
Restare passivi o estraniarsi è suicida. Dobbiamo scrollarci di dosso la sudditanza con la Francia ed esserci sui temi che contano. Nei trattati di libero scambio e nei rapporti con gli Usa è in gioco la nostra economia.Il mondo e l'Ue si muovono, ma l'Italia resta passiva. Per evitare danni agli interessi nazionali Roma deve diventare attiva per difenderli. La politica sovranista o europeista tende a vedere l'Europa come una cosa a cui aderire acriticamente o un mostro da cui fuggire. Ambedue le posizioni sono suicide. Quella giusta perché produttiva è considerare l'Italia come azionista rilevante dell'Ue, valutare l'Ue stessa come un moltiplicatore di forza necessario per la media potenza politica italiana, ma grande e globale sul piano industriale, e utilizzare il proprio pacchetto azionario, creando le condizioni interne per valorizzarlo, allo scopo di ottenere l'effetto di moltiplicazione stessa. Poiché i politici che aspirano alla maggioranza non sembrano avere idee così chiare, prego Sergio Mattarella di ricordare loro questa realtà. Lo prego anche di considerare i seguenti suggerimenti. Emmanuel Macron ha bisogno di controllare l'Italia per sovrastare il potere tedesco e sta accelerando tale pressione. Ha costretto Paolo Gentiloni, sotto ricatto del debito, a proporre un Trattato del Quirinale per formalizzare la sudditanza di Roma a Parigi. Il nuovo governo dovrebbe annullarlo. Ma tale gesto conflittuale dovrebbe essere bilanciato da un'offerta di collaborazione paritetica alla Francia con lo scopo di far cessare una frizione decennale, se non secolare, tra le due nazioni. All'Italia non interessa una guerra tra poveri con la Francia. Interessa togliersi di dosso i francesi per operare più liberamente come azionista dell'Ue. L'Italia dovrebbe proporre uno nuovo standard europeo: ogni nazione ha il diritto di definire il proprio interesse nazionale, ma anche il dovere di comporlo con quello delle altre. Da un lato, ciò sarebbe una sfida limitativa alla diarchia franco-tedesca. Dall'altro renderebbe l'Italia tutrice delle nazioni più piccole, accorpandone le azioni, e garante di una simmetria europea che è precursore di regole comuni più adeguate. Le nazioni hanno delegato l'Ue a predisporre trattati economici esterni. Recentemente la commissione ha semplificato le procedure rendendo necessaria la sola approvazione del Consiglio intergovernativo e del Parlamento europeo per ratificare gli accordi doganali, mantenendo l'approvazione dei parlamenti nazionali per i trattati più complessi. In realtà un accordo doganale poi traina convergenze più strutturate. In tal modo la Commissione ha ridotto le possibilità di opposizione ad accordi di libero scambio. Da un lato, ciò coincide con l'interesse dell'Italia perché potenza esportatrice. Inoltre, la strategia europea è di creare un reticolo globale di accordi doganali che poi facciano evolvere un mercato mondiale eurocentrico con concorrenza leale: questo è un vero moltiplicatore di potenza per l'economia italiana. Infatti l'Ue, dopo aver siglato l'accordo doganale con il Canada (Ceta) ha da poco firmato quelli con il Giappone e Singapore, che aboliscono oltre il 90% dei dazi, e sta trattando con una decina di altre nazioni del Pacifico e con il Mercosur. Ma in tali accordi già impostati o in costruzione si osserva un gap di tutela di alcune produzioni italiane, in particolare con marchio territoriale. Infatti parecchie associazioni stanno protestando. È interesse nazionale urgente specializzare figure diplomatiche, connesse direttamente al governo, per dare piena tutela ai prodotti italiani, funzione ora non svolta pienamente per difetto di presidio tecnico e politico. Tra pochi giorni Macron e Angela Merkel incontreranno, disgiuntamente, Donald Trump e certamente uno dei temi sarà la rimozione dei dazi annunciati contro l'Ue. Il problema è che la Commissione, evidente con il consenso di Francia e Germania, ha predisposto ritorsioni contro l'America se l'accordo fallisse. E se ciò accadesse molto export italiano sarebbe a rischio. Da un lato, l'interesse della Germania coincide con quello dell'Italia. Dall'altro, Berlino può permettersi più pressione contro l'America perché ha, molto più dell'Italia, lo sbocco alternativo del mercato cinese. Inoltre è più ricattabile dell'Italia dalla Russia sul piano del rifornimento energetico. Probabilmente Merkel dirà che sarà possibile riavviare un accordo euroamericano basato sulla reciprocità solo dopo l'abbandono da parte di Trump della minaccia dei dazi. L'interesse dell'Italia è che tale accordo venga messo in calendario senza tale condizione per evitare inutili sfide all'America. Ma Roma non solo non è stata consultata sui contenuti di questi incontri, ma nemmeno ha chiesto di esserlo con la dovuta determinazione. Mi sembra doveroso richiedere l'attenzione e l'intervento urgenti del Quirinale su queste materie.www.carlopelanda.com
Ansa
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