2018-12-31
Penitenziari che scoppiano e suicidi: l’ultimo girone della giustizia italiana
Barnellbe [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], from Wikimedia Commons
Molti anni dopo lo sbandierato Piano carceri (con ricche promesse di Angelino Alfano, Enrico Letta e Annamaria Cancellieri) la situazione è ancora più insostenibile. Eppure Alfonso Bonafede, dall'opposizione, chiedeva soluzioni forti...Le carceri italiane stanno tornando a scoppiare: allo scorso 30 novembre, i 60.002 detenuti presenti nei nostri 190 istituti penitenziari hanno a disposizione appena 45.983 posti effettivi. Lo denuncia un rapporto inviato dal Partito radicale che è stato appena inviato al Consiglio d'Europa. L'allarme è grave. Ma nel rapporto si legge qualcosa di ancor più grave: è un interessante resoconto sul «Piano carceri», che quasi sei anni fa veniva presentato dal governo di Enrico Letta come l'intervento salvifico che avrebbe risolto ogni problema di sovraffollamento. È un racconto sorprendente, che in un Paese normale dovrebbe accendere l'interesse della politica e dei giudici contabili (e magari anche della magistratura penale).Rita Bernardini e i radicali che firmano il rapporto ricordano infatti che secondo il «Piano carceri», soprattutto nella sua versione celebrata in pompa magna all'inaugurazione dell'anno giudiziario del gennaio 2013 dal ministro della Giustizia Annamaria Cancellieri, la situazione avrebbe dovuto migliorare drasticamente: in soli quattro anni, da lì alla fine del 2016, il ministro «tecnico» garantiva ci sarebbero stati 12.024 posti in più, e che si sarebbe passati dai 45.688 posti regolamentari esistenti in quel momento a ben 57.712. In effetti l'ambizioso Piano carceri, originariamente messo a punto nel 2008 dall'allora ministro della Giustizia Angelino Alfano e approvato inizialmente nel 2010 dal centrodestra berlusconiano con una previsione di spesa sui 675-680 milioni, prevedeva la costruzione di 11 nuovi istituti di pena e la creazione di 20 nuovi padiglioni nelle prigioni esistenti, per un totale di 18.000 nuovi posti. Poi il Piano era stato rimaneggiato e ricucinato più volte. In ogni sua versione, comunque, ha sempre prodotto molto fumo e poco arrosto.Nell'ultima edizione lanciata all'inizio del 2013 da Cancellieri, con una previsione di spesa di 468 milioni di euro, sulla carta il Piano carceri avrebbe dovuto realizzare quattro nuovi istituti penitenziari a Torino, Catania, Pordenone e Camerino, aggiungendo solo con quell'impegno 3.100 posti. Ma il Piano non si fermava lì: avrebbe dovuto creare anche 13 nuovi padiglioni negli istituti di pena esistenti, per altri 3.000 posti, e completare altri 16 padiglioni per 3.347 posti. Nei lavori rientravano anche interventi di recupero in nove altri istituti, per 1.212 posti; e ancora tre interventi di ristrutturazione per 1.665 posti. Insomma, in soli quattro anni la capienza sarebbe aumentata del 26,3%. Il risultato che si vede oggi, purtroppo, è molto più modesto. Soltanto la spesa non lo era, e non lo è stata.Con la loro denuncia, i radicali riaprono insomma una questione ingiustamente dimenticata: e non soltanto dalle cronache, ma anche dalla politica, se è vero che nel contratto del «governo del cambiamento» firmato all'inizio dello scorso giugno da Luigi Di Maio per il Movimento 5 stelle e da Matteo Salvini per la Lega si legge che, contro il sovraffollamento, bisogna «dare attuazione a un piano per l'edilizia penitenziaria che preveda la realizzazione di nuove strutture e l'ampliamento e l'ammodernamento delle attuali». Insomma, esattamente quel che avrebbe dovuto fare il Piano carceri, e invece non ha mai fatto. Nessuno, nemmeno chi oggi è al governo, pare ricordare che appena sei anni fa il ministro della Giustizia Cancellieri garantiva efficienza e un calendario inderogabile: entro il 2013, prometteva la Guardasigilli, sarebbero stati ultimati 3.962 nuovi posti in carcere; a questi se ne sarebbero aggiunti 2.060 entro il 2014, altri 2.452 nel 2015, e infine 2.800 nel 2016. Quel totale di 12.024 posti in più, praticamente oltre un nuovo letto in più per ogni quattro esistenti, avrebbe risolto ogni problema.Promesse vane. Perché ancora oggi, secondo i dati forniti dallo stesso ministero della Giustizia, al 30 novembre 2018 i posti regolamentari delle nostre prigioni in realtà sono soltanto 50.583, cioè 7.129 in meno di quelli promessi nel «Piano carceri» all'inizio del 2013. Questo è avvenuto perché le nuove strutture entrate in funzione hanno compensato soltanto in parte le tantissime che, dal 2013 a oggi, sono state dismesse per carenza di manutenzione negli istituti.I radicali, poi, denunciano che i posti effettivamente utilizzabili in realtà sono ancora meno rispetto a quelli dichiarati dall'ufficialità: e in effetti il 26 ottobre di quest'anno il presidente del Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, Francesco Basentini, ha dichiarato pubblicamente che dai 50.583 posti «veri» dovrebbero esserne sottratti circa 4.600, inutilizzabili perché impegnati in ristrutturazioni o in lavori di varia natura. Quindi i 60.002 detenuti presenti oggi nelle 190 carceri italiane sono sistemati in appena 45.983 posti reali. Il sovraffollamento effettivo riguarda pertanto 14.019 reclusi, e arriva a una quota del 130,4%. Questo significa che in prigione, per ogni dieci posti, sono presenti più di 13 ospiti. Davvero un risultato niente male, per un investimento edilizio di quasi mezzo miliardo di euro in quattro anni!Per di più, già nel novembre 2015 il Piano carceri presentava serie anomalie: le gare d'appalto, per esempio, subivano ribassi anomali capaci di arrivare al 48% e addirittura al 54%, e quegli sconti comportavano il rischio evidente che i lavori non venissero ultimati. Tre anni fa Francesca Businarolo e Andrea Colletti, due deputati del M5s in commissione Giustizia, denunciavano che il Piano carceri trascurava «la manutenzione ordinaria e così si crea una situazione esplosiva di sovraffollamento e disagio, che permette poi di distribuire appalti da centinaia di milioni in affidamento diretto, senza nessuna gara, con l'alibi della somma urgenza e con costi raddoppiati». Negli ultimi anni, inoltre, gare e contratti sono quasi sempre stati avvolti da un'impenetrabile opacità perché, per ragioni di sicurezza, l'amministrazione li ha posti sotto segreto. Visti gli scarsi risultati del Piano, però, è lecito temere ci sia stato qualcosa d'irregolare: oggi, finalmente, qualcuno vuole indagare? Un parlamentare grillino nutriva qualche sospetto già nel maggio 2014: assieme ad altri deputati di opposizione chiedeva inutilmente l'istituzione di una commissione d'inchiesta. Quel parlamentare si chiamava Alfonso Bonafede, è l'attuale ministro della Giustizia. Oggi ha gli strumenti per scavare nel Piano carceri e per valutare quel che è accaduto dietro le quinte. Vuole battere un colpo, ministro?
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