2023-07-03
Il Pd adora il salario minimo: propone il taglio a 6 euro l’ora
La falange dell’opposizione unita da un emendamento che fissa a 9 euro il compenso base obbligatorio. Ma la cifra include ratei, mensilità extra e scatti. Una paga da fame, quasi la metà della media italiana. La sinistra 84 anni dopo, col refrain di Pippo Barzizza che impazzava nell’Italia dei fasci e delle corporazioni, passa da Bella ciao a «Se potessi avere 1.000 euro al mese». Si fanno forti Elly Schlein, Giuseppe Conte - quello che con Luigi Di Maio ministro del Lavoro aveva sconfitto la povertà mentre con Giorgia Meloni l’occupazione è ai massimi storici - e i satellitini sinistri compreso Carlo Calenda diventato bolscevico liberale dell’intesa sulla proposta di legge per il salario minimo. Che Confindustria applaude. Carlo Bonomi si è fatto una botta di conti: «Noi paghiamo già di più di quanto imporrebbe la legge». Entusiasti e battaglieri Maurizio Landini (Cgil) e Pierpaolo Bombardieri. Molto più cauto Luigi Sbarra - segretario della Cisl - che rilancia sulla centralità della contrattazione collettiva, definitivo Michele Tiraboschi - uno dei massimi giuslavoristi - che in una nota di Adapt, il centro studi fondato dal mai abbastanza compianto Marco Biagi ammazzato dalle Nuove brigate rosse, scrive: «La verità è che nel medio periodo i salari degli italiani si possono salvare solo con un aumento della produttività». Partendo da qui il ministro del Lavoro Marina Elvira Calderone, e con lei tutta la maggioranza di governo, boccia l’idea a sostenendo: «Non sono convinta che si possa arrivare a introdurre un salario minimo per legge». Peraltro il presidente del Consiglio Giorgia Meloni lo aveva detto chiaro al congresso della Cgil e Carlo Calenda, un liberale a sondaggio alternato, però insiste: «Le ho chiesto un incontro per spiegare». Forse dovrebbe spiegarsi prima con il suo ex socio Matteo Renzi perché Italia viva si è sfilata dall’intesa che sembra avere più la finalità di tentare una riedizione del campo largo che non di occuparsi di chi i campi li lavora. Basta leggere la proposta di legge articolata in 7 punti per capire che è di gran lunga peggiorativa delle condizioni attuali di lavoro ed è invece concepita per salvare la faccia alla Cgil. In particolare va prestata attenzione all’emendamento dell’articolo 2 che precisa: «Per retribuzione specifica e sufficiente s’intende il trattamento economico complessivo comprensivo del trattamento di minimo tabellare, degli scatti di anzianità, delle mensilità aggiuntive e delle indennità contrattuali fisse e continuative, fatte salve le pattuizioni di maggior favore. Il trattamento economico minimo orario come definito dal contratto collettivo nazionale non può comunque essere inferiore a 9 euro lordi». Con lo stesso emendamento, giusto per non scomodarsi troppo, si dice che per il lavoro domestico ci sarò un anno di tempo per adeguarsi. Una volta specificata la paga oraria lorda minima per legge viene voglia di fare i conti. Ebbene, la tredicesima incide per un dodicesimo, così il Tfr o liquidazione che dir si voglia, gli scatti di anzianità per il 4 %, le indennità contrattuali fisse per un altro 5% mettendoci dentro anche il recupero dell’inflazione (si sta sempre parlando di medie): viene fuori che dai 9 euro la paga oraria base passa a 6,03 euro, realmente in tasca vanno al lordo 6,84 euro perché 1,08 euro vengono accantonati per la tredicesima e altrettanti per il Tfr. Considerando 40 ore settimanali per quattro settimane, il salario minimo per legge dà una busta paga lorda di 1.095 euro da cui vanno detratti il 9,19% per i contributi e il 23% su circa 6.000 euro di tasse. Sommati contributi e imposte, fanno -220 euro al mese per un netto garantito per legge di 875 euro per 13 mensilità. Una pacchia! C’è però da considerare che in Italia la paga oraria mediana è di 11 euro lordi, dunque non sembra un grande affare anche se Elly Schlein e compagni (è il caso di dirlo) strepitano che il salario minimo c’è in tutta Europa e nell’Ocse e che da noi ci sono i cosiddetti contratti pirata. I giuslavoristi di Adapt non la pensano affatto così. Scrivono che i contratti non rappresentativi «restano comunque ampiamente marginali nel nostro sistema di relazioni industriali se è vero come indicato dai flussi di Uniemens che ben il 97% dei contratti collettivi nazionali di lavoro oggi applicati ai lavoratori italiani sono firmati da Cgil-Cisl-Uil». Sottolinea Michele Tiraboschi in questa analisi sulla giusta retribuzione: «Si discuterà a lungo dell’adeguatezza di una tariffa oraria di 9 euro e del rischio di una fuga complessiva delle imprese dai sistemi di rappresentanza e di contrattazione collettiva potendo comodamente attestarsi, ogni datore di lavoro, sul salario al minimo legale e su pattuizioni ad personam». La nota di Tiraboschi pone il problema dei problemi: da dieci anni si parla di salario minimo e non si è fatto nulla. Ricorda che Matteo Renzi approvando il Jobs act pose il tema del salario minimo per i non contrattualizzati, ma oggi si sfila dal concerto del campo largo. Tiraboschi sottolinea che i partiti che oggi sono minoranza hanno avuto tutto il tempo se volevano di legiferare e pur non avendolo fatto si comportano come se oggi al ministero del Lavoro ci fossero ancora i Luigi Di Maio, le Nunzia Catalfo, gli Andrea Orlando. La verità - sostiene Adapt - è che si è sfasciato - come aveva preconizzato Ezio Tarantelli - il sistema di relazioni industriali anche per la perdita di rappresentatività dei corpi intermedi e che si fatica a passare da un sistema di valutazione basato sull’ora lavoro a un sistema basato sul valore della professionalità. C’è un tema di bassi salari in Italia, ma, avverte Tiraboschi, la soluzione è solo nelle mani degli attori del sistema di relazioni industriali. Perché la politica oltre 9 euro lordissimi non sa andare.
Emmanuel Macron (Getty Images). Nel riquadro Virginie Joron
content.jwplatform.com
L'evento organizzato dal quotidiano La Verità per fare il punto sulle prospettive della transizione energetica. Sul palco con il direttore Maurizio Belpietro e il vicedirettore Giuliano Zulin, il ministro dell'Ambiente Gilberto Pichetto Fratin, il presidente di Regione Lombardia Attilio Fontana, il presidente di Ascopiave Nicola Cecconato, il direttore Ingegneria e realizzazione di Progetto Terna Maria Rosaria Guarniere, l'Head of Esg Stakeholders & Just Transition Enel Maria Cristina Papetti, il Group Head of Soutainability Business Integration Generali Leonardo Meoli, il Project Engineering Director Barilla Nicola Perizzolo, il Group Quality & Soutainability Director BF Spa Marzia Ravanelli, il direttore generale di Renexia Riccardo Toto e il presidente di Generalfinance, Boconi University Professor of Corporate Finance Maurizio Dallocchio.
Kim Jong-un (Getty Images)