2020-02-24
Per costruire l’uomo libero da tutto ci siamo ritrovati soli e senza senso
Nel nuovo saggio Mattia Ferraresi indaga le inevitabili contraddizioni del liberalismo: un sistema pensato per l'affrancamento da ogni vincolo è diventato una macchina che sforna individui sradicati e senza eredi.La sintesi più efficace del tortuoso percorso che dall'apparizione dell'individuo moderno ha portato ai tormenti della condizione odierna l'ha coniata l'opinionista del Washington Post Christine Emba: «Il liberalismo è solitudine». Definizione ellittica ma puntuale.Emba ha tratto questa stringata conclusione recensendo il libro dell'intellettuale conservatore Patrick Deneen Why Liberalism Failed, caso editoriale degli ultimi anni, che non si occupa di solitudine ma sviscera i presupposti che l'hanno innescata. Quando Deneen parla di liberalismo non intende una certa idea politica né si riferisce alla sinistra, come potrebbe dedurre chi pensa al termine liberal nel senso in cui lo usano gli americani. L'idea liberale sono gli occhiali che più o meno ogni occidentale contemporaneo indossa per guardare il mondo. Lenti velate di rosa, che restituiscono ogni cambiamento sociale come progresso buono e irreversibile. La tesi è che gli occhiali si sono rotti: le cose appaiono un po' meno vivide, ma più fedeli alla realtà. Commenta Emba: «Il liberalismo è progredito liberando in modo sempre più efficace l'individuo da «particolari luoghi, relazioni, appartenenze e anche identità - a meno che non siano scelte, indossate come abiti leggeri e possano essere riviste o abbandonate a piacere». Nel processo, ha raschiato via dallo scenario moderno tutto ciò che può avere un significato e una connessione stabile: la cultura è stata disintegrata, i legami famigliari svalutati, le connessioni con il passato recise, è scomparsa una concezione del bene comune. E alla fine ci siamo ritrovati tutti terribilmente soli.La visione liberale di pensatori come Hobbes, Locke e Mill non ha prodotto l'individuo moderno, ma ha contribuito a costruire un sistema a sua immagine. I pilastri di questo sistema sono lo stato e il mercato, entità che vengono presentate come in radicale opposizione soltanto da chi non vuole vederne la comune origine. Il mercato offre, con modalità sempre più sofisticate e convenienti, l'acquisto di beni per compensare i legami tradizionali perduti. Lo stato dispone una rete di sicurezza per chi non può permetterseli. Soffrite di solitudine? Ecco il co-working e il co-living, dove potrete vivere e lavorare in compagnia consumando pasti monoporzione. Costano troppo? Ecco il ministero della Solitudine e le cure convenzionate con il sistema sanitario nazionale per fronteggiare l'emergenza.Ma «lo stato non è nostro fratello, il mercato non è il nostro compagno», scrive Emba: un apparato che a livello collettivo ha prodotto uno straordinario, mastodontico miglioramento delle condizioni di vita dell'intera umanità, diffondendo prosperità e strappando centinaia di milioni di esseri umani dall'indigenza, a livello dell'esperienza individuale non ha colmato i vuoti dell'esistenza. [...] La solitudine è stata non già il prezzo della liberazione, ma una manifestazione della sua essenza.Una decisiva estensione della concezione liberale è avvenuta all'inizio degli anni Settanta del secolo scorso. L'accelerazione è legata soprattutto al nome di John Rawls, il filosofo americano che è stato il «rifondatore» del liberalismo contemporaneo. Rawls si è affannato per sottolineare il carattere «procedurale» del liberalismo. Significa che lo schema del liberalismo politico è neutrale rispetto all'idea della vita buona che ogni cittadino persegue, è un'ossatura vuota, una cornice che regola la convivenza tra individui animati da preferenze e inclinazioni diverse. Allo stesso tempo, Rawls era un egalitarista, sosteneva che il liberalismo deve avere a cuore i più bisognosi. Esprimeva il concetto nel famoso «difference principle»: le disuguaglianze nella distribuzione dei beni sono giustificate nella misura in cui alleviano le sofferenze per gli ultimi nella società. Gli individui autonomi sono uniti n un tessuto sociale comune. Sono due poli in tensione. Da una parte, l'individualismo proceduralista, dall'altra il principio dell'uguaglianza, dell'armonia sociale, della cura dell'altro. Il filosofo diceva che nella società liberale gli individui «accettano di condividere la fede gli uni degli altri», ma questa condivisione con l'altro doveva avvenire a prescindere dalle inclinazioni culturali, dalle tradizioni, dai contesti, dalle concezioni della vita, dalle circostanze condivise.La complicazione, in termini di solitudine, l'ha osservata il filosofo Lawrence Cahoone in un saggio su liberalismo e solitudine: «Ci sono soltanto due modi per stabilire questa condivisione [della fede gli uni degli altri, ndr]: espandere gradualmente le connessioni locali che hanno caratterizzato tradizionalmente l'esistenza umana, oppure sostituire questi legami imponendo connessioni puramente politiche al livello più astratto, lo stato. Quest'ultimo ignora e mette a rischio le sole modalità in cui gli uomini sono riusciti storicamente a condividere la fede gli uni degli altri, affidandosi alla condivisione universale invece di quella puramente locale. È come cercare di curare la tubercolosi rimuovendo i polmoni».Il liberalismo, nella sua versione proceduralista, esaspera un soggetto individuale e autonomo che concepisce i legami ereditati dalla tradizione come impedimenti allo sviluppo libero del sé. Per affermarlo è pronto a gettare, anzi deve gettare, nel cestino della storia tutto il groviglio di elementi interpersonali, culturali e tradizionali che per secoli hanno dettato il modo in cui l'uomo si autointerpreta e si mette in relazione al mondo. «Ci aspettiamo che la traiettoria della vita individuale sia unica e autodeterminante, possibilmente non limitata da relazioni permanenti e non scelte», scrive Cahoone.Questa antropologia non può che essere ostile, o al più indifferente, all'idea di cultura, cioè a un sostrato coltivato, ereditato e trasmesso, non rivedibile a piacere o in balia delle voglie del singolo. La questione umana, per il liberalismo proceduralista, è un fatto di libertà e opportunità, afferisce alla sfera soggettiva. Un approccio che tende a privatizzare la dimensione culturale, cosa che finisce per «sostituire la cultura con il potere politico».La solitudine è un tratto essenziale e ineliminabile del liberalismo proceduralista [...].Alcuni aspetti della rivoluzione digitale illustrano l'idea della solitudine come esito delle contraddizioni liberali, da un altro punto di vista. La connessione di tutti con tutto si può descrivere come il grande processo di liberazione della parola. [...] L'economista Matt Stoller ha descritto così quella fase, che ha avuto il suo culmine nella prima metà degli anni Zero: «Si trattava di un'èra definita dalla fine della storia, in cui Google era la magia, Alan Greenspan l'oracolo e l'editorialista del New York Times Thomas Friedman aveva fissato una regola sofisticata della politica estera secondo la quale i paesi dove c'è McDonald's non si fanno la guerra fra loro». È in questo clima da apoteosi del progresso, dova basta un cheeseburger globalizzato per fare la pace, che si colloca la parola sbrigliata e ubiqua, pinnacolo di questo felice scenario.La corsa apparentemente irreversibile si è schiantata contro il muro della disillusione. Oggi il mondo è impegnato nel tentativo di limitare la comunicazione iperconnessa e senza regole. Non è più il veicolo virtuoso per chi era senza voce ma è strumento di diffusione di fake news, arma nelle mani della propaganda illiberale che influenza gli andamenti della democrazia, mezzo di incitamento alla violenza, luogo della disgregazione e del rancore social.La parola allora va disciplinata, sanzionata, controllata, il genio evocato con energici sfregamenti ora va ricacciato nella lampada. L'agglomerato di aziende tecnologiche, prima salutato come esecutore materiale del progresso, è diventato nell'immaginario collettivo una specie di riedizione del complesso militare-industriale. I suoi eroi sono sotto processo; spezzare il monopolio di big tech è uno dei pochi punti programmatici su cui si può disegnare un consenso bipartisan. La liberazione della parola che doveva unire e strappare le persone alla solitudine è stata, nella migliore delle ipotesi, un processo ambiguo che ha sguinzagliato nuove forze disgreganti. Ci si è rivolti ai meccanismi tecnologici, politici e sociali del liberalismo per risolvere una piaga che era scritta nelle premesse dell'idea liberale. E ci si è stupiti della contraddizione.