2018-04-17
Imporre la patrimoniale significa rubare
Secondo l'Ocse, per ridurre la diseguaglianza è necessaria una tassa sulla ricchezza. Ma questa è una misura assistenziale che punisce gli imprenditori. La crisi dipende dal calo demografico voluto dalle élite: solo le nascite rilanceranno l'economia. Il 12 aprile l'Ocse ha diffuso uno studio (The role and design of net wealth taxes) sulla crescita del divario fra ricchi e poveri e sulla concentrazione della ricchezza, che indica l'Italia come il Paese in cui la diseguaglianza è cresciuta di più. Riconosco la corretta analisi, ma non ho capito la diagnosi e disconosco la prognosi. La prognosi proposta è che una bella imposta patrimoniale ridurrebbe i divari e le diseguaglianze, poiché dove la ricchezza si è creata non è stata redistribuita. Lo studio sembra affrontare con professionalità l'impatto di una patrimoniale in funzione dei modelli di creazione della ricchezza e della tassazione nei Paesi considerati (secondo redditi di lavoro, di capitale, successione ereditaria, eccetera). Ma non mi pare affronti con una adeguata diagnosi economica i vari motivi per cui si son create queste condizioni. Direi che passa dalla analisi alla prognosi, senza una vera diagnosi. L'Ocse è la prestigiosa Organizzazione per la cooperazione e sviluppo economico, con sede a Parigi, senza dubbio con capacità di influenza sulle politiche economiche e fiscali dei Paesi aderenti, pertanto merita una considerazione, visto che il nostro Paese non va affatto incoraggiato a promuovere nuove imposte patrimoniali. L'Italia semmai necessita di uno specifico piano di sviluppo che crei ricchezza per tutti (Nord e Sud), fondato sui suoi vantaggi competitivi: le piccole-medie imprese e il risparmio delle famiglie da preservare e indirizzare verso queste. Poiché da più parti si continua a enfatizzare il problema della diseguaglianza, sarebbe utile cominciare a capire cosa si intenda per uguaglianza o diseguaglianza, chi lo stabilisca e su quali principi. I principi di «uguaglianza, fraternità e libertà» hanno sempre dimostrato di contraddirsi fra loro, visto che l'eguaglianza forzata priva l'individuo di libertà, ma lo priva anche della speranza di fraternità perché questo è un atto moralmente voluto, non imposto dallo Stato. Perciò uno strumento che impone l'eguaglianza economica è insostenibile e ingiusto.Lo dico ben sapendo di contraddire persino considerazioni fatte in Evangelii Gaudium, quando spiega che è la non equa ripartizione della ricchezza il peggiore dei mali e che questa economia uccide. Ciò non è vero, perciò mi preoccupa l'opinione dell'Ocse, poiché una patrimoniale concepita con tale obiettivo sembra partire dal non dimostrato presupposto che ci sia stato un «abuso di accumulazione di ricchezza», un illecito che va colpito. In tal senso si rischia di creare maggior depressione nella motivazione imprenditoriale e nell'impegno degli investitori non speculativi e di favorire l'occultamento dei patrimoni e l'evasione fiscale, creando in più sempre maggior sfiducia verso governi e supergoverni europei.Ma va rilevato che la dinamica del sostegno «provvidenziale» alla cosiddetta povertà ripropone di fatto un'altra versione di Stato assistenziale che sviluppa pigrizia e ingiustizia, anziché ricchezza ed eguaglianza. In pratica l'Ocse con questa proposta rischia di incoraggiare e supportare politiche di governi che non sanno governare e scelgono demagogicamente soluzioni a breve termine. Vorrei perciò invitare l'Ocse ad approfondire le cause della crisi economica che ha prodotto l'attuale povertà e diseguaglianza e affrontare le necessarie soluzioni non con rimedi facili e a breve, ma sostenibili, appropriati, non rischiosi e giusti. La invito a farlo in modo meno «cartesiano», al fine di comprendere che la crisi e la maggior diseguaglianza è stata creata proprio dalla miopia dei poteri politici nazionali e sovranazionali negli ultimi 40 anni. La invito a ripensare la dinamica di come si è creata la crisi attuale, conscio che se si sbaglia la diagnosi anche la prognosi sarà errata o inapplicabile. Questa crisi nasce dal crollo delle nascite e dal conseguente crollo della crescita del Pil, compensato da un consumismo che ha assorbito il risparmio e ridotto il credito bancario. Si è sviluppata grazie alla delocalizzazione, necessaria a ridurre i costi di produzione, producendo deindustrializzazione dei nostri Paesi e i presupposti di disoccupazione. È peggiorata ignorando che il crollo delle nascite genera invecchiamento della popolazione e costi conseguenti assorbiti dall'aumento delle tasse e dal debito. Imposte patrimoniali indiscriminate (come normalmente poi avviene nella prassi) su chi ha prodotto e sa produrre ricchezza per ridurre le disuguaglianze non sono espressione di solidarietà, sono un furto. Parafrasando Karl Marx, direi che «la patrimoniale è un furto» . Espropriare ricchezza è più facile che crearla, ma provoca peggiori conseguenze. Aver generato povertà e la diseguaglianza conseguente è stata una responsabilità di chi ha preteso di formulare strategie innaturali per governare un nuovo ordine mondiale. Chi è causa dei problemi non può poi pretendere di proporre le soluzioni.
Jose Mourinho (Getty Images)