In Italia il signor Mario, settantenne, percepisce mensilmente 690 euro di pensione. Sempre in Italia il signor Paolo, cinquantacinquenne, guadagna 1.000 euro al mese lavorando nella stessa azienda in cui lavorava il signor Mario. Significa che Mario, andando in pensione, ha mantenuto il 69% del proprio stipendio. I nomi dei personaggi sono inventati, ma la proporzione tra le cifre è vera: il tasso di sostituzione tra pensioni e stipendi italiano è tra i più alti d'Europa.
In Italia il signor Mario, settantenne, percepisce mensilmente 690 euro di pensione. Sempre in Italia il signor Paolo, cinquantacinquenne, guadagna 1.000 euro al mese lavorando nella stessa azienda in cui lavorava il signor Mario. Significa che Mario, andando in pensione, ha mantenuto il 69% del proprio stipendio. I nomi dei personaggi sono inventati, ma la proporzione tra le cifre è vera: il tasso di sostituzione tra pensioni e stipendi italiano è tra i più alti d'Europa. Lo dice un report pubblicato dal Parlamento europeo che spiega la relazione esistente tra reddito da pensione pubblica dei 65-74enni e quello da lavoro dei 50-59enni. Ovvero risponde alla domanda: quanto si prende andando in pensione rispetto all'ultimo stipendio?La risposta, in Italia, è, appunto, il 69%. Poco? Invece è tantissimo: il nostro tasso di sostituzione è il secondo più alto d'Europa e questo significa che gli italiani over 65 sono tra i più benestanti rispetto ai pensionati del resto d'Europa, dove la media del tasso di sostituzione è del 58%.Meglio del signor Mario, il nostro pensionato-tipo, sta solo monsieur François (o herr Franz) nel Granducato di Lussemburgo, il quale, andando in pensione, mantiene l'88% del reddito da lavoro. Un gradino sotto di noi si trovano i pensionati francesi, col 68%, gli ungheresi col 67% e spagnoli e rumeni col 66%. Quindi, tornando alla domanda di prima, il nostro 69% non è affatto poco. Chi potrebbe lamentarsi, invece, è mister Sean, pensionato irlandese, che mantiene solo il 35% del suo vecchio reddito da lavoro.La generosità del nostro sistema è una delle spiegazioni della crisi del sistema pensionistico pubblico che è il vero pozzo senza fondo della spesa pubblica nazionale. Basti pensare che l'Inps prevede di perdere, nel 2018, 5,4 miliardi di euro nonostante 108,3 miliardi di contributi statali.Le cose cambieranno? La logica dice di si: il nostro 69% è frutto del fatto che i pensionati di oggi si sono ritirati dal lavoro quando in Italia, per calcolare l'assegno di quiescenza, si usava ancora il sistema retributivo mentre i prossimi pensionati dovrebbero avere un reddito inferiore, dato che il loro assegno sarà calcolato con il molto meno generoso metodo contributivo. E invece non è così. Le previsioni dell'Unione europea dicono che la differenza tra reddito da pensione e reddito da lavoro si ridurrà ancora, migliorando rispetto ad oggi di circa 2 punti percentuali nel 2053. Significa che in Italia il tasso di sostituzione che oggi, come abbiamo visto, è al 69%, si attesterà nel 2053 attorno al 71%. Meglio di noi faranno solo Bulgaria, Danimarca, Lituania, Germania, Cipro ed Estonia, Paesi in cui il tasso di sostituzione crescerà di più, partendo però da una percentuale molto più bassa. Siamo tra i pochi Paesi in cui il tasso di sostituzione non peggiorerà, nonostante sia già il secondo più alto. Guardiamo la Francia: parte da un tasso di un punto più basso del nostro, 68%, ma in previsione perderà quasi 15 punti percentuale, arrivando intorno al 53%, sotto l'attuale media europea.Attenzione, però: questo non vuol dire necessariamente che i pensionati di domani prenderanno di più di quelli di oggi, vuol dire che il rapporto con l'ultimo stipendio migliorerà, probabilmente perché la pensione calerà meno velocemente di quanto calerà lo stipendio. E non è una buona notizia.
Un frame del video dell'aggressione a Costanza Tosi (nel riquadro) nella macelleria islamica di Roubaix
Giornalista di «Fuori dal coro», sequestrata in Francia nel ghetto musulmano di Roubaix.
Sequestrata in una macelleria da un gruppo di musulmani. Minacciata, irrisa, costretta a chiedere scusa senza una colpa. È durato più di un’ora l’incubo di Costanza Tosi, giornalista e inviata per la trasmissione Fuori dal coro, a Roubaix, in Francia, una città dove il credo islamico ha ormai sostituito la cultura occidentale.
Scontri fra pro-Pal e Polizia a Torino. Nel riquadro, Walter Mazzetti (Ansa)
La tenuità del reato vale anche se la vittima è un uomo in divisa. La Corte sconfessa il principio della sua ex presidente Cartabia.
Ennesima umiliazione per le forze dell’ordine. Sarà contenta l’eurodeputata Ilaria Salis, la quale non perde mai occasione per difendere i violenti e condannare gli agenti. La mano dello Stato contro chi aggredisce poliziotti o carabinieri non è mai stata pesante, ma da oggi potrebbe diventare una piuma. A dare il colpo di grazia ai servitori dello Stato che ogni giorno vengono aggrediti da delinquenti o facinorosi è una sentenza fresca di stampa, destinata a far discutere.
Mohamed Shahin (Ansa). Nel riquadro, il vescovo di Pinerolo Derio Olivero (Imagoeconomica)
Per il Viminale, Mohamed Shahin è una persona radicalizzata che rappresenta una minaccia per lo Stato. Sulle stragi di Hamas disse: «Non è violenza». Monsignor Olivero lo difende: «Ha solo espresso un’opinione».
Per il Viminale è un pericoloso estremista. Per la sinistra e la Chiesa un simbolo da difendere. Dalla Cgil al Pd, da Avs al Movimento 5 stelle, dal vescovo di Pinerolo ai rappresentanti della Chiesa valdese, un’alleanza trasversale e influente è scesa in campo a sostegno di un imam che è in attesa di essere espulso per «ragioni di sicurezza dello Stato e prevenzione del terrorismo». Un personaggio a cui, già l’8 novembre 2023, le autorità negarono la cittadinanza italiana per «ragioni di sicurezza dello Stato». Addirittura un nutrito gruppo di antagonisti, anche in suo nome, ha dato l’assalto alla redazione della Stampa. Una saldatura tra mondi diversi che non promette niente di buono.
Nei riquadri, Letizia Martina prima e dopo il vaccino (IStock)
Letizia Martini, oggi ventiduenne, ha già sintomi in seguito alla prima dose, ma per fiducia nel sistema li sottovaluta. Con la seconda, la situazione precipita: a causa di una malattia neurologica certificata ora non cammina più.
«Io avevo 18 anni e stavo bene. Vivevo una vita normale. Mi allenavo. Ero in forma. Mi sono vaccinata ad agosto del 2021 e dieci giorni dopo la seconda dose ho iniziato a stare malissimo e da quel momento in poi sono peggiorata sempre di più. Adesso praticamente non riesco a fare più niente, riesco a stare in piedi a malapena qualche minuto e a fare qualche passo in casa, ma poi ho bisogno della sedia a rotelle, perché se mi sforzo mi vengono dolori lancinanti. Non riesco neppure ad asciugarmi i capelli perché le braccia non mi reggono…». Letizia Martini, di Rimini, oggi ha 22 anni e la vita rovinata a causa degli effetti collaterali neurologici del vaccino Pfizer. Già subito dopo la prima dose aveva avvertito i primi sintomi della malattia, che poi si è manifestata con violenza dopo la seconda puntura, tant’è che adesso Letizia è stata riconosciuta invalida all’80%.






