2021-06-11
Il Pd è allergico alla democrazia: non sopporta che si critichi il ddl Zan
Franco Mirabelli e Monica Cirinnà si scagliano contro chi, come me, è stato ascoltato alle audizioni in commissione al Senato. Per controbattere a quelle che definiscono «fake news», potrebbero intervenire: ma hanno disertato l'aula.Da qualche giorno i sostenitori del ddl Zan sono piuttosto irritati. Sostengono che sul disegno di legge il Parlamento stia ascoltando troppe opinioni. Vorrebbero che la commissione Giustizia del Senato riducesse drasticamente il numero di persone audite e che il testo fosse subito inviato all'aula per l'approvazione immediata. Non solo. Gli esponenti del Pd hanno da ridire pure sul contenuto delle audizioni. Secondo loro, chi si esprime contro la mordacchia arcobaleno è un diffusore di «fake news».«Abbiamo ascoltato 5 “esperti", tutti rigorosamente contro il disegno di legge», si lagna il senatore del Pd, Franco Mirabelli. «Nessuno si è preoccupato di spiegare come si potrebbero meglio evitare violenze e discriminazioni omotransfobiche e che l'impegno prioritario dovrebbe essere per questo, né ci si è soffermati sulla necessità di far crescere la cultura delle differenze. Anzi, in questo processo alle intenzioni vale tutto. Anche l'utero in affitto, che comunque secondo loro sarebbe sdoganato con lo Zan, nulla ha a che fare direttamente o indirettamente col testo».Della stessa opinione, ovviamente, pure Monica Cirinnà: «Ha ragione Franco Mirabelli. Nel corso delle audizioni stiamo ascoltando di tutto. E di tutto si parla, meno che del contenuto del ddl Zan. Il tutto, mentre gli episodi di discriminazione e di violenza si moltiplicano, e il Paese attende dalla politica un gesto di responsabilità».Si dà il caso che chi scrive fosse presente alle audizioni in qualità, appunto, di audito. E poiché mi trovavo di fronte alla commissione del Senato, a leggere le parole di Mirabelli e Cirinnà qualche perplessità mi è venuta. Tanto per cominciare, i due senatori del Pd mostrano un'idea di democrazia piuttosto stravagante. Sembrano dispiacersi del fatto che, in merito a un disegno di legge, si ascoltino anche opinioni critiche. Non gradiscono che, a proposito del ddl Zan, si tiri in ballo, ad esempio, l'utero in affitto. Eppure a citarlo è stata Marilena Grassadonia, esponente di Famiglie arcobaleno e nota sostenitrice del ddl: ne ha parlato dal palco della manifestazione milanese pro Zan, spiegando che la legge è solo il primo passo verso ulteriori conquiste. Tuttavia, secondo il Pd, riflettere sul tema non si dovrebbe, tantomeno in una commissione parlamentare. Vorrebbero, i cari progressisti, che si parlasse soltanto delle «discriminazioni» subite dalle persone Lgbt, cioè dell'unico argomento ammesso dalla propaganda.Ci risulta, tuttavia, che il Parlamento sia appunto il luogo in cui si parla, si discute e si esaminano le varie idee – anche in contrasto fra loro – riguardanti i progetti di legge. Che una commissione ascolti tante persone non è uno sgarbo: è sano. Specie se si tratta di esaminare un testo che minaccia di cambiare radicalmente l'approccio alla differenza sessuale, che potrebbe mettere a rischio la libertà di espressione e portare nelle scuole una ideologia potenzialmente pericolosa.Ma al Pd tutto ciò non piace. Per i sinceri democratici, le opinioni diverse sono «fake news». Ecco, su quest'ultimo punto vale la pena di soffermarsi un momento. Come detto, ero presente alle audizioni. Ma non ricordo di aver visto il volto del senatore Mirabelli, né quello della senatrice Cirinnà. Non ricordo di aver sentito la loro voce. Dunque mi domando: se hanno ascoltato così tante fake news, perché non hanno preso la parola e le hanno smentite in aula? Il loro intervento sarebbe rimasto agli atti, sarebbe stato visibile online, e i «bugiardi» presenti sarebbero stati platealmente sconfessati. E invece, pensate un po', sono rimasti tutti zitti. Non hanno detto una parola: se ne sono fregati. Salvo poi, nei giorni successivi, strapparsi le vesti e rilasciare dichiarazioni accorate e indignate. Eppure sarebbe stato molto utile, finalmente, avere un confronto. Chissà, magari Mirabelli avrebbe persino potuto convincere qualcuno dei presenti a cambiare posizione, dopo avergli illustrato per filo e per segno le sue ragioni. Forse la Cirinnà si sarebbe resa conto che di discriminazioni (vere e presunte) in quell'aula si è parlato eccome, se avesse ascoltato con più attenzione o se avesse aperto bocca per intervenire. Alessandra Majorino dei 5 stelle, altra entusiasta del ddl Zan, era presente in audizione, a un certo punto ha chiesto di intervenire, poi però è misteriosamente scomparsa. Anche lei ha fatto mancare il suo contributo.Tale indisponibilità al dibattito non è cosa recente. Femministe come la brava Marina Terragni – presente in audizione – da mesi e mesi (pensate: da prima che il ddl fosse approvato alla Camera) chiedono agli esponenti di sinistra di aprire un dialogo sul testo. Ma nessuno le ha ascoltate, a partire da Alessandro Zan. Come mai i fautori della norma arcobaleno sono così restii a interloquire con chi la pensa diversamente da loro? Per quale motivo sono così irritati quando devono esaminare le idee altrui? Sì, hanno una concezione del Parlamento piuttosto strana. Ecco perché conviene andarci cauti: dovremmo lasciare che sia gente così poco democratica a stabilire i confini della libertà di espressione? Anche no, grazie.