2021-09-26
Partorire ai tempi del certificato verde: il vero travaglio è quello burocratico
Tamponi continui anche per le vaccinate e cambi di ospedale all'ultimo minuto: la follia del pass non risparmia le neo mamme.Mai controindicata, la vaccinazione anti Covid-19 è oggi raccomandata «con vaccini a mRna, in gravidanza nel secondo e terzo trimestre» e nell'allattamento, come si legge nella circolare del ministero della Salute, appena diffusa. Per anticipare l'immunizzazione «al primo trimestre» dice il documento, serve «una valutazione dei potenziali benefici e dei potenziali rischi» con il medico. La vaccinazione, per il ministero, è raccomandata, sin da subito, anche nelle donne che allattano, senza alcuna interruzione.A velocizzare la messa a punto della circolare, sottolinea in una nota l'Istituto superiore di sanità (Iss), c'è la maggiore pericolosità e diffusione della variante delta, soprattutto tra i più giovani. Rimane praticamente intatta l'indicazione, già data a gennaio. Le donne in gravidanza «che desiderino vaccinarsi devono valutare rischi e benefici insieme a un sanitario», dice l'Iss, «anche alla luce dell'evidenza che la febbre, che rientra tra le possibili reazioni al vaccino, può causare un aumento del rischio di malformazioni congenite».Si conferma quindi prioritaria l'indicazione di fare le due dosi di vaccino nelle donne a maggior rischio di contrarre l'infezione da Sars-Cov2 perché lavorano in ambito sanitario o con persone fragili (caregiver), ma anche a quelle che possono più facilmente sviluppare una forma grave di Covid-19 perché over 30 o affette da altre condizioni come obesità o diabete, oppure per la provenienza da Paesi ad alta pressione migratoria. «A livello internazionale c'è consenso sull'utilità dell'immunizzazione in gravidanza», dice Claudio Crescini, vice presidente dell'Associazione degli ostetrici e ginecologi ospedalieri (Aogoi). «La donna incinta che contrae il Covid ha un rischio più elevato di malattia, anche severa, e di parto prematuro». Due grandi studi americani usciti ultimamente su donne incinte «dimostrano che il rischio di aborto non cambia tra vaccinate e non», continua l'esperto. «Va ricordato che normalmente il 14% delle gravidanze si interrompe entro i primi tre mesi - vaccino o no - e che l'1,5-2 per mille dei nascituri muore all'ultimo mese di gravidanza». Non ci sono controindicazioni reali nemmeno per il feto «che, peraltro non viene neppure raggiunto dall'mRna iniettato. Al contrario, i dati mostrano che gli anticorpi prodotti dalla vaccinazione arrivano nel latte materno e, parzialmente, nella circolazione fetale, proteggendo il piccolo», spiega Crescini. Anche per questo il ministero apre alla vaccinazione anche se si allatta. L'Iss raccomanda l'immunizzazione anche dei papà e dei conviventi, per limitare ulteriormente il rischio di contagio.In un Paese normale tutto potrebbe finire qui, invece, proprio a questo punto, si apre il tema del lasciapassare verde per i futuri genitori alle prese con visite ed esami, oltre che a parto e degenza. L'impresa è ardua perché il governo, nel decreto green pass, ha specificato che è a «discrezione» della struttura ospedaliera regolare l'accesso a pazienti e parenti. Sul piano pratico il vaccino non facilita il percorso della futura mamma perché non è esente dal dover presentare l'esito negativo al tampone per il Covid prima di ogni accertamento, come del resto richiesto a ogni degente. Considerando il numero di esami e controlli che sono richiesti in gravidanza, non è una cosa da poco visto che ogni tampone costa 15 euro. Non va meglio al futuro papà che, per essere presente all'ecografia, in assenza di green pass, deve sborsare i 15 euro del test - e siamo a 30. Anche il padre vaccinato - nel caso in cui l'ecografia fosse fissata nei 15 giorni dopo la prima dose, quando non è disponibile la carta verde - si vedrebbe nella situazione assurda di essere costretto fuori, magari tra persone potenzialmente positive, invece che all'interno dell'ambulatorio, vicino a una sua stretta convivente, a vedere le prime immagini di suo figlio. Situazione simile anche per il parto: la madre entra con green pass e tampone rapido negativo. Se però l'esito è positivo, e magari l'ospedale non è attrezzato con la terapia intensiva per la maternità, la partoriente dovrà cambiare struttura all'ultimo (salvo non si sia già entrati in travaglio attivo), con tutto il disagio e l'angoscia del caso. Accade ovunque. Il San Raffaele di Milano, ad esempio, informa già i futuri genitori che, in caso di positività, dovranno andare in un altro ospedale.Se la partoriente è negativa, il papà può entrare in sala parto, se ha il green pass, anche se questo non garantisce di non essere positivo. «È un rischio basso, non è mai capitato, ma potrebbe succedere», aggiunge Crescini. Nel ginepraio che regola le visite al neonato e alla sua mamma, l'unica certezza è avere il lasciapassare, ma su tempi e modalità ogni reparto fa a sé. Nell'ospedale di Treviglio, nella bergamasca, dove Crescini è direttore dell'Uo di Ostetricia e ginecologia, si entra «uno alla volta per 45 minuti con green pass a orari fissi e giorni alterni: pari e dispari». La bella notizia è che, di solito, «madre e neonato vengono dimessi dopo due giorni dal parto», ricorda il medico. Poiché la futura mamma, a prescindere dal vaccino, deve comunque fare più test per Covid «forse varrebbe la pena di rendere gratuiti i tamponi per la donna in gravidanza, aggiungendone magari anche uno per chi l'accompagna», suggerisce Crescini ricordando che già altri test sono gratuiti. «Non dovrebbe costare avere un bambino, visto anche il crollo della natalità», osserva. Paradossalmente, oggi, a una donna in gravidanza, economicamente, converrebbe avere il certificato di esenzione temporanea dal vaccino: come gli altri esenti non può stampare il green pass, ma almeno ha i tamponi gratuiti.