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2023-11-15
Pensioni dei medici, anche il Mef in retro: «Interverremo»
Giancarlo Giorgetti (Imagoeconomica)
Il ciclo di audizioni sulla legge di bilancio è terminato ieri con l’intervento del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha sottolineato come nella manovra «c’è austerità nei confronti dei ministeri però è espansiva per i redditi medio bassi», dato che la maggior parte delle risorse sono state destinate al taglio del cuneo, da leggere insieme alla riduzione degli scaglioni Irpef. Misure che infatti hanno agevolato i redditi fino a 28.000 euro. Aspetto evidenziato anche da Bankitaliai. Sulla crescita Giorgetti si dice abbastanza ottimista sottolineando come «se la stima preliminare relativa al terzo trimestre dovesse essere confermata, l’obiettivo di crescita per l’anno in corso, contenuto nel Documento programmatico di bilancio (0,8%) potrebbe essere soggetto a una - sia pur contenuta - correzione al ribasso». Trascurabile sarebbe invece l’impatto sulla crescita per il 2024. Giorgetti ha poi anche voluto ricordare come molto «probabilmente la crescita non dipende nemmeno e soltanto dalle leve che hanno in mano i ministri dell’Economia dei diversi Paesi, quello che accade intorno a noi dipende da scelte e situazioni che sfuggono alla limitata dimensione economica finanziaria», andando a sottolineare il contesto internazionale con cui non solo l’Italia si deve confrontare.
Ad appesantire i conti c’è poi una questione nazionale: il Superbonus. In audizione Giorgetti ha infatti voluto ribadire come questa misura rappresenti un’emorragia che «non smette di toccare la finanza pubblica». Nel solo mese di ottobre c’è stata una spesa «per 4,2 miliardi di euro». Durante l’audizione di ieri, Giorgetti ha poi risposto alle critiche avanzate dal presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che aveva accusato il governo di aver trascurato le imprese, sottolineando che «la manovra di bilancio deve essere letta in combinato disposto proprio con il Pnrr e che ulteriori risorse per le imprese saranno disponibili in seguito all’approvazione, da parte della Commissione europea, della proposta di revisione del suddetto Piano come integrato con RepowerEu». Il ministro ha poi voluto ricordare come «gli aiuti alle imprese e al settore produttivo non si misurano solo in termini di risorse finanziarie, ma anche di procedure e strumenti a disposizione degli operatori». Il nuovo schema di garanzia, Garanzia Archimede, ha continuato il ministro, si basa su un fondo che «potrà assumere impegni entro un plafond di 60 miliardi relativo al complesso delle misure, con un limite di 10 miliardi per l’anno 2024 relativo alle sole operazioni oggetto della garanzia».
Altro tema critico sui cui il ministro ha risposto sono le pensioni dei medici. In sede di audizioni Giorgetti ha detto che «sulla vicenda dell’articolo 33, vedremo come dare una risposta, evidentemente è un problema che ci poniamo». È da ricordare infatti come la misura in legge di bilancio preveda un taglio sugli assegni spettanti degli operatori sanitari. Una modifica della norma deve dunque essere sì pensata ma in tempi brevi, anche per il problema sempre maggiore dello spopolamento dei medici e infermieri che lasciano il Ssn. Sulla questione ieri è intervenuto anche il ministro della Salute, Orazio Schillaci, che ha ribadito la sua disponibilità al confronto: «Credo nel dialogo con i medici. Credo che parlare sia sempre importante. E, comunque, cerchiamo di trovare soluzioni sul problema delle pensioni. Questo è il mio punto di vista». Schillaci ha poi ricordato che comunque la «questione è in capo al Mef». Dall’altra parte, il segretario nazionale del Nursind, Andrea Bottega, ha sottolineato che la disponibilità non basta. «La rigidità del Mef e del ministero del Lavoro sulle pensioni, infatti, non ci lasciano alternativa: nessun passo indietro, lo sciopero nazionale di venerdì 17 novembre è confermato». L’obiettivo è la revoca totale dell’articolo 33, visto che l’ipotesi di applicare il ricalcolo alle sole pensioni anticipate, escludendo quelle di vecchiaia, «andrebbe ad avvantaggiare sì i medici, ma creando una forte discriminazione con gli infermieri». Bocciata dal sindacato anche la seconda ipotesi sul tavolo del governo, cioè quella di un rinvio triennale dell’applicazione della norma contenuta in manovra: «Significa solo spostare il problema al 2027».
Sempre restando in tema di sanità, ieri il Senato ha approvato un emendamento al dl Proroghe su una mini proroga del payback al 30 novembre per i dispositivi medici. Azione che è stata approvata da Confindustria, che però chiede la messa a terra di una norma definitiva che ne preveda la cancellazione. «Ci auguriamo che il governo colga l’occasione di concludere questa vicenda prima che il Tar si esprima, prendendo politicamente in carico la soluzione al payback», dato che l’incertezza «sta logorando le imprese e sta portando a scelte forzate di riduzione dei posti di lavoro», conclude Confindustria.
Ieri inoltre l’esecutivo ha tenuto un vertice a cui hanno partecipato Giorgia Meloni, Antonio Tajani, Matteo Salvini, i ministri competenti e «in particolare» Giorgetti, «che ha riferito sullo stato della trattativa europea sulle nuove regole del Patto di stabilità».
Allarme sulle risorse per la sanità: «I fondi potrebbero non bastare»
«Il finanziamento del Ssn per il 2024 potrebbe non coprire integralmente le spese, tenendo conto del costo delle misure previste» dalla manovra. Così l’Ufficio parlamentare di bilancio ha bocciato, ieri in audizione, le risorse destinate alla sanità messe in manovra, sottolineando che ci potrebbero essere ulteriori difficoltà, «in relazione alle carenze di personale e all’impatto di eventuali nuove pressioni dei prezzi dei beni energetici sul settore sanitario». Andando avanti nella disamina, l’Upb ha evidenziato che le risorse aggiuntive stanziate sono sì sufficienti a mantenere nel 2024 l’incidenza della spesa sul Pil al livello pre pandemico (6,4 % nel 2019), ma che già allora, in termini di qualità di spesa la situazione non brillava particolarmente. Il Servizio sanitario nazionale appariva infatti già essere sottoposto a forti tensioni. Altro aspetto negativo che l’Upb sottolinea è che al momento «non si assiste ancora a quel potenziamento strutturale del Ssn che sembrava essere diventato un obiettivo condiviso nella fase dell’emergenza sanitaria».
Altri punti critici sono invece anche l’opinione che la manovra sarebbe «improntata a un’ottica di breve periodo, con interventi temporanei e frammentati» con previsioni di crescita raggiungibili «solo sotto l’ipotesi che si rafforzi consistentemente la domanda estera e che avanzino speditamente i progetti del Pnrr».
Positivo è invece il giudizio sulla misura più rilevante, il taglio del cuneo, pari a 10,7 miliardi, finanziato temporaneamente in deficit. La conferma della decontribuzione garantisce un importante supporto ai redditi da lavoro medio bassi, in particolare, sottolinea l’Upb, al reddito degli operai. Aspetti positivi anche per quanto riguarda la revisione dell’Irpef che riduce gli scaglioni da quattro a tre, aumenta la detrazione massima per redditi da lavoro dipendente equiparandola a quella relativa ai redditi da pensione e limita la detraibilità di alcuni oneri non sanitari sopra 50.000 euro di reddito (detrazioni al 19%). Nel complesso la misura, prevista per il solo 2024, assorbe risorse per 4,3 miliardi e prevede, secondo i calcoli dell’Upb, un beneficio di 75 euro annui per i redditi da lavoro dipendente tra 8.000 e 15.000. Da 15.001 a 28.000 il vantaggio aumenta progressivamente con il reddito fino a un massimo di 260 euro. Ovviamente sopra i 50.000 euro il beneficio tende ad azzerarsi per effetto del taglio delle detrazioni.
Per quanto riguarda invece la decontribuzione prevista per il triennio 2024-26 in favore delle lavoratrici con figli, gli effetti della misura si intrecciano e con quelli della decontribuzione parziale fino a 35.000 euro di retribuzione lorda «e pertanto il vantaggio risulterà più ridotto di quello che si verificherà dal 2025, quando quest’ultima non sarà più in vigore», sottolinea l’Upb. Nel complesso, la microsimulazione fatta dall’Ufficio parlamentare di bilancio mostra che le lavoratrici madri beneficeranno di una riduzione di contributi di circa 1,5 miliardi: 790 milioni dovuti alla decontribuzione parziale e la restante parte da attribuire invece alla misura specifica. Infine, sulle misure legate alla maggiorazione della deduzione per l’occupazione, l’Upb sottolinea che l’appetibilità della nuova misura dovrà essere valutata alla luce delle già esistenti decontribuzione.
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Giancarlo Giorgetti difende la norma ma apre a modifiche. Sul 110: «Conto su di altri 4,2 miliardi». Proroga fino al 30 dello stop al payback.Allarme sulle risorse per la sanità: «I fondi potrebbero non bastare». Critiche dell’Ufficio parlamentare di bilancio, che però promuove il taglio del cuneo.Lo speciale contiene due articoli.Il ciclo di audizioni sulla legge di bilancio è terminato ieri con l’intervento del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, che ha sottolineato come nella manovra «c’è austerità nei confronti dei ministeri però è espansiva per i redditi medio bassi», dato che la maggior parte delle risorse sono state destinate al taglio del cuneo, da leggere insieme alla riduzione degli scaglioni Irpef. Misure che infatti hanno agevolato i redditi fino a 28.000 euro. Aspetto evidenziato anche da Bankitaliai. Sulla crescita Giorgetti si dice abbastanza ottimista sottolineando come «se la stima preliminare relativa al terzo trimestre dovesse essere confermata, l’obiettivo di crescita per l’anno in corso, contenuto nel Documento programmatico di bilancio (0,8%) potrebbe essere soggetto a una - sia pur contenuta - correzione al ribasso». Trascurabile sarebbe invece l’impatto sulla crescita per il 2024. Giorgetti ha poi anche voluto ricordare come molto «probabilmente la crescita non dipende nemmeno e soltanto dalle leve che hanno in mano i ministri dell’Economia dei diversi Paesi, quello che accade intorno a noi dipende da scelte e situazioni che sfuggono alla limitata dimensione economica finanziaria», andando a sottolineare il contesto internazionale con cui non solo l’Italia si deve confrontare. Ad appesantire i conti c’è poi una questione nazionale: il Superbonus. In audizione Giorgetti ha infatti voluto ribadire come questa misura rappresenti un’emorragia che «non smette di toccare la finanza pubblica». Nel solo mese di ottobre c’è stata una spesa «per 4,2 miliardi di euro». Durante l’audizione di ieri, Giorgetti ha poi risposto alle critiche avanzate dal presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, che aveva accusato il governo di aver trascurato le imprese, sottolineando che «la manovra di bilancio deve essere letta in combinato disposto proprio con il Pnrr e che ulteriori risorse per le imprese saranno disponibili in seguito all’approvazione, da parte della Commissione europea, della proposta di revisione del suddetto Piano come integrato con RepowerEu». Il ministro ha poi voluto ricordare come «gli aiuti alle imprese e al settore produttivo non si misurano solo in termini di risorse finanziarie, ma anche di procedure e strumenti a disposizione degli operatori». Il nuovo schema di garanzia, Garanzia Archimede, ha continuato il ministro, si basa su un fondo che «potrà assumere impegni entro un plafond di 60 miliardi relativo al complesso delle misure, con un limite di 10 miliardi per l’anno 2024 relativo alle sole operazioni oggetto della garanzia». Altro tema critico sui cui il ministro ha risposto sono le pensioni dei medici. In sede di audizioni Giorgetti ha detto che «sulla vicenda dell’articolo 33, vedremo come dare una risposta, evidentemente è un problema che ci poniamo». È da ricordare infatti come la misura in legge di bilancio preveda un taglio sugli assegni spettanti degli operatori sanitari. Una modifica della norma deve dunque essere sì pensata ma in tempi brevi, anche per il problema sempre maggiore dello spopolamento dei medici e infermieri che lasciano il Ssn. Sulla questione ieri è intervenuto anche il ministro della Salute, Orazio Schillaci, che ha ribadito la sua disponibilità al confronto: «Credo nel dialogo con i medici. Credo che parlare sia sempre importante. E, comunque, cerchiamo di trovare soluzioni sul problema delle pensioni. Questo è il mio punto di vista». Schillaci ha poi ricordato che comunque la «questione è in capo al Mef». Dall’altra parte, il segretario nazionale del Nursind, Andrea Bottega, ha sottolineato che la disponibilità non basta. «La rigidità del Mef e del ministero del Lavoro sulle pensioni, infatti, non ci lasciano alternativa: nessun passo indietro, lo sciopero nazionale di venerdì 17 novembre è confermato». L’obiettivo è la revoca totale dell’articolo 33, visto che l’ipotesi di applicare il ricalcolo alle sole pensioni anticipate, escludendo quelle di vecchiaia, «andrebbe ad avvantaggiare sì i medici, ma creando una forte discriminazione con gli infermieri». Bocciata dal sindacato anche la seconda ipotesi sul tavolo del governo, cioè quella di un rinvio triennale dell’applicazione della norma contenuta in manovra: «Significa solo spostare il problema al 2027». Sempre restando in tema di sanità, ieri il Senato ha approvato un emendamento al dl Proroghe su una mini proroga del payback al 30 novembre per i dispositivi medici. Azione che è stata approvata da Confindustria, che però chiede la messa a terra di una norma definitiva che ne preveda la cancellazione. «Ci auguriamo che il governo colga l’occasione di concludere questa vicenda prima che il Tar si esprima, prendendo politicamente in carico la soluzione al payback», dato che l’incertezza «sta logorando le imprese e sta portando a scelte forzate di riduzione dei posti di lavoro», conclude Confindustria.Ieri inoltre l’esecutivo ha tenuto un vertice a cui hanno partecipato Giorgia Meloni, Antonio Tajani, Matteo Salvini, i ministri competenti e «in particolare» Giorgetti, «che ha riferito sullo stato della trattativa europea sulle nuove regole del Patto di stabilità».<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pensioni-medici-mef-in-retro-2666269379.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="allarme-sulle-risorse-per-la-sanita-i-fondi-potrebbero-non-bastare" data-post-id="2666269379" data-published-at="1700009156" data-use-pagination="False"> Allarme sulle risorse per la sanità: «I fondi potrebbero non bastare» «Il finanziamento del Ssn per il 2024 potrebbe non coprire integralmente le spese, tenendo conto del costo delle misure previste» dalla manovra. Così l’Ufficio parlamentare di bilancio ha bocciato, ieri in audizione, le risorse destinate alla sanità messe in manovra, sottolineando che ci potrebbero essere ulteriori difficoltà, «in relazione alle carenze di personale e all’impatto di eventuali nuove pressioni dei prezzi dei beni energetici sul settore sanitario». Andando avanti nella disamina, l’Upb ha evidenziato che le risorse aggiuntive stanziate sono sì sufficienti a mantenere nel 2024 l’incidenza della spesa sul Pil al livello pre pandemico (6,4 % nel 2019), ma che già allora, in termini di qualità di spesa la situazione non brillava particolarmente. Il Servizio sanitario nazionale appariva infatti già essere sottoposto a forti tensioni. Altro aspetto negativo che l’Upb sottolinea è che al momento «non si assiste ancora a quel potenziamento strutturale del Ssn che sembrava essere diventato un obiettivo condiviso nella fase dell’emergenza sanitaria». Altri punti critici sono invece anche l’opinione che la manovra sarebbe «improntata a un’ottica di breve periodo, con interventi temporanei e frammentati» con previsioni di crescita raggiungibili «solo sotto l’ipotesi che si rafforzi consistentemente la domanda estera e che avanzino speditamente i progetti del Pnrr». Positivo è invece il giudizio sulla misura più rilevante, il taglio del cuneo, pari a 10,7 miliardi, finanziato temporaneamente in deficit. La conferma della decontribuzione garantisce un importante supporto ai redditi da lavoro medio bassi, in particolare, sottolinea l’Upb, al reddito degli operai. Aspetti positivi anche per quanto riguarda la revisione dell’Irpef che riduce gli scaglioni da quattro a tre, aumenta la detrazione massima per redditi da lavoro dipendente equiparandola a quella relativa ai redditi da pensione e limita la detraibilità di alcuni oneri non sanitari sopra 50.000 euro di reddito (detrazioni al 19%). Nel complesso la misura, prevista per il solo 2024, assorbe risorse per 4,3 miliardi e prevede, secondo i calcoli dell’Upb, un beneficio di 75 euro annui per i redditi da lavoro dipendente tra 8.000 e 15.000. Da 15.001 a 28.000 il vantaggio aumenta progressivamente con il reddito fino a un massimo di 260 euro. Ovviamente sopra i 50.000 euro il beneficio tende ad azzerarsi per effetto del taglio delle detrazioni. Per quanto riguarda invece la decontribuzione prevista per il triennio 2024-26 in favore delle lavoratrici con figli, gli effetti della misura si intrecciano e con quelli della decontribuzione parziale fino a 35.000 euro di retribuzione lorda «e pertanto il vantaggio risulterà più ridotto di quello che si verificherà dal 2025, quando quest’ultima non sarà più in vigore», sottolinea l’Upb. Nel complesso, la microsimulazione fatta dall’Ufficio parlamentare di bilancio mostra che le lavoratrici madri beneficeranno di una riduzione di contributi di circa 1,5 miliardi: 790 milioni dovuti alla decontribuzione parziale e la restante parte da attribuire invece alla misura specifica. Infine, sulle misure legate alla maggiorazione della deduzione per l’occupazione, l’Upb sottolinea che l’appetibilità della nuova misura dovrà essere valutata alla luce delle già esistenti decontribuzione.
Il motore è un modello di ricavi sempre più orientato ai servizi: «La crescita facile basata sulla forbice degli interessi sta inevitabilmente assottigliandosi, con il margine di interesse aggregato in calo del 5,6% nei primi nove mesi del 2025», spiega Salvatore Gaziano, responsabile delle strategie di investimento di SoldiExpert Scf. «Il settore ha saputo, però, compensare questa dinamica spingendo sul secondo pilastro dei ricavi, le commissioni nette, che sono cresciute del 5,9% nello stesso periodo, grazie soprattutto alla focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance».
La crescita delle commissioni riflette un’evoluzione strutturale: le banche agiscono sempre più come collocatori di prodotti finanziari e assicurativi. «Questo modello, se da un lato genera profitti elevati e stabili per gli istituti con minori vincoli di capitale e minor rischio di credito rispetto ai prestiti, dall’altro espone una criticità strutturale per i risparmiatori», dice Gaziano. «L’Italia è, infatti, il mercato in Europa in cui il risparmio gestito è il più caro», ricorda. Ne deriva una redditività meno dipendente dal credito, ma con un tema di costo per i clienti. La «corsa turbo» agli utili ha riacceso il dibattito sugli extra-profitti. In Italia, la legge di bilancio chiede un contributo al settore con formule che evitano una nuova tassa esplicita.
«È un dato di fatto che il governo italiano stia cercando una soluzione morbida per incassare liquidità da un settore in forte attivo, mentre in altri Paesi europei si discute apertamente di tassare questi extra-profitti in modo più deciso», dice l’esperto. «Ad esempio, in Polonia il governo ha recentemente aumentato le tasse sulle banche per finanziare le spese per la Difesa. È curioso notare come, alla fine, i governi preferiscano accontentarsi di un contributo una tantum da parte delle banche, piuttosto che intervenire sulle dinamiche che generano questi profitti che ricadono direttamente sui risparmiatori».
Come spiega David Benamou, responsabile investimenti di Axiom alternative investments, «le banche italiane rimangono interessanti grazie ai solidi coefficienti patrimoniali (Cet1 medio superiore al 15%), alle generose distribuzioni agli azionisti (riacquisti di azioni proprie e dividendi che offrono rendimenti del 9-10%) e al consolidamento in corso che rafforza i gruppi leader, Unicredit e Intesa Sanpaolo. Il settore in Italia potrebbe sovraperformare il mercato azionario in generale se le valutazioni rimarranno basse. Non mancano, tuttavia, rischi come un moderato aumento dei crediti in sofferenza o gli choc geopolitici, che smorzano l’ottimismo».
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Getty Images
Il 29 luglio del 2024, infatti, Axel Rudakubana, cittadino britannico con genitori di origini senegalesi, entra in una scuola di danza a Southport con un coltello in mano. Inizia a colpire chiunque gli si pari davanti, principalmente bambine, che provano a difendersi come possono. Invano, però. Rudakubana vuole il sangue. Lo avrà. Sono 12 minuti che durano un’eternità e che provocheranno una carneficina. Rudakubana uccide tre bambine: Alice da Silva Aguiar, di nove anni; Bebe King, di sei ed Elsie Dot Stancombe, di sette. Altri dieci bimbi rimarranno feriti, alcuni in modo molto grave.
Nel Regno Unito cresce lo sdegno per questo ennesimo fatto di sangue che ha come protagonista un uomo di colore. Anche Michael dice la sua con un video di 12 minuti su Facebook. Viene accusato di incitamento all’odio razziale ma, quando va davanti al giudice, viene scagionato in una manciata di minuti. Non ha fatto nulla. Era frustrato, come gran parte dei britannici. Ha espresso la sua opinione. Tutto è bene quel che finisce bene, quindi. O forse no.
Due settimane dopo, infatti, il consiglio di tutela locale, che per legge è responsabile della protezione dei bambini vulnerabili, gli comunica che non è più idoneo a lavorare con i minori. Una decisione che lascia allibiti molti, visto che solitamente punizioni simili vengono riservate ai pedofili. Michael non lo è, ovviamente, ma non può comunque allenare la squadra della figlia. Di fronte a questa decisione, il veterano prova un senso di vergogna. Decide di parlare perché teme che la sua comunità lo consideri un pedofilo quando non lo è. In pochi lo ascoltano, però. Quasi nessuno. Il suo non è un caso isolato. Solamente l’anno scorso, infatti, oltre 12.000 britannici sono stati monitorati per i loro commenti in rete. A finire nel mirino sono soprattutto coloro che hanno idee di destra o che criticano l’immigrazione. Anche perché le istituzioni del Regno Unito cercano di tenere nascoste le notizie che riguardano le violenze dei richiedenti asilo. Qualche giorno fa, per esempio, una studentessa è stata violentata da due afghani, Jan Jahanzeb e Israr Niazal. I due le si avvicinano per portarla in un luogo appartato. La ragazza capisce cosa sta accadendo. Prova a fuggire ma non riesce. Accende la videocamera e registra tutto. La si sente pietosamente dire «mi stuprerai?» e gridare disperatamente aiuto. Che però non arriva. Il video è terribile, tanto che uno degli avvocati degli stupratori ha detto che, se dovesse essere pubblicato, il Regno Unito verrebbe attraversato da un’ondata di proteste. Che già ci sono. Perché l’immigrazione incontrollata sull’isola (e non solo) sta provocando enormi sofferenze alla popolazione locale. Nel Regno, certo. Ma anche da noi. Del resto è stato il questore di Milano a notare come gli stranieri compiano ormai l’80% dei reati predatori. Una vera e propria emergenza che, per motivi ideologici, si finge di non vedere.
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Una fotografia limpida e concreta di imprese, giustizia, legalità e creatività come parti di un’unica storia: quella di un Paese, il nostro, che ogni giorno prova a crescere, migliorarsi e ritrovare fiducia.
Un percorso approfondito in cui ci guida la visione del sottosegretario alle Imprese e al Made in Italy Massimo Bitonci, che ricostruisce lo stato del nostro sistema produttivo e il valore strategico del made in Italy, mettendo in evidenza il ruolo della moda e dell’artigianato come forza identitaria ed economica. Un contributo arricchito dall’esperienza diretta di Giulio Felloni, presidente di Federazione Moda Italia-Confcommercio, e dal suo quadro autentico del rapporto tra imprese e consumatori.
Imprese in cui la creatività italiana emerge, anche attraverso parole diverse ma complementari: quelle di Sara Cavazza Facchini, creative director di Genny, che condivide con il lettore la sua filosofia del valore dell’eleganza italiana come linguaggio culturale e non solo estetico; quelle di Laura Manelli, Ceo di Pinko, che racconta la sua visione di una moda motore di innovazione, competenze e occupazione. A completare questo quadro, la giornalista Mariella Milani approfondisce il cambiamento profondo del fashion system, ponendo l’accento sul rapporto tra brand, qualità e responsabilità sociale. Il tema di responsabilità sociale viene poi ripreso e approfondito, attraverso la chiave della legalità e della trasparenza, dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Giuseppe Busia, che vede nella lotta alla corruzione la condizione imprescindibile per la competitività del Paese: norme più semplici, controlli più efficaci e un’amministrazione capace di meritarsi la fiducia di cittadini e aziende. Una prospettiva che si collega alla voce del presidente nazionale di Confartigianato Marco Granelli, che denuncia la crescente vulnerabilità digitale delle imprese italiane e l’urgenza di strumenti condivisi per contrastare truffe, attacchi informatici e forme sempre nuove di criminalità economica.
In questo contesto si introduce una puntuale analisi della riforma della giustizia ad opera del sottosegretario Andrea Ostellari, che illustra i contenuti e le ragioni del progetto di separazione delle carriere, con l’obiettivo di spiegare in modo chiaro ciò che spesso, nel dibattito pubblico, resta semplificato. Il suo intervento si intreccia con il punto di vista del presidente dell’Unione Camere Penali Italiane Francesco Petrelli, che sottolinea il valore delle garanzie e il ruolo dell’avvocatura in un sistema equilibrato; e con quello del penalista Gian Domenico Caiazza, presidente del Comitato «Sì Separa», che richiama l’esigenza di una magistratura indipendente da correnti e condizionamenti. Questa narrazione attenta si arricchisce con le riflessioni del penalista Raffaele Della Valle, che porta nel dibattito l’esperienza di una vita professionale segnata da casi simbolici, e con la voce dell’ex magistrato Antonio Di Pietro, che offre una prospettiva insolita e diretta sui rapporti interni alla magistratura e sul funzionamento del sistema giudiziario.
A chiudere l’approfondimento è il giornalista Fabio Amendolara, che indaga il caso Garlasco e il cosiddetto «sistema Pavia», mostrando come una vicenda giudiziaria complessa possa diventare uno specchio delle fragilità che la riforma tenta oggi di correggere. Una coralità sincera e documentata che invita a guardare l’Italia con più attenzione, con più consapevolezza, e con la certezza che il merito va riconosciuto e difeso, in quanto unica chiave concreta per rendere migliore il Paese. Comprenderlo oggi rappresenta un'opportunità in più per costruire il domani.
Per scaricare il numero di «Osservatorio sul Merito» basta cliccare sul link qui sotto.
Merito-Dicembre-2025.pdf
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