2025-10-24
«Basta unanimità nell’Ue». Asse Tajani-Quirinale dopo la sfida della Meloni
Il ministro si sgancia dalla posizione del premier: «Lecito pensarla diversamente» Ma così il leader di Forza Italia si allinea a chi vorrebbe un’Europa a due velocità.«Basta unanimità». Il vicepremier Antonio Tajani all’indomani del discorso del presidente del Consiglio alle Camere, rompe le righe con la linea del governo imposta da Giorgia Meloni sul voto all’unanimità in Europa, e lo fa citando Silvio Berlusconi. Il contesto in cui si esprime è quello giusto. A margine del prevertice del Ppe ieri a Bruxelles, prima che si riunisse il Consiglio, ai giornalisti racconta: «Ricordo l’ultimo messaggio di Berlusconi, il suo ultimo intervento era ricoverato in clinica e non aveva potuto partecipare ad una manifestazione che si svolgeva a Milano. Era il 5 di maggio, quindi un mese prima della sua morte. Fu quasi un testamento politico. E nel testamento politico disse due cose: basta con i voti alla unanimità, e creiamo una difesa europea, un vero esercito unico. Quella per noi è la stella polare. Sono le nostre linee politiche: le discuteremo con i nostri alleati, ma non è un tema di stabilità del governo. È un dibattito normale: siamo delle forze politiche differenti, possiamo avere anche delle differenze». Tajani poi ha precisato: «Le posizioni di cui stiamo parlando sono, per ora, teoriche: non c’è un vero e proprio dibattito politico su questo punto. Io espongo semplicemente quella che è la nostra posizione, che ritengo del tutto legittima. Così come è legittima la posizione di Giorgia Meloni, sebbene sia diversa dalla nostra. Sono posizioni differenti, ma entrambe legittime e fondate. Noi siamo una forza europeista. Il mio obiettivo è arrivare, alla fine, agli Stati Uniti d’Europa. Per noi il voto a maggioranza deve essere sempre più usato, e la difesa europea, non soltanto la collaborazione maggiore tra europei, deve essere un obiettivo. Si comincia con la collaborazione, come stiamo facendo adesso, però l’obiettivo deve essere avere una difesa europea». Anche per quanto riguarda la difesa europea la linea si sposta, seppur con distanze differenti, da quella di Fratelli d’Italia e Lega. «La difesa europea è una cosa che per me non inficia, non riduce, non colpisce l’interesse nazionale. L’interesse nazionale coincide con l’interesse europeo».Questo però, per il leader di Forza Italia, non costituisce un ostacolo. «È naturale in una maggioranza articolata, discutiamo, ci confrontiamo, ma questo non mette in discussione la coesione della coalizione. Poi, è chiaro, si può discutere su come l’Europa debba muoversi. Se nel governo ci fossero forze contrarie all’idea stessa di Europa, io non potrei farne parte. Ma poiché non è così, condivido pienamente un percorso che rimane, nella sostanza, europeista». Non proprio un fulmine a ciel sereno, la linea è quella dei popolari, non cambia e fa parte della strategia messa in campo per arginare governi non considerati allineati, come quello ungherese di Viktor Orbán. Anche Roberta Metsola, popolare anche lei, nonché presidente del Parlamento europeo sostiene: «Se vogliamo essere pronti per un’Ue allargata, dobbiamo fare sul serio nell’avviare le nostre riforme interne». E per riforme intende quelle sostenute, appunto, anche dai popolari. «La mia speranza è che le istituzioni e gli Stati membri la vedano come un invito ad avere una discussione onesta, finalmente, sull’argomento» spiega riferendosi al voto che il giorno prima l’Eurocamera ha espresso sulle conseguenze istituzionali dell’allargamento redatta dall’eurodeputato di Renew, Sandro Gozi. Il rapporto, sostenuto dalle delegazioni di Forza Italia (Ppe), Partito democratico (S&D) e Verdi (Greens/Ale) al Parlamento europeo, delinea una serie di proposte in vista di un allargamento dell’Ue a 35 Paesi e sottolinea la necessità di procedere in parallelo con riforme istituzionali e allargamento. Tra le misure previste figurano un uso più esteso del voto a maggioranza qualificata, una revisione del bilancio europeo oltre l’attuale tetto dell’1% del reddito nazionale lordo, un rafforzamento dei poteri dell’Eurocamera e un maggiore coinvolgimento dei Paesi candidati nel processo decisionale.L’ipotesi delle due Europe, quella di serie a e quella di serie b, ancora non è stata formulata chiaramente, ma il piano esiste, e tende a delegittimare i governi scomodi, sdoganando il fatto che il potere di veto possa essere abolito o messo da parte a piacimento.Sul tema di un’Europa politica e del superamento dell’unanimità, Tajani trova una eccellente sponda (o forse viceversa) nel presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Un seggio permanente per l’Europa resta un obiettivo ambizioso, anche se appare ancora lontano» ha ribadito in un’intervista concessa alla Voce di New York, chiarendo «quanto sia urgente, in una realtà multipolare, dominata da soggetti di scala ben superiore a quella di singoli Stati, accelerare il processo di integrazione che porti a compimento il disegno di un’Europa politica, dotata di meccanismi di governance efficaci e in grado di svolgere un ruolo incisivo sugli scenari globali». L’abolizione dell’unanimità, mascherata da volontà di riforma dell’Europa, è un filo che lega non solo Tajani e Mattarella. Romano Prodi ne è uno dei più grandi fautori e non solo, anche la segretaria del Pd, Elly Schlein. A Cernobbio un mese e mezzo fa ha detto: «A livello europeo c’è tantissimo da fare. La prima grande questione è fare anche quello che Mattarella ha esortato a fare, cioè un salto in avanti nell’unità europea che si fa superando l’unanimità. E dove non ci sono le condizioni per superarla nei trattati lavorare da subito a delle cooperazioni rafforzate». Eccola lì, l’Europa di serie a e l’Europa di serie b.
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Fabrizio Pregliasco (Imagoeconomica)