Avviato l’iter che costringerà ogni cittadino a sborsare parecchie migliaia di euro per adeguare la propria abitazione ai criteri energetici stabiliti da Bruxelles. Il centrodestra ha votato no, però la stangata da 1.500 miliardi è passata grazie al voto dei dem.
Avviato l’iter che costringerà ogni cittadino a sborsare parecchie migliaia di euro per adeguare la propria abitazione ai criteri energetici stabiliti da Bruxelles. Il centrodestra ha votato no, però la stangata da 1.500 miliardi è passata grazie al voto dei dem.«Siamo sull’orlo del baratro» dice il classico personaggio di Altan in una vignetta del 2013 con tanto di pulloverino rosso. «Goditi il panorama» gli risponde il compare col maglioncino blu. Il baratro è l’ormai famigerata direttiva sulla casa (Energy performance building) discussa ed approvata ieri nella Commissione Itre (Industria, ricerca, ed energia) del Parlamento Ue. Entro il 2030 tutti gli edifici dovranno essere in classe energetica non inferiore alla E. Poi nel 2033 non oltre la classe D. Asticella rialzata rispetto alla già demenziale bozza partorita dal Consiglio Ue dei ministri dell’Energia lo scorso ottobre. Uno schema approvato anche con il parere favorevole dell’appena insediato ministro Gilberto Pichetto Fratin. Meritevole forse di essere assolto «per non aver compreso il fatto». L’impatto in termini di deprezzamento del nostro patrimonio immobiliare sarebbe devastante. Un’insostenibile patrimoniale sulle case degli italiani già vessate da un inasprimento fiscale senza precedenti a partire dal 2011. Da 8 a 24 miliardi di maggiori imposte sugli immobili ogni anno. Poi «scese» intorno a 20. Un salasso cumulato di almeno 120 miliardi in dieci anni che però quasi impallidisce rispetto alla legnata in arrivo. Circa 9 milioni è il potenziale numero degli edifici oggetto di ristrutturazione. A tanto ammonterebbe il patrimonio immobiliare non a norma secondo stime Ance che calcola la spesa necessaria in circa 1.500 miliardi. Un piano così assurdo - sempre secondo l’Associazione dei costruttori - che servirebbero 630 anni per far arrivare tutti gli immobili in classe E; addirittura 3.800 per portarli tutti in classe D tenendo ovviamente conto dell’attuale capacità produttiva delle nostre imprese. Sull’effetto inflattivo in termini di aumento dei prezzi, nemmeno riusciamo ad immaginare l’impatto di avere una domanda così mostruosamente concentrata in pochi anni. E ovviamente tutto a spese dei proprietari di casa. E tutto per ottenere un risparmio di emissioni di anidride carbonica immessa nell’atmosfera pari allo 0,11%. «Praticamente nulla. Ma un nulla che costa 1.500 miliardi» come appunto commentato giorni fa da Sergio Giraldo che sulle colonne di questo giornale ha accuratamente stimato questo nulla; che oltre a essere non proprio a buon mercato sta da ieri cominciando a diventare purtroppo realtà. La Commissione Itre in seno al Parlamento Europeo ha infatti dato il primo sì. E ora veniamo al panorama. Chi ha votato cosa? La prima notizia è che il centrodestra italiano si è graniticamente schierato per il no. Così hanno votato i leghisti Paolo Borchia, Marco Campomenosi, Rosanna Conte e Alessandro Panza. A loro si è unito il deputato di Forza Italia Massimiliano Salini. In dissenso rispetto al voto non compattissimo del Partito popolare europeo. Ben 5 suoi deputati su 18 hanno infatti votato no. Nessun europarlamentare di Fratelli d’Italia fa parte di quella commissione. Ma la pattuglia del gruppo Ecr cui appartiene il partito di Giorgia Meloni ha unanimemente votato per il no. In tutto sono stati 19 gli eurodeputati che si sono opposti; 49 hanno detto purtroppo si. E fra questi tre gli italiani. Beatrice Covassi e Patrizia Toia del Partito democratico assieme a Ignazio Corrao dei Verdi; che però a Bruxelles ci è arrivato eletto nelle file del M5s. Questa è la seconda notizia. Che poi notizia non è. La sinistra non perde occasione per mollare ceffoni a chi possiede qualcosa. Ovviamente tutto in nome della salute del pianeta che di questo immane sforzo ovviamente non si accorgerà visto il nulla di cui parlavamo. Del partito di Giuseppe Conte non si hanno notizie. Non fa parte di alcun raggruppamento e non ha deputati in commissione. Ancora qualche settimana di tempo per fare il suo bel coming out in favore di questa scempiaggine. Degna di riflessione appare anche la pavida ma furba astensione dell’eurodeputato italiano Nicola Danti arrivato al Parlamento Ue come primo dei non eletti non appena Roberto Gualtieri è stato nominato ministro dell’Economia nel governo Conte 2. Come eletto nelle liste del Pd quindi ma già nel frattempo passato nelle file di Italia viva essendo un renziano della primissima ora. L’astensione del Terzo polo va letta ovviamente in controluce visto che il gruppo di riferimento (Renew Europe) si è convintamente espresso per il sì. Anche per Carlo Calenda e Matteo Renzi un bel calcio al barattolo, qualche dotto e paludato distinguo, due tre supercazzole e poi vediamo cosa si degneranno di fare. Infine, i tempi. La sciagurata proposta sarà esaminata dal Parlamento in seduta plenaria a Strasburgo nei giorni che vanno dal 13 al 16 marzo. Le opposizioni frapporranno ogni possibile ostacolo ed emendamento. E con ogni probabilità il relatore irlandese Ciaran Cuffe chiederà che si apra la concertazione a tre fra Commissione, Parlamento e Consiglio Ue. Il cosiddetto trilogo. E già trovare un termine più ridicolo di questo appare un’impresa titanica. Il tutto per arrivare chissà quando (speriamo mai) ad una proposta condivisa in quella che appare a tutti gli effetti essere la Bolkestein del XXI secolo. Nel frattempo, il baratro è purtroppo li. Godiamoci il panorama.
Robert Redford (Getty Images)
Incastrato nel ruolo del «bellone», Robert Redford si è progressivamente distaccato da Hollywood e dai suoi conformismi. Grazie al suo festival indipendente abbiamo Tarantino.
Leone XIV (Ansa)
Nella sua prima intervista, il Papa si conferma non etichettabile: parla di disuguaglianze e cita l’esempio di Musk, ma per rimarcare come la perdita del senso della vita porti all’idolatria del denaro. E chiarisce: il sinodo non deve diventare il parlamento del clero.