2021-02-24
Patuanelli boccia anche l’etichetta Ue
Stefano Patuanelli (Ansa)
Netta presa di posizione del ministro contro il Nutriscore: «Ci fa un danno enorme». Poi si unisce all'appello per riportare gente nei locali: «I fornitori sono in sofferenza».Debutta - da Milano a Trieste passando per Bologna - la lega della tagliatella al sugo sovranista. A sostenerla, oltre a Matteo Salvini, da sempre a fianco dei ristoratori, e Stefano Bonaccini (Pd, pragmaticamente emiliano-romagnolo), c'è anche Stefano Patuanelli, ingegnere triestino prestato, nel governo Draghi, ai campi. Ieri ha avuto, da ministro dell'Agricoltura, il suo battesimo del «cuoco» partecipando al consiglio nazionale della Coldiretti. In parte dribblando il fatto che fino a qualche settimana fa era ministro per lo Sviluppo economico del governo bis-Conte che ha chiuso i ristoranti promettendo ristori mai arrivati, ha reso palese il patto della fettuccina con Lega e Pd, spostando i 5 stelle a fianco di osti e cuochi che i grillini hanno sempre visto come potenziali evasori e contro l'Europa del Nutriscore. Ebbene, da neoministro agricolo Patuanelli si è accorto che la ristorazione all'arrabbiata può essere indigesta e ha scandito: «Attraverso il Cts del ministero della Salute stiamo lavorando a un protocollo per consentire alla ristorazione la ripartenza. Conosco bene l'impatto che la pandemia ha avuto su questo comparto, il Fondo (si tratta dei soldi che dovevano arrivare ai ristornati che si approvvigionano di materia prima italiana pensato dall'ex ministro Teresa Bellanova, ndr) pensato a inizio anno è stato utile, ma ora dobbiamo garantire alle persone di poter tornare al ristorante anche perché ci sono dei fornitori come i vignaioli in forte sofferenza». Basta cambiare ministero che si cambia idea, verrebbe da dire. Patuanelli - rispolverando forse un'antica vena pentastellata di critica all'Europa - è stato ancora più deciso nel bocciare il Nutriscore. «Quel sistema di etichettatura», ha sottolineato il ministro salendo sulla barricata agroalimentare, «in Italia è inaccettabile; finché sarò ministro mi batterò con tutte le mie forze perché il Nutriscore venga abbandonato, è un danno enorme per il nostro Paese». A dire il vero il Nutriscore inventato - guarda caso - da epidemiologi francesi, applaudito dalle multinazionali del food - dalla Nestlè alla Danone - ormai per l'Europa (dalla Germania a Parigi, dall'Olanda a Bruxelles) sembra la via maestra che si aggiunge al piano anti cancro voluto da Ursula Von der Leyen che mette al bando salumi, vino e carne rossa. Ma Patuanelli pare irremovibile: «Non c'è un tema di salute in senso assoluto rispetto al cibo, è un tema di equilibrio e di quantità, su questo si gioca in Europa il futuro dell'agroalimentare italiano e dobbiamo aver la forza di imporre la nostra visione». Una richiesta di alleanza subito raccolta dal presidente di Coldiretti Ettore Prandini che ha confortato il ministro - Patuanelli ha parlato anche di biogas, di futura politica agricola europea che non deve penalizzare l'Italia, di agricoltura di precisione - affermando: «Il nuovo protagonismo dell'Italia in Europa è importante per difendere il Made in Italy agroalimentare dall'attacco di lobby e burocrazia che con tagli di risorse ed etichette allarmistiche colpiscono addirittura prodotti base della dieta mediterranea. Si rischia», sottolinea Prandini, «di promuovere cibi spazzatura con edulcoranti al posto dello zucchero e di sfavorire l'olio extravergine di oliva, simbolo della dieta mediterranea, ma anche il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano ed il prosciutto di Parma, le cui semplici ricette non possono essere certo modificate. L'equilibrio nutrizionale va ricercato tra i diversi cibi consumati, perciò non sono accettabili etichette che allarmano o scoraggiano il consumo di uno specifico prodotto: dall'extravergine al vino». Chissà se Mario Draghi, che predica cessioni di sovranità all'Europa, approva. Di certo ora i ristoratori aggiungono un posto a tavola: c'è un amico in più. È - a sorpresa - il grillino Stefano Patuanelli.
Il laboratorio della storica Moleria Locchi. Nel riquadro, Niccolò Ricci, ceo di Stefano Ricci
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Robert F.Kennedy Jr. durante l'udienza del 4 settembre al Senato degli Stati Uniti (Ansa)