2020-01-27
Pensionati. Le 7 bastonate subite dal governo Monti a oggi
Sono il bancomat degli esecutivi, in 20 anni hanno perso il 30% di potere d'acquisto, aiutano i giovani disoccupati o precari. Eppure da Giuseppe Conte hanno avuto solo una mancia da 50 centesimi. Ti serve l'accompagno? Paga. Business sugli anziani invalidi. Le procedure per ottenere il sussidio sono state complicate, così i non autosufficienti sono costretti a rivolgersi a una miriade di «facilitatori». E spendono fino a 1.700 euro. Lo speciale comprende due articoli. «Neppure l'Avaro di Molière si accorgerebbe di quanto perdono le pensioni con la nostra rivalutazione all'inflazione, tanto modesto è l'importo». Basterebbero queste parole del premier Giuseppe Conte, per capire che aria tira per i pensionati. Sono il bancomat di qualsiasi governo, senza eccezioni, nemmeno da sinistra. Chi non ricorda il piano dell'ex ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, per tagliare le reversibilità, sventato dai sindacati? Quando c'è un buco di bilancio, i pensionati sono una garanzia di gettito. Eppure le pensioni sono un potente ammortizzatore economico per i giovani precari e una risorsa per le donne che vogliono lavorare dopo la gravidanza e non possono pagare una baby sitter. Nonostante questo ruolo strategico, i pensionati, anche quelli che percepiscono assegni intorno ai 1.500 euro lordi, sono considerati «privilegiati» da mungere. Come fanno credere certe campagne denigratorie che mettono in competizione anziani e lavoratori. È quello che è accaduto con le ultime rilevazioni Istat, comunicate in modo da generare l'equivoco, come denunciato dalla Fnp-Cisl, che le pensioni sono cresciute più degli stipendi. Di qui i titoloni di alcuni giornali. L'Istat sarebbe dovuta intervenire, chiarendo che l'incremento del 70% non si riferisce al valore nominale delle pensioni, ma è dovuto alla modifica della composizione dei beneficiari. E' cresciuto il numero di coloro che hanno una storia contributiva più favorevole perché appartengono a un periodo storico in cui c'era maggior dinamismo salariale. Ma è partita la «caccia al pensionato ricco», che forse vuole preparare il terreno per qualche altro «esproprio» ai danni della categoria. Come se non ce ne fossero stati abbastanza. Vediamoli. 1 Il più pesante è la mancanza dell'adeguamento totale al costo della vita, la cosiddetta perequazione. Da 20 anni le indicizzazioni delle pensioni sono nel mirino, con l'unico scopo di produrre risparmi; in alcuni periodi le pensioni sono rimaste bloccate, mentre in altri, hanno subito differenti indicizzazioni che hanno tuttavia prodotto una riduzione non più recuperabile. Dal 2000, secondo le stime del sindacato Fnp-Cisl, c'è stata una perdita del potere d'acquisto di quasi il 30%. Secondo la Cgil pensionati, negli ultimi 7 anni, dal blocco della perequazione lo Stato ha risucchiato 44 miliardi. Il centro studi Itinerari previdenziali ha calcolato che dal 2006 al 2019, il calo è stato di mezza annualità per gli importi fino a 5 volte il trattamento minimo e addirittura di un'intera annualità per quelli da 12 volte il minimo. A chi a sinistra soffre di amnesie vale la pena di ricordare che la prima batosta ai pensionati l'ha data il governo Prodi, quando, nel 1997, azzerò la rivalutazione dei trattamenti superiori a 5 volte il minimo, cioè pari agli attuali 1.430 euro circa. L'azzeramento si è protratto con i governi D'Alema e Amato. Dopo una tregua negli anni 2001-2006 (governo Berlusconi), nel 2008, Prodi ha azzerato la rivalutazione delle pensioni oltre 8 volte il minimo; con il governo Berlusconi e fino al 2011, i pensionati hanno invece ricevuto la loro regolare rivalutazione sulla base della legge 388/2000. La situazione è precipitata con i successivi premier Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni. In particolare Monti, con la manovra Salva Italia, ha bloccato la perequazione nel 2012-2013 per i trattamenti superiori a 3 volte il minimo (riconoscendola perciò nel 2012 solo per quelle fino a 1.405,05 euro mensili, mentre nel 2013 solo per quelle fino ad 1.443 euro). Da gennaio 2017 si sarebbe dovuta riapplicare la legge 388, ma sia Renzi sia Gentiloni hanno rinviato al 2019. Proprio quando l'Inps ha cominciato a pagare, Conte ha deciso di colpire i trattamenti superiori a 5 volte il minimo. L'Inps ha quindi dovuto chiedere il rimborso di quanto versato. L'ultima parola l'ha scritta la legge di bilancio: rivalutazione, sì, ma di 53 centesimi lordi al mese per pensioni tra 3 e 4 volte il minimo. Una mancia. 2 Tra le misure a scapito dei pensionati, c'è il contributo di solidarietà, su cui si sono sbizzarriti diversi governi con la motivazione di colpire i nonni «ricchi e quindi privilegiati». Il prelievo adottato anche con la scorsa legge di bilancio, è a carico di assegni superiori a 100.000 euro. Non si considera che questi sono il risultato di pesanti contribuzioni lungo tutta la vita lavorativa. Non a caso la Corte costituzionale in passato ha accolto i ricorsi e bloccato il prelievo. 3 Anche nelle tasse sulla casa, i pensionati sono stati colpiti senza pietà. La Tari, l'imposta sui rifiuti, è calcolata in base alla superficie dell'immobile e ai componenti del nucleo familiare. Quindi penalizza quei pensionati che hanno ereditato un appartamento grande, dove vivono da soli. Per una casa di 100 metri quadri, a Roma, la tassa arriva fino a 280 euro. L'esenzione dall'Imu e dalla Tasi per coloro che sono ricoverati in una casa di riposo in via permanente è stata lasciata alla decisione dei singoli Comuni. 4 Sempre in tema di fisco, i pensionati hanno un'Irpef più pesante dei lavoratori dipendenti. Con la riduzione del cuneo fiscale, previsto dalla legge di bilancio 2020, un impiegato con 35.000 euro di reddito verserà 8.000 euro di Irpef, cioè il 23% del suo reddito, mentre un pensionato pagherà 8.972 euro, pari al 25%. Attualmente, a parte la no tax area, che è equiparata, le detrazioni dei pensionati sono inferiori rispetto a quelle di chi è in attività. Infatti, per un reddito di 15.000 euro, la differenza delle detrazioni tra le due categorie è di 270 euro l'anno, per poi ridursi in modo progressivo fino a 55.000 euro quando si azzerano. 5 I pensionati sono stati esclusi dal bonus Renzi di 80 euro, destinato ai lavoratori dipendenti, che è stato portato a 100 euro. Un lavoratore con un reddito fino a 12.500 euro, con il bonus da 100 euro si trova ad avere un'aliquota negativa che diventa zero a 12.509 euro. Se questa stessa cifra la dichiarasse un pensionato dovrebbe versare allo Stato 1.300 euro, pari al 10,73% del suo reddito. Da anni, la Fnp Cisl si sta spendendo per superare questa discriminazione. 6 Un'altra penalizzazione è sul ticket sanitario, dal quale sono esenti solo le pensioni minime (515 euro), quelle sociali (460 euro) e i redditi degli over 65 entro circa 36.000 euro. Va ricordato che nel calcolo del reddito rientra anche la prima casa. Spesso poi le coppie di anziani sono monoreddito. Quindi è esente una platea ristretta. 7 Infine, l'assegno di reversibilità. Ridurlo è sempre stata una grande tentazione. Ci riuscì, invero prima che arrivasse il governo tecnico di Monti, Lamberto Dini, che lo agganciò a tre fasce di reddito. La riforma è in vigore ancora oggi. La decurtazione è prevista per i superstiti con redditi almeno tre volte superiori al minimo pensionistico, cioè intorno ai 1.500 euro mensili. Il taglio è del 25% dell'importo della pensione se il reddito è oltre tre volte il minimo annuo, sale al 40% se è superiore a quattro volte il minimo e al 50% per i redditi almeno cinque volte oltre il minimo. Gli assegni si riducono anche se il deceduto si è sposato a più di 70 anni, se la differenza di età tra i coniugi è superiore a 20 anni o il matrimonio è durato meno di dieci anni. <div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pensionati-le-7-bastonate-subite-dal-governo-monti-a-oggi-2644925717.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="ti-serve-laccompagno-paga-business-sugli-anziani-invalidi" data-post-id="2644925717" data-published-at="1758062256" data-use-pagination="False"> Ti serve l’accompagno? Paga. Business sugli anziani invalidi I pensionati? Non solo tartassati, ma pure vittime di un florido business costruito sulle pensioni di accompagnamento. I numerosi abusi che continuano a interessare le prestazioni assistenziali hanno indotto l'Inps a varare norme più stringenti. L'azione di controllo è diventata più capillare. Di contro, siccome le procedure per accedere al beneficio sono diventate più complicate, sono proliferate le occasioni di business per chi si offre di aiutare l'anziano non autosufficiente a sbrigare le pratiche, magari con la promessa che con il suo supporto sarà più facile ottenere l'assegno. Il pensionato bisognoso, pur avendo tutti i requisiti per accedere a questo sostegno economico, è consigliato dagli stessi medici che lo seguono a seguire una procedura che lo porta a spendere da 700 a 1.700 euro. E l'anziano, terrorizzato dall'idea di non veder riconosciuta la propria infermità, mette mano, senza indugio, al portafoglio. Fino a qualche anno fa era sufficiente andare a uno sportello Inps e inoltrare la domanda. Ora tutto si svolge online e questo è già un ostacolo insormontabile per chi non è nativo digitale. Per destreggiarsi tra pin e password diventa essenziale l'assistenza di un parente o di un patronato, ma spesso il pensionato è solo e ignora la possibilità di un aiuto da parte delle strutture sindacali. Inoltre è sottoposto al pressing dei medici che enfatizzano, non senza ragione, la difficoltà di accedere all'accompagno anche in condizioni sanitarie gravi e la frequenza con cui le domande vengono respinte. Non resta che pagare. Nel 2020, l'indennità di accompagnamento ha avuto un piccolo incremento a 520,29 euro mensili, dai 517,84 euro del 2019. Per i ciechi assoluti, il contributo è pari a 930,99 euro. Per ottenere l'accompagno è necessario il riconoscimento dei requisiti sanitari. Spesso l'anziano è in cura da un neurologo, in caso di demenza senile, o da un geriatra, oltre al fatto che effettua le consuete visite dal medico di base. Ma il referto sulle condizioni fisiche e psichiche che può rilasciare un professionista non ha grande peso per la commissione Inps, che richiede la valutazione di una struttura sanitaria pubblica. Qui comincia il calvario. Siccome per ottenere un appuntamento in un ospedale bisogna attendere mesi e il tempo per un anziano è prezioso, diventa una scelta obbligata l'intramoenia. All'improvviso le liste d'attesa si dissolvono e nel giro di un paio di giorni la visita è fissata. Spesso, come ci è stato riferito, il medico si fa mandare in anticipo il referto dello specialista in modo da compilare velocemente la sua scheda di valutazione. Talvolta, ci dicono, non c'è nemmeno un colloquio con il paziente. Una visita si trasforma in un passaggio burocratico. La procedura può durare al massimo un quarto d'ora. Costo: 200 euro, da consegnare cash (il Pos è sconosciuto) ma con ricevuta, perché una percentuale deve andare all'ospedale, come previsto dalla legge. Chiunque potrebbe pensare che questa attestazione sia sufficiente per presentarsi davanti alla Commissione valutatrice, ma sempre un medico prodigo di consigli fa sapere all'anziano che è meglio farsi assistere, al colloquio con la commissione Inps, da un medico legale. Questo però è capace di chiedere fino a 500 euro per la sua presenza (una mezz'ora circa). E sono frequenti i casi in cui la richiesta è respinta perché i medici non sono del tutto convinti o perché, come sostengono i malevoli, si vuole far passare altro tempo e scoraggiare il richiedente. Se c'è una bocciatura non resta che fare ricorso. Non tutti sanno che possono rivolgersi a un patronato e quindi si affidano ad avvocati che promettono di risolvere ogni problema, ma a fronte di una parcella anche di un migliaio di euro. E siamo a 1.700 euro, compreso quanto speso in precedenza. Nel frattempo possono passare anche 6 mesi prima che la commissione dell'Inps riesamini la pratica. Se alla fine l'esito è positivo può anche decidere di non recuperare il tempo pregresso. La Guardia di finanza ha scoperto più organizzazioni truffaldine che assistevano l'invalido in tutte le pratiche. A Palermo, recentemente, è stata individuata una sorta di agenzia che forniva tutto il necessario: dai certificati, ai figuranti che accompagnavano gli aspiranti invalidi alle visite di accertamento. Era stato creato un meccanismo ben rodato, fatto anche di rispettabili professionisti che si passavano i certificati. Il numero degli assegni di accompagnamento è in aumento. Secondo gli ultimi dati, relativi al 2018, sono 2.161.258 e hanno avuto un incremento del 2,3% rispetto al 2017, pari a 47.871. Oltre la metà (51,4%) è destinata ai cittadini invalidi di età superiore agli 80 anni, mentre i restanti risultano distribuiti tra le altre fasce di età. In particolare, il 70,2% dei beneficiari appartiene agli over 65, mentre una percentuale pari a 11,5% è rappresentata dai minori di 18 anni. Sono più diffuse al Centro Sud. Per ogni 100 abitanti, le prestazioni erogate sono nel Nord lo 0,6%, nel Centro lo 0,8% e nel Sud e isole lo 0,8%.