2023-10-28
        Pensioni, case, conti correnti: ecco la verità sulla manovra
    
 
        Giancarlo Giorgetti (Ansa)
    
Dopo le mille voci che hanno alimentato scandali e titoli di fuoco, finalmente arriva il testo autentico della legge di bilancio. Non c’è il pignoramento dei fondi degli evasori, tanto esecrato da chi prima accusava il governo di favorirli. Ci sono invece il taglio del cuneo e l’aumento della cedolare secca sugli affitti brevi. Per uscire dal lavoro anticipatamente resta quota 103. Ma a caro prezzo.A differenza di altri giornali, noi non amiamo inseguire le voci, perché alle chiacchiere preferiamo i fatti. Dunque, fino a oggi ci siamo astenuti dal riportare ipotesi di manovre finanziarie, preferendo scrivere di provvedimenti certi e non di misure che sono solo frutto di fantasia di presunte gole profonde o che sono espedienti per farsi propaganda a costo zero. Chiarito questo, oggi finalmente abbiamo di che scrivere e siamo in grado di dire ciò che ne pensiamo. Cominciamo da alcuni annunci che hanno fornito ad alcuni quotidiani titoli da prima pagina e anche grande scandalo, ovvero le mani del Fisco sui conti correnti. Vale la pena di chiarire un paio di cose, cioè che Guardia di finanza e Agenzia delle entrate, da tempo e non grazie al governo in carica, hanno accesso alle transazioni dei conti correnti: prova ne sia che la banca ha l’obbligo di segnalare qualsiasi versamento sospetto alle autorità di controllo, pena vedersi accusare di complicità in eventuali reati come il riciclaggio. Quindi, non è da oggi che l’occhio del Fisco spia i nostri risparmi. Certo, un conto è controllare che tutto sia in regola e non ci siano fondi in nero, un altro è arraffare denaro del contribuente all’insaputa del medesimo. Quest’ultima eventualità però non fa parte delle misure adottate da Palazzo Chigi. Tuttavia, ci sia permessa un’osservazione. Quando nelle scorse settimane è stata ventilata la possibilità di una sanatoria fiscale, molti commentatori hanno gridato allo scandalo, accusando l’esecutivo di stare dalla parte degli evasori e non dei cittadini onesti. Beh, il provvedimento che introduceva il pignoramento sui conti correnti non consentiva al Fisco di fare i comodi propri, prelevando le tasse senza che degli ignari cittadini potessero opporsi. No, l’idea alla base della ventilata proposta, che però nella manovra non c’è, puntava a regolare i conti con chi non paga le imposte ma tiene in banca un bel gruzzolo. Insomma, più che una misura pro-evasori era semmai una misura contro chi trova ogni scusa per non pagare. Però, alla fine, per evitare un vespaio, Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti hanno preferito fare retromarcia.Nessuno stop invece, sulla tassazione delle case, che secondo alcuni giornali sarebbe una vera e propria stangata sul mattone. In realtà non è proprio così. Sale la cedolare secca sugli affitti, che passa dal 21% al 26, ma solo per chi dà in locazione l’appartamento per brevi periodi. Non si parla di un gran salasso, però è la dimostrazione che quando c’è da tassare è sempre il mattone a finire nel mirino. Non solo: è la conferma che gli investitori non possono mai fare i conti a medio lungo periodo, perché appena un mercato rende lo Stato passa subito all’incasso e vuole sempre di più. Da vecchi liberali preferiamo ridurre il carico fiscale, non aumentarlo. E a proposito di investimenti immobiliari, la manovra introduce anche un’imposta per quanti hanno beneficiato del 110% e rivendono l’immobile prima di cinque anni. Beh, questo a noi sembra ovvio. Lo Stato che paga le spese della ristrutturazione e perciò ha diritto a evitare che qualcuno speculi guadagnando fior di plusvalenze con i soldi pubblici. Dunque, chi rivende prima di un lustro e grazie al bonus si porta a casa un pacco di soldi, almeno paghi le tasse.Tra le novità ci sono le misure che riguardano le pensioni e invece della contestata quota 104 (63 anni di età e 41 anni di contributi), si torna a quota 103, cioè a un anno in meno di anzianità, ma con un ricalcolo contributivo della pensione e con un tetto, che pare fissare l’assegno massimo a 2.250 euro il mese. Insomma, per sfuggire alla tanto detestata legge Fornero, si rischia di dover rinunciare a un pezzo importante del reddito futuro. Non va meglio se si guarda alle rivalutazioni che dovrebbero consentire a chi è in pensione di recuperare l’inflazione. Il governo punta a ridurre l’erosione dovuta al carovita solo per i redditi più bassi, mentre chi riceve una pensione un po’ più ricca rischia di vedersi restituire solo gli spiccioli. La cosa ovviamente non ci piace, perché a essere salvaguardati sono spesso coloro che non hanno pagato i contributi e dunque percepiscono assegni più bassi, mentre chi ha pagato tutto vede contrarsi progressivamente il suo potere d’acquisto e nel giro di cinque anni, con un’inflazione intorno al 6%, rischia di perdere un terzo del valore della sua pensione.Certo, siamo consapevoli che a Palazzo Chigi hanno dovuto fare le nozze con i fichi secchi, o meglio con le casse vuote che hanno lasciato i precedenti governi, in particolare quelli guidati da Giuseppe Conte però, pur riconoscendo che il governo, riducendo le aliquote e il cuneo fiscale, mette in tasca un po’ di soldi ai redditi più bassi, non possiamo non constatare che per il cosiddetto ceto medio non c’è nulla. Peccato, perché come spiegano gli economisti, è quel ceto medio che sopporta il maggior peso dell’Irpef e dunque finanzia il welfare italiano. Dunque, prima o poi, sarebbe giusto che il Paese riconoscesse qualche cosa anche a questi contribuenti.
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