2025-02-17
Per dessert o dopo i pasti Regione che vai, vino passito che trovi
Si ottiene facendo disidratare gli acini sulla pianta oppure dopo la vendemmia Servito in calici piccoli, è un’ottima alternativa «digestiva» all’amaro superalcolico.Ha fatto tanto parlare di sé per il tramite del servizio dedicatogli dalla trasmissione di Rai 3 condotta da Sigfrido Ranucci, Report, il vino passito di Pantelleria. Ma di che cosa parliamo esattamente? Un regolamento europeo del 2013 stabilisce che il vino ottenuto da uve appassite è il prodotto ottenuto, senza alcun arricchimento, da uve lasciate al sole o all’ombra per una disidratazione parziale; avente un titolo alcolometrico totale non inferiore a 16% vol. e un titolo alcolometrico effettivo non inferiore a 9% vol.; avente un titolo alcolometrico naturale non inferiore a 16% vol. (o 272 g di zucchero/l). Il vino di uve stramature è il prodotto: ottenuto senza alcun arricchimento; avente un titolo alcolometrico naturale superiore a 15% vol.; avente un titolo alcolometrico totale non inferiore a 15% vol. e un titolo alcolometrico effettivo non inferiore a 12% vol.Il Testo Unico della Vite e del Vino, articolo 31 comma 9, spiega: «Le menzioni “passito” o “vino passito” sono attribuite alle categorie dei vini a Do e Igt tranquilli, compresi i “vini da uve stramature” e i “vini ottenuti da uve passite” ottenuti dalla fermentazione di uve sottoposte ad appassimento naturale o in ambiente condizionato». Tradotto in linguaggio più colloquiale vuol dire che il vino passito si fa disidratando l’uva in maniera naturale, direttamente sulla pianta, o forzata, dopo la raccolta. Far appassire l’uva è una tecnica di conservazione molto antica (pensiamo anche all’uvetta che usiamo nei dolci), già l’appassivano e la vinificavano passita gli antichi Romani: vino passito è la traduzione italiana del latino vinum passum, passum è il participio passato del verbo pandere ossia spandere, distendere, in questo caso l’uva a seccare al sole. Le migliori uve da appassimento sono quelle con alta acidità e buccia resistente, altrimenti si crea una muffa indesiderata. Se la muffa è invece desiderata ed è un preciso tipo di muffa siamo di fronte ai vini passiti botrizzati o muffati.Molti pensano che il vino passito sia un vino speciale, ma non lo è: si vinifica come un vino normale, la sola differenza consiste nel fatto che l’uva da vinificare viene prima fatta appassire. Questo appassimento, che può avvenire su pianta o dopo vendemmia, riduce la quantità di acqua negli acini e aumenta il livello di zuccheri, di sali minerali, di acidi organici e di profumi. Il vino passito infatti è solitamente usato come vino da dessert o da meditazione.Ci sono anche i passiti liquorosi, che sono vinificati da uve appassite e poi aggiunti di un’ulteriore percentuale alcolica: un passito liquoroso molto famoso è certamente il Passito di Pantelleria Liquoroso Doc. Infine, un vino passito non è per forza un vino dolce (sono sinonimo di vino dolce le diciture vino amabile o vino abboccato): ci sono anche i vini passiti secchi. Sono pochi ma molto famosi, per esempio, lo Sforzato di Valtellina (Sfursàt) e l’Amarone.Come si passisce, allora, quest’uva? Abbiamo visto che ci sono due procedimenti, su pianta e dopo vendemmia. Si chiamano anche on vine (su vigna) e off vine (fuori vigna). Lasciare appassire l’uva su pianta significa operare una vendemmia tardiva, ritardata dai 10 ai 30 giorni, di solito, oltre la giusta data di raccolta per realizzazioni diverse dal vino passito. Quando dovremmo raccoglierla non la raccogliamo, lasciamo i raspi attaccati alla pianta onde portare i grappoli a sovramaturazione. Per farne vino non passito la dovremmo raccogliere quando i grappoli hanno raggiunto il giusto equilibrio tra acidità e concentrazione degli zuccheri, lasciandola attaccata invece «forziamo» un aumento della concentrazione zuccherina e una diminuzione dell’acidità, oltre a coadiuvare una diminuzione della quota idrica, che giovano al (e fanno il) passito. Un’altra possibilità di vino passito on vine è tramite la torsione del peduncolo del grappolo: spezzando il peduncolo, sebbene esso continui a tenere appeso il grappolo, gli acini non ricevono più nutrimento e questo amplifica il processo di appassimento che già stanno esperendo perché lasciati a penzoloni sulla vite esposti al sole e al caldo. La terza possibilità di vino passito on vine è quando si lascia che gli acini (se sono molto acidi e con buccia dura) vengano anche attaccati e «lavorati» dalla botrytis cinerea, la cosiddetta muffa nobile che rende porosa la buccia e disidrata ulteriormente gli acini. Questi vini passiti sono anche detti botritizzati o muffati. I vini passiti on vine sono di solito più dolci dei passiti off vine perché continuano a ricevere ulteriore nutrimento che fa aumentare ulteriormente il livello di zuccheri mentre i chicchi si disidratano.L’appassimento delle uve può avvenire, poi, dopo la vendemmia: è l’off vine e si può realizzare in maniera naturale oppure velocizzata. Nell’appassimento naturale, dopo la vendemmia i grappoli si fanno appassire all’aria, direttamente al sole o nei sottotetti, stesi su reti oppure appesi. L’appassimento forzato usa simili sistemi di sostegno ma all’interno di ambienti con ventilazione a circa 30 °C e umidità a circa il 60%: in questi fruttai l’appassimento dura circa 10 giorni, quello naturale anche 80. I vini da vendemmia tardiva sono considerati «poco passiti», quelli appassiti off vine sono percepiti come passiti veri e propri, anche se lo sono entrambi e per ogni passito è il disciplinare di produzione che stabilisce le modalità di appassimento.Non sono nostri, ma ci sono anche i passiti ice wine: per realizzare gli ice wines, nei Paesi molto freddi (Canada, Germania ecc.) si tagliano i grappoli e si lasciano sui tralicci fino a gennaio, in questo modo il ghiaccio fa congelare l’acqua degli acini arricchendoli in zuccheri.I vini passiti sono tanti. In Italia pressapoco ogni regione, come ha i suoi vini, ha il suo passito, il Cinque Terre Sciacchetrà Doc in Liguria, in Veneto il Passito Veneto Igt, l’Amarone della Valpolicella Docg, che è rosso e secco, e il Recioto di Valpolicella che è il suo complementare rosso ma dolce: l’Amarone ha 4-6 g di zuccheri per litro, il Recioto ne presenta 50 g per litro. E poi ci sono il Recioto di Soave Docg, bianco, squisito, sempre in Veneto, lo Sforzato di Valtellina Docg (rosso e secco) in Lombardia, il Picolit del Friuli (con pochi acini per grappolo), in Toscana l’Aleatico Passito dell’Elba Docg, c’è il Greco di Bianco in Calabria, ci sono i Muffati di Orvieto in Umbria, il Passito di Pantelleria Doc che ha anche la versione Passito di Pantelleria Liquoroso Doc, c’è il Vin Santo in Toscana, nel quale si inzuppano anche i cantucci. Il Moscato di Scanzo Docg si prepara con uve autoctone di Moscato di Scanzo ed è prodotto esclusivamente nella zona collinare del comune di Scanzorosciate, si tratta della Docg con territorio più piccolo d’Italia. Fuori Italia ci sono in Francia il Sauternes, in Ungheria il Tokaji, in Germania i Trockenbeerenauslese.Dicevamo che il vino passito è per lo più usato come vino da dessert o da meditazione. E questo è il suo pregio rispetto ai vini che si consumano durante il pasto perché se ne beve di meno. Il vino passito si beve in calici appositi e un po’ più piccoli di quelli da vino normale o anche nel bicchierino detto cicchetto. Si tratta di un post pasto tradizionale e spesso dimenticato o sottovalutato, in cui magari inzuppare dei biscottini ad hoc, come si fa, per esempio, in Toscana e nel Lazio. Un bicchierino di passito è un’alternativa ai digestivi superalcolici che sono molto più strong in termini alcolici: può essere utile recuperare questa tradizione alternandola a quella dell’amaro superalcolico per una concessione alcolica di fine pasto sì, ma molto più light. Più light sono anche le calorie: 100 g di amaro Jägermeister, per esempio, hanno 250 calorie, 14 g di carboidrati di cui 13 di zuccheri e 35° alcolici, mentre 100 g di passito di Pantelleria hanno 129 calorie, la metà spaccata dell’amaro tedesco, 13 g di carboidrati di cui 13 g di zuccheri e 13° alcolici. Tecnicamente, il vino passito non è considerato un digestivo, mentre l’amaro alle erbe sì. Ma anche qui dobbiamo considerare alcuni altri fatti. Ciò che fa davvero digerire nell’amaro non è l’amaro in sé, ma le erbe che in esso sono infuse. Nonostante siano considerati digestivi, amari e distallati contengono molto alcol e molto zucchero che a ben guardare non aiutano la digestione, anzi la rallentano, diventando essi stessi ulteriore materia, non proprio leggera, di digestione. Il fatto che il passito sia leggero la metà dell’alcol lo rende un alcolico più adatto alla digestione dell’alcolico considerato digestivo canonico, amaro o distillato, perché aggiunge al pasto solo la metà dell’alcol del digestivo canonico a fronte di più o meno uguale zucchero nella versione dolce e anche meno in quella secca rispetto ad un amaro e quindi, di fatto, è materia minore e più leggera da digerire. Non ci dimentichiamo che l’alcol può essere anche irritante per il nostro stomaco, quindi assumerne meno a fine pasto, pur concedendosi l’abitudine di un pochino di alcol per (più come fantasia che come realtà) digerire, è sicuramente positivo.