
Romano Prodi, Mario Monti, il Cav: pesi massimi in campo per la firma dell'Italia. Ma siccome molti fattori indicano rischi gravi, bisogna ignorarli come insegnava «1984». Il più esperto nella pratica: il premier Giuseppi.«L'addestramento implicava anche una sorta di ginnastica mentale, vale a dire l'abilità nel fare in un dato momento un uso raffinatissimo della logica, per poi passare un attimo dopo alla cecità di fronte agli errori logici più marchiani. La stupidità era indispensabile quanto l'intelligenza, ed era altrettanto difficile ad acquisirsi». George Orwell parlava anche del Mes, e dell'allucinazione prodotta in vaste parti del dibattito pubblico, che oscilla tra assoluta trascuratezza e incapacità a riconoscere elementi stridenti con un pensiero semplificato che il grande scrittore inglese ha trasformato in capolavoro letterario.La prima cortina fumogena è quella sul passato: accapigliarsi per giorni su chi abbia concepito, battezzato e allevato il Meccanismo europeo di stabilità serve soprattutto a obliterare la domanda su cosa sia e se serva oggi. Malgrado le polarizzazioni recenti non aiutino a cogliere la portata dei problemi, è difficile negare che l'armata pro Mes sia più costretta di altri dalla realtà a impegnarsi nella «ginnastica» mentale di 1984. Tenere insieme tutto è obiettivamente un'impresa: in primis occorre far finta che l'evoluzione del Fondo Salva stati non sia quello che è, ovvero uno strumento per Paesi «che già si trovino o rischino di trovarsi in gravi problemi finanziari», come recita il trattato che lo istituisce.La cecità selettiva aiuta a ribaltare la prospettiva: e infatti assistiamo a un ex presidente della Commissione come Romano Prodi che, rimanendo serio, ha affermato: «Non è mica una gran cosa, però è un prestito a bassissimo tasso di interesse, a lunghissimo periodo... Di 30 miliardi più o meno. Ma come facciamo a dire di no?». Su alcuni quotidiani la narrativa è assecondata: si parla di «cadeaux» dell'Europa, di soldi «gratis et amore dei». Frasi inconcepibili, perché di fatto non è chiaro nulla (il documento dell'Eurogruppo non ha valore effettivo, anche se indica la coralità di intenti di tutti i ministeri economici, Italia compresa), se non che le linee di credito sono attivate «secondo le indicazioni del Mes», pensate per Paesi che perdono l'accesso ai mercati e vanno «regolamentati» e monitorati per rimetterli in riga e tutelare il creditore. E siccome i trattati non si cambiano in poche settimane, queste condizioni non sono amovibili. Ma per spingere l'Italia a impegnarsi, evidentemente, vale tutto, compreso far passare il concetto - avallato anche da Silvio Berlusconi, vittima meno di nove anni fa degli stessi metodi - che quella del Mes sia un'«offerta che non si può rifiutare» per un Paese a corto di liquidità. Sulla questione delle risorse si consuma in effetti uno dei più spettacolari ribaltamenti della realtà, di dimensioni quasi letterarie. Mentre infatti il governo stesso riconosce di non aver fatto il necessario in termini di immissione di risorse nel sistema (e avrebbe potuto farlo, facendo subito deficit come tutti), si continua ad avallare l'idea di uno stato senza denaro, che dovrebbe essere lesto a cogliere la mano tesa da Klaus Regling. Lo stesso ribaltamento è in atto sullo spread. Perfino Citigroup, nota congrega di sovranisti, ha inviato un recente report agli investitori che dice l'ovvio: la «seniority» dei crediti accesi dal Mes impone il loro pagamento come prioritario rispetto al resto del debito. La conseguenza è evidente: «I costi di gestione del pregresso potrebbero erodere completamente i benefici del nuovo debito più economico». Con tanti saluti a Prodi e ai sostenitori della grande convenienza del Mes, ai quali peraltro pare sfuggire che con un «normale» debito finanziato dalla Banca centrale gli interessi sui titoli acquistati vengono girati al Tesoro sotto forma di dividendi, azzerando anche questi presunti vantaggi del Fondo. In sintesi: è il ricorso al Mes a poter causare l'aumento dello spread e, in linea teorica, più probabilità di default. Invece Giampaolo Galli, ex Pd ora sodale di Carlo Cottarelli, invita a «smetterla con la lagna del no Mes», sennò sale lo spread.Lo stesso report di Citi smonta anche il «legame virtuoso» tra Mes e Omt, ovvero il programma di acquisto titoli della Bce che molti hanno descritto come la panacea di tutti i mali. La stessa megabanca scrive che si tratta di un programma selettivo, limitato nel tempo e sottoposto a forti condizionalità: quella delle Omt è una «very bad idea», si legge.Quando queste «minuzie» tecniche passano al linguaggio caotico della politica, riecco il bispensiero. L'8 aprile 2020, nove giorni fa, la pagina Facebook del Pd scandiva: «Siamo con Conte. Senza se, senza ma. L'Italia non arretra di un millimetro. Perché Europa, la nostra Europa, significa condivisione. La scelta dei coronabond è l'unica sostenibile. Il Mes non è adatto e gli altri strumenti son già stati utilizzati». Oggi il Pd ha minacciato di abbattere Conte se non farà ricorso al Mes, e solo l'incredibile assenza di passaggio in Aula nasconderà questa tensione politica almeno fino al 23 aprile, data del Consiglio europeo. Meglio dell'Eurasia. Simmetricamente, il M5s - salito al governo nel 2018 con un programma che prevedeva l'abolizione del Mes - è schiacciato tra proclami - «Non lo attiveremo, discorso chiuso» - e un ben più prudente comportamento in Aula, funzionale al silenzio imposto dal Pd.Ma a rendere orgoglioso Orwell deve essere più di ogni altro il premier: un po' di ipocrisia in politica è funzionale e fisiologica, ma sul Mes Giuseppe Conte è passato da rivendicare di aver fatto saltare un consesso europeo pur di toglierlo di mezzo a scandire in conferenza stampa: «Mes no», quindi ad accusare l'attuale opposizione di averlo voluto dopo che il suo ministro dell'Economia l'aveva approvato all'Eurogruppo, fino alla dichiarazione: «Discussione inutile. Alla fine valuteremo le condizioni». Come se la cara vecchia «analisi costi benefici» fosse stata promessa dopo l'inaugurazione della Tav.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.