesco Florio della Sartoria Florio di Parigi mentre Hanna Bond, dell’atelier Norton & Sons di Londra, si è aggiudicata lo Spillo d’Oro, assegnato dagli studenti del Master in fashion & luxury management dell’università Bocconi. Un appuntamento, quello del trofeo, che riunisce i migliori maestri sarti italiani e internazionali, protagonisti di una competizione che è prima di tutto un omaggio al mestiere, alla passione e alla capacità di trasformare il tessuto in emozione. Il tema scelto per questa edizione, «Winter elegance», richiama l’eleganza invernale e rende tributo ai prossimi Giochi olimpici di Milano-Cortina 2026, unendo sport, stile e territorio in un’unica narrazione di eccellenza. A firmare la partnership, un nome che è sinonimo di qualità assoluta: Loro Piana, simbolo di lusso discreto e artigianalità senza tempo. Con Franz Botrè abbiamo parlato delle origini del premio, del significato profondo della sartoria su misura e di come, in un mondo dominato dalla velocità, l’abito del sarto resti l’emblema di un’eleganza autentica e duratura.
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A rischiare di cadere nella trappola dei «nuovi» vizi anche i bambini di dieci anni.
Dopo quattro anni dalla precedente edizione, che si era tenuta in forma ridotta a causa della pandemia Covid, si è svolta a Roma la VII Conferenza nazionale sulle dipendenze, che ha visto la numerosa partecipazione dei soggetti, pubblici e privati del terzo settore, che operano nel campo non solo delle tossicodipendenze da stupefacenti, ma anche nel campo di quelle che potremmo definire le «nuove dipendenze»: da condotte e comportamenti, legate all’abuso di internet, con giochi online (gaming), gioco d’azzardo patologico (gambling), che richiedono un’attenzione speciale per i comportamenti a rischio dei giovani e giovanissimi (10/13 anni!). In ordine alla tossicodipendenza, il messaggio unanime degli operatori sul campo è stato molto chiaro e forte: non esistono droghe leggere!
Messi in campo dell’esecutivo 165 milioni nella lotta agli stupefacenti. Meloni: «È una sfida prioritaria e un lavoro di squadra». Tra le misure varate, pure la possibilità di destinare l’8 per mille alle attività di prevenzione e recupero dei tossicodipendenti.
Il governo raddoppia sforzi e risorse nella lotta contro le dipendenze. «Dal 2024 al 2025 l’investimento economico è raddoppiato, toccando quota 165 milioni di euro» ha spiegato il premier Giorgia Meloni in occasione dell’apertura dei lavori del VII Conferenza nazionale sulle dipendenze organizzata dal Dipartimento delle politiche contro la droga e le altre dipendenze. Alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, a cui Meloni ha rivolto i suoi sentiti ringraziamenti, il premier ha spiegato che quella contro le dipendenze è una sfida che lo Stato italiano considera prioritaria». Lo dimostra il fatto che «in questi tre anni non ci siamo limitati a stanziare più risorse, ci siamo preoccupati di costruire un nuovo metodo di lavoro fondato sul confronto e sulla condivisione delle responsabilità. Lo abbiamo fatto perché siamo consapevoli che il lavoro riesce solo se è di squadra».





