2024-03-21
Pd e M5s sognano la Basilicata «green» ma sulle trivelle rimangono ambigui
Piero Marrese, il candidato sostenuto da Pd e M5s in Basilicata (Imagoeconomica)
In passato sostenevano il blocco delle estrazioni di greggio e gas che danno energia a basso costo ai cittadini. Adesso nicchiano.La consigliera bolognese Simona Larghetti contesta l’Osservatorio regionale: «Manda veline ai giornali». Il presidente, nominato da Stefano Bonaccini, replica: «Siamo autonomi».Lo speciale contiene due articoli.C’è un convitato di pietra, anzi di petrolio che è seduto al banchetto spartitorio in Basilicata tra il Pd e i pentastellati. Quella regione di poco più di mezzo milione di abitanti è il Texas d’Italia. Ma Pd e i 5 stelle fanno finta di non saperlo. La ragione c’è: non possono parlare di stop alle trivelle in casa di chi ha il gas gratis. La Basilicata è la pila energetica del nostro Paese, un laboratorio a cielo aperto per capire quale sarà il nostro futuro: se andremo in riserva oppure se avremo abbastanza carburante per lo sviluppo. Anche per questo quelle elezioni hanno valenza nazionale. Loro invece hanno scavato nei giacimenti dell’anagrafe piuttosto che in quelli di greggio. Tutte le scelte hanno girato attorno alla sanità. Si è passati da Angelo Chiorazzo, dominus delle coop bianche - sono le stesse che con la Fisvi di Carlo Saverio Lamiranda favorito da Romano Prodi si comprarono la Sme decretando la crisi del sistema agroalimentare italiano - all’idea del camice bianco Rocco Paternò, presidente dei medici lucani. Subito dopo, forse perché non si vedeva una luce, si è arrivati all’oculista Domenico Lacerenza. Infine a cinque giorni dalla chiusura delle liste è spuntato Piero Marrese (ieri ha ottenuto anche l’appoggio di Chiorazzo che ha rinunciato alla corsa in solitaria), sindaco di Montalbano Jonico e presidente della Provincia di Matera. Che ospita il Centro ricerche Enea Trisaia di Rotondella. Da lì a fine anno è stata lanciata la strategia energetica dell’Italia: mettere insieme fonti fossili con rinnovabili e biomasse per approdare all’idrogeno. È un processo lento che richiede costanza e costanti investimenti. Come ha chiarito il ministro Gilberto Pichetto Fratin, che ha fatto della Basilicata il fulcro di questa strategia. Il presidente della Regione uscente Vito Bardi ricandidato unitariamente e convintamente dal centrodestra sostiene che «la Basilicata si pone come luogo indispensabile per la sperimentazione dei processi innovativi di decarbonizzazione anche con il contributo del fossile perché il nostro è un territorio di riferimento per il Paese: abbiamo il fossile, l’eolico, l’idroelettrico, il fotovoltaico e grandi potenzialità che deriveranno anche dalle biomasse». Dunque da qui dipende un pezzo di futuro dell’Italia. Ma il Pd e i 5 Stelle fanno fatica a farci i conti. Anzi la propensione è chiudere i pozzi di petrolio, è sognare una Basilicata verde. Carlo Calenda, il leader di Azione, sbattendo la porta del fu campo largo e annunciando il sostegno a Bardi ha definito – riferisce La Presse – così i contorni del silenzio sul petrolio della coalizione di sinistra: «In Basilicata se vince la coalizione di sinistra chiuderete l’estrazione di petrolio che vale il 70% della produzione nazionale e quella di gas che vale il 14%. La Basilicata perderà così 700 milioni di euro in dieci anni. Abbiamo fatto la scelta giusta. Buona decrescita infelice». La posta in gioco in Basilicata è questa: 70.000 barili al giorno estratti dalla Val d’Agri, altri 50.000 da Tempa Rossa, quasi 2 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Per avere una dimensione la Basilicata vale più o meno il 10% dei giacimenti norvegesi. In termini di ricaduta sulla popolazione sono 2 miliardi di euro in dieci anni che arrivano alla Regione, che con Bardi ha già dato il gas gratis a 140.000 utenze e ora dà l’acqua gratis ad altre 70.000 famiglie con Isee inferiore a 30.000 euro. La partita sull’energia in Basilicata è dunque doppia: beneficio immediato per i residenti, proiezione di sviluppo energetico per l’Italia. Ma il Pd su questi temi va in direzione ostinata e contraria. Ai tempi del governo di Matteo Renzi lo «scandalo» di Tempa Rossa azzoppò l’allora ministra dello sviluppo economico Federica Guidi. Che aveva un solo torto: aver detto che al referendum sul blocco delle trivelle si doveva votare no. Lo aveva detto anche Matteo Renzi che oggi in Basilicata sta col centrodestra. Il Pd si astenne, il referendum naufragò. La Guidi si dimise, il suo fidanzato, che lei avrebbe agevolato inserendolo in trattative per i giacimenti di petrolio di Tempa Rossa, fu prosciolto da ogni accusa. Ma la resistenza contro il petrolio si era saziata. Fin dai tempi di Enrico Letta il Pd ha dichiarato: «La destra sta col nero fossile». Un anno fa Pd, 5 Stelle, Verdi e Sinistra hanno fatto cartello contro il decreto che autorizzava nuove trivellazioni. Ma la posizione più netta è quella di Annalisa Corrado, «l’ingegnera» che Elly Schlein ha messo a capo degli affari energetici ed economici del Pd. Per la Corrado l’energia fossile è maschilista frutto «della mentalità che manifesta senza remore l’ambizione tossica e la voglia di potere, sia verso la donna che per l’ambiente». Per la consigliera della segretaria Schlein c’è una lobby a Palazzo Chigi che si batte contro le rinnovabili e il modello economico da seguire è quello del Gambia. Quanto ai 5 Stelle sul loro sito campeggia questa scritta: «No a questo governo fossile, vogliamo un futuro rinnovabile». Chisà che ne pensano in Basilicata.<div class="rebellt-item col1" id="rebelltitem1" data-id="1" data-reload-ads="false" data-is-image="False" data-href="https://www.laverita.info/pd-m5s-basilicata-trivelle-ambigui-2667563471.html?rebelltitem=1#rebelltitem1" data-basename="30-orari-ora-se-la-prendono-coi-dati" data-post-id="2667563471" data-published-at="1711007047" data-use-pagination="False"> 30 orari, ora se la prendono coi dati I fatti hanno la testa dura, si dice, ed è per questo forse che a qualcuno non piacciono molto. Nei giorni scorsi, come riportato anche dalla Verità, l’Osservatorio per la sicurezza stradale dell’Emilia-Romagna ha divulgato alcuni dati, forniti periodicamente dal 118, relativi ai sinistri avvenuti a Bologna nei primi due mesi del 2024. Da essi emergeva che il numero di incidenti sulle strade, rispetto all’anno precedente, è in leggero aumento. L’ente regionale fornisce queste informazioni da anni, senza alcun tipo di orientamento, ma per l’occasione l’Ausl ha voluto precisare che si tratta di «dati grezzi» e «privi dei necessari parametri statistici per una eventuale comparazione relativa a singole misure». Va da sé che alcuni media si sono serviti di quei numeri per mettere in discussione i toni trionfalistici con cui la giunta di Bologna celebra, dopo appena due mesi, il suo provvedimento sulla Città 30 - e pertanto l’esternazione dell’Ausl mirava a difendere la misura tanto rivendicata dal sindaco Matteo Lepore -, tuttavia l’Osservatorio si è limitato a inviare dati che da anni concede a chi li richiede, e nulla di più. A qualcuno nell’amministrazione felsinea, però, non è piaciuto. Durante una sessione del Consiglio comunale, Simona Larghetti, consigliera di Coalizione civica e delegata metropolitana alla sicurezza stradale, ha parlato di «caso molto preoccupante» e accusato l’Osservatorio di «mandare veline solo a certe redazioni». «È molto grave continuare a strumentalizzare una piattaforma istituzionale per finalità evidentemente politiche», ha dichiarato. «Perché usare dati grezzi, parziali e non relazionati nel tempo equivale a diffondere fake news e scavare nella paura della persone, senza preoccuparsi di dare riferimenti scientifici precisi, in contrasto con i dati raccolti in maniera scientifica e puntale dalle altre città che stanno operando le nostre stesse politiche di traffico». Di fronte a un simile attacco il presidente dell’Osservatorio, Mauro Sorbi, nominato dal presidente della Regione, Stefano Bonaccini, e pertanto poco interessato ad attaccare una giunta del Pd, ha rilasciato martedì un comunicato ufficiale a difesa dell’ente. «L’Osservatorio», si legge nel testo, «in sinergia con l’Ufficio Statistica della Regione, settimanalmente, mensilmente e annualmente, sulla base dei dati provvisori ricevuti, compila documenti in merito all’incidentalità (mortale e non) per ogni Provincia o Comune, comprese le modalità dei sinistri ed i feriti coinvolti, grazie anche a colloqui quotidiani e a riunioni con le autorità che vigilano sulle strade». «A richiesta», prosegue, «tali informazioni vengono inviate a vari enti, comprese redazioni giornalistiche, a completamento della cronaca sull’incidentalità. Dal 2018 queste informazioni escono sui media con regolarità (senza essere mai state contestate)». Un comunicato non ostile, in cui però il presidente - che già in passato era stato invitato a dimettersi, da alcuni componenti della giunta bolognese, per aver manifestato preoccupazioni sulla Città 30 - esprime rammarico «per l’interpretazione che in alcune sedi istituzionali, come il Consiglio Comunale di Bologna, è stata data recentemente ai nostri documenti». «I nostri funzionari», conclude, «lavorano con serietà e professionalità. Qualora fosse messa in dubbio l'autonomia e la terzietà dell’Osservatorio, ci rendiamo disponibili ad un confronto in qualunque sede per discutere dei dati forniti con le modalità descritte e oggetto del citato protocollo». Un attacco che non ci si aspetta, soprattutto da chi ha sempre difeso la terzietà degli organi tecnici, specialmente quando nominati da loro (come in questo caso, d’altra parte). Staremo a vedere se, almeno questa volta, la giunta sarà disponibile a un confronto.
Luca Zaia intervistato ieri dal direttore della Verità e di Panorama Maurizio Belpietro (Cristian Castelnuovo)
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