2025-06-25
Patto fra Trump e Putin dietro la tregua in Iran
Sullo sfondo Vladimir Putin (Ansa). Nel riquadro il senior advisor della Fondazione Med-Or, Daniele Ruvinetti (Imagoeconomica)
Il presidente americano (che poi si infuria con Netanyahu e gli ayatollah per le fugaci violazioni) e quello russo hanno fatto pressioni sui rispettivi alleati. Daniele Ruvinetti di Med-Or: «Cosa ha ottenuto Mosca in cambio? Un intervento per congelare la linea del fronte in Ucraina e forse un via libera in Libia».Donald Trump ha annunciato un cessate il fuoco tra Israele e Iran. Si tratta di una svolta importante, che fa tuttavia emergere anche numerose domande. Come si è arrivati alla tregua? Reggerà? E quali saranno le sue implicazioni per gli altri scenari di crisi (dall’Ucraina alla Libia)? Per cercare di avere un quadro più chiaro, La Verità ha intervistato Daniele Ruvinetti, senior advisor della Fondazione Med-Or.Dottor Ruvinetti, come si è arrivati al cessate il fuoco tra Israele e Iran?«Possiamo svelare qualche retroscena interessante. Probabilmente c’è una regia dell’accordo che passa da Donald Trump a Vladimir Putin. Gli autori veri di questa intesa sono stati loro due, anche grazie al supporto del Qatar, che ha giocato un ruolo importante. Il presidente americano e quello russo hanno condotto un dialogo sotterraneo. Nel momento in cui il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi è andato da Putin, chiedendo in qualche modo anche un supporto, si è sentito dire che non si sarebbe dovuto chiudere lo Stretto di Hormuz: un diktat che gli iraniani avevano ricevuto anche dalla Cina. In secondo luogo, Putin gli ha detto che si sarebbe dovuti arrivare a un cessate il fuoco».Poi?«Il presidente russo ha detto ad Araghchi che non avrebbe potuto supportare Teheran militarmente, in quanto il Cremlino è impegnato fortemente in Ucraina. Non solo. Nei giorni precedenti all’arrivo del ministro iraniano a Mosca, vari media statali russi hanno sottolineato più volte che l’accordo di partenariato strategico con l’Iran non prevede l’automatismo in base a cui, se uno dei due Paesi viene attaccato, l’altro deve andargli in aiuto militarmente. Questo veniva ricordato per preparare il terreno. E qui veniamo all’intesa tra Trump e Putin. Il presidente americano probabilmente ha fermato Israele e Putin ha fermato a sua volta l’Iran. Da quanto mi risulta, delle pressioni sull’Iran sono arrivate anche dal governo del Qatar che ha contribuito a spingere Teheran a fermarsi. Resta comunque il fatto che i due attori principali sono stati Trump e Putin. Da qui è scaturito il cessate il fuoco».Quali potrebbero essere le conseguenze principali di questa sponda tra il presidente americano e quello russo?«Ovviamente questa situazione mi fa pensare che tale intesa possa riverberarsi sull’Ucraina. Putin sicuramente avrà detto a Trump: “Io ti aiuto, ma tu mi devi concedere mani libere sull’Ucraina”. Il presidente russo ha probabilmente chiesto a Trump di imporre a Volodymyr Zelensky la stessa cosa che lui ha imposto agli iraniani, per cercare di congelare le posizioni sul campo di battaglia, se non addirittura per ottenere ulteriori avanzamenti militari da parte di Mosca. Oggi, infatti, Zelensky incontrerà Trump. Quindi tutto ciò potrebbe rientrare in questo accordo di mutua assistenza. Ovviamente, se così fosse, questo non farebbe piacere ad alcune cancellerie europee, perché cristallizzerebbe una data situazione in Ucraina. Dall’altra parte, gli ucraini non possono fare a meno del supporto statunitense».E che cosa mi dice invece delle ripercussioni interne all’Iran?«In Iran si stanno scontrando due visioni. E questo si è visto con la violazione del cessate il fuoco. In Iran c’è una differenza di visione tra la cosiddetta prima generazione, tra cui c’è l’ayatollah Ali Khamenei, e la seconda generazione, di cui fanno parte i comandanti dei pasdaran: comandanti che hanno preso in malo modo sia la ritorsione blanda iraniana di lunedì contro gli Stati Uniti sia la tregua annunciata da Trump. Bisognerà quindi vedere come si svilupperà la situazione in Iran. Da una parte, Putin ha tutto l’interesse che Khamenei resista: il presidente russo ha del resto conseguito il risultato di mantenersi un alleato nella regione mediorientale. Dall’altra parte, si è però innescato questo meccanismo interno all’Iran. Io reputo molto difficile un cambio di regime che porti al potere il figlio dello Scià. Credo sia più probabile che possa avvenire un mutamento all’interno dello stesso sistema di potere a Teheran. Potrebbe avvenire che i pasdaran destituiscano la Guida suprema e conquistino il potere. Nelle prossime ore, bisognerà vedere se e come tiene la tregua. Alcuni media più vicini ai pasdaran hanno già espresso freddezza verso il cessate il fuoco».Qual è stato invece il ruolo della Turchia nel cessate il fuoco?«Tra Turchia e Russia c’è ancora freddezza. Recep Tayyip Erdogan aveva provato a fare lui l’accordo tramite un incontro segreto a Istanbul, che poi era fallito perché Khamenei non aveva risposto. Chiaramente per Khamenei il partner militare e strategico è la Russia e il partner economico è la Cina. La Turchia ha un buon rapporto con l’Iran ma non vanta l’influenza che ha la Russia».Possiamo quindi dire che Putin ha sfilato il ruolo di paciere a Erdogan in Medio Oriente?«Sì, Putin ha un po’ sfilato il ruolo a Erdogan».Prevede delle conseguenze anche per quanto riguarda la presenza russa nella parte orientale della Libia?«Nel caso in cui regga la tregua, bisognerà capire non solo come si evolverà la situazione in Ucraina ma anche in Libia. La Russia potrebbe chiedere infatti delle contrapartite a Trump anche qui. Mosca è infatti molto presente in Cirenaica attraverso il generale Khalifa Haftar. Ebbene, visto che a Tripoli c’è un momento di grande instabilità e visto che c’è il rischio di una ripresa di scontri in loco, Haftar e i russi potrebbero approfittarne per andare anche in Tripolitania. I russi potrebbero chiedere agli americani l’autorizzazione. A quel punto, se gli americani dessero l’ok, per l’Italia sarebbe un problema. L’immigrazione sarebbe infatti gestita dai russi».