2018-10-11
Nel Pd tutti pensano a Minniti ma spunta Enrico Letta al fianco di Beppe Sala
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Fase confusa all'interno del Partito Democratico in vista delle primarie. I sindaci dem, da Dario Nardella a Giorgio Gori, spingono per l'ex ministro dell'Interno. L'ex presidente del Consiglio domani apre la sua Scuola politica nel capoluogo lombardo, al fianco del primo cittadino di Milano.Mentre impazza dentro il Partito Democratico la possibilità di una candidatura alla segreteria dell'ex ministro degli Interni Marco Minniti, portata avanti dai sindaci dem, da Dario Nardella (Firenze) a Giorgio Gori (Bergamo), in silenzio fa capolino a Milano, al fianco del sindaco Beppe Sala, l'ex presidente del Consiglio Enrico Letta. Tra i sindaci che hanno firmato la richiesta di una candidatura di Minniti, infatti, manca quello che un tempo era considerato il più renziano sin dai tempi di Expo 2105, ovvero Sala, che in questo periodo appare più vicino alla Lega, dopo l'accordo con il governatore della Lombardia Attilio Fontana e quello del Veneto Luca Zaia per le Olimpiadi invernali del 2016. C'è chi si aspetta dall'ex premier una presa di posizione sulla situazione interna al Pd in vista delle primarie e qualche commento sull'attuale governo. Non è certo che arriverà. Lontano dai riflettori della politica italiana ormai da quasi cinque anni, quando fu spodestato con tanto di campanella dall'ex segretario del Pd Matteo Renzi, Letta jr lancerà domani a palazzo Reale la sua scuola di politica nel capoluogo lombardo, un'idea nata nel 2015 «con l'intento di insegnare le politiche, ovvero i contenuti che danno un senso effettivo alla politica, intesa come passione per il bene comune, tensione etica, sistema di valori che sta alla base dell'impegno pubblico». Siamo arrivati al quarto anno. Si fa molto parlare del giovane Letta in questi giorni tra Roma e Milano, anche perché la sua corrente, quella della Margherita, è in tornata in auge negli ultimi tempi. C'è chi la chiama ormai la corrente del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, capace di arginare l'irruente governo Lega-5 Stelle di Giuseppe Conte. Del resto la nomina di David Ermini a vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura altro non è che un triangolazione nello stile della vecchia Dc, con l'appoggio di un ala renziana, quella di Luca Lotti, l'ala di Forza Italia nel senso di Gianni Letta, e Cosimo Ferri, fondatore della corrente di Magistratura Indipendente, già sottosegretario alla Giustizia proprio nell'anno del governo Letta. Non solo. Anche al Copasir la presidenza è nelle mani d Lorenzo Guerini - anche qui fondamentale l'accordo tra Pd e Forza Italia per la sua elezione - stesso passato nella Dc come Letta, poi Partito popolare italiano. Letta può poi contare una linea diretta con il Quirinale. Il capo della segreteria del Colle è Simone Guerrini, amico di infanzia di Enrico, con un rapporto molto stretto con Mattarella, già a capo della segreteria del presidente ai tempi della vicepresidenza del Consiglio (dall'ottobre 1998 al dicembre 1999) e del ministero della Difesa (dal 1999 al 2001). Nel board della scuola politica di Letta si trovano Emma Bonino, ex ministro degli Esteri e storica leader dei Radicali e Pascal Lamy, presidente onorario del think-tank "Notre Europe". Già commissario europeo e direttore generale dell'Organizzazione Mondiale del Commercio. Mentre nel board scientifico troviamo il professore di Scienze politiche della Luiss Sergio Fabbrini e Michele Tiraboschi di Adapt. Tra i professori c'è l'economista Carlo Cottarelli, il presidente del Consiglio incaricato per poche ore prima dell'avvento del governo gialloblu di Giuseppe Conte. Nel 2013 è stato Commissario straordinario per la revisione della spesa pubblica, durante il governo Letta. I docenti sono anche Mario Nava, attuale numero uno di Consob dimissionario e l'editorialista del Corriere della Sera Massimo Franco.
Il fiume Nilo Azzurro nei pressi della Grande Diga Etiope della Rinascita (GERD) a Guba, in Etiopia (Getty Images)
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Dopo l'apertura dei lavori affidata a Maurizio Belpietro, il clou del programma vedrà il direttore del quotidiano intervistare il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, chiamato a chiarire quali regole l’Italia intende adottare per affrontare i prossimi anni, tra il ruolo degli idrocarburi, il contributo del nucleare e la sostenibilità economica degli obiettivi ambientali. A seguire, il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, offrirà la prospettiva di un territorio chiave per la competitività del Paese.
La transizione non è più un percorso scontato: l’impasse europea sull’obiettivo di riduzione del 90% delle emissioni al 2040, le divisioni tra i Paesi membri, i costi elevati per le imprese e i nuovi equilibri geopolitici stanno mettendo in discussione strategie che fino a poco tempo fa sembravano intoccabili. Domande cruciali come «quale energia useremo?», «chi sosterrà gli investimenti?» e «che ruolo avranno gas e nucleare?» saranno al centro del dibattito.
Dopo l’apertura istituzionale, spazio alle testimonianze di aziende e manager. Nicola Cecconato, presidente di Ascopiave, dialogherà con Belpietro sulle opportunità di sviluppo del settore energetico italiano. Seguiranno gli interventi di Maria Rosaria Guarniere (Terna), Maria Cristina Papetti (Enel) e Riccardo Toto (Renexia), che porteranno la loro esperienza su reti, rinnovabili e nuova «frontiera blu» dell’offshore.
Non mancheranno case history di realtà produttive che stanno affrontando la sfida sul campo: Nicola Perizzolo (Barilla), Leonardo Meoli (Generali) e Marzia Ravanelli (Bf spa) racconteranno come coniugare sostenibilità ambientale e competitività. Infine, Maurizio Dallocchio, presidente di Generalfinance e docente alla Bocconi, analizzerà il ruolo decisivo della finanza in un percorso che richiede investimenti globali stimati in oltre 1.700 miliardi di dollari l’anno.
Un confronto a più voci, dunque, per capire se la transizione energetica potrà davvero essere la leva per un futuro più sostenibile senza sacrificare crescita e lavoro.
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