2022-05-21
Partiti con le spalle al muro. La grana dei balneari era stata infilata nel Pnrr
Nonostante gli appelli a trovare un accordo la realtà è che le decisioni cruciali di Roma sono vincolate al Recovery. Non si ammettono eccezioni: il Parlamento sta a guardare.I nodi sono venuti al pettine. Ciò che in quasi totale solitudine avevamo annunciato fin dal maggio 2020 - quando la Commissione pubblicò le prime bozze del Recovery fund - si è puntualmente verificato dopo due anni esatti. Tutte le più importanti decisioni politiche del governo sono atti in esecuzione degli impegni presi nel luglio 2021 con l’Ue e contenuti nel nostro Piano nazionale di ripresa e resilienza. Qualsiasi deviazione dal quel solco tracciato in modo molto scrupoloso e dettagliato, provoca la sospensione dei pagamenti delle rate previste per ciascun semestre fino al 2026. Il Parlamento è ridotto a mero passacarte.Nulla che non potesse essere ampiamente previsto, almeno per chi si era preso la briga di leggere le centinaia di pagine di documenti pubblicati dalla Commissione per definire le linee guida secondo cui redigere i piani nazionali.Invece abbiamo passato due anni a raccontarci la favola della «pioggia di miliardi dall’Europa» e pochi hanno puntato l’attenzione sugli impegni presi dal governo con l’Ue. Una sequenza di circa 500 obiettivi e traguardi intermedi, tra i quali spicca per ciascun anno fino al 2025, l’approvazione della legge annuale sulla concorrenza che è da giovedì al centro delle frizioni tra il presidente Mario Draghi e parte della maggioranza che lo sostiene nelle Camere, in particolare Lega e Forza Italia.Da una parte c’è Draghi che sostiene che senza quella legge e i suoi decreti attuativi non riusciremmo a incassare la rata di fine anno del Pnrr e, dall’altra, ci sono i due capigruppo al Senato di Forza Italia e Lega, Annamaria Bernini e Massimiliano Romeo, i quali credono che «si possa trovare un accordo positivo su un tema che, peraltro, non rientra negli accordi economici del Pnrr».Ci dispiace deludere Bernini e Romeo ma la decisione di esecuzione del Consiglio del 13 luglio 2021, contiene a pagina 532 l’obiettivo M1C2-8 secondo il quale per incassare la terza rata del sussidio (prevista per il 31/12/2022) è necessaria «l’entrata in vigore di tutti gli strumenti attuativi (anche di diritto derivato, se necessario) per l’effettiva attuazione e applicazione delle misure derivanti dalla legge annuale sulla concorrenza 2021». E così per i tre anni a venire. Il presidente Draghi ha perfettamente ragione, dal suo punto di vista, nell’aver richiamato all’ordine la sua maggioranza con il Consiglio dei ministri «lampo» di giovedì pomeriggio. Ci sono degli impegni da onorare e stupisce che un pezzo importante della sua maggioranza ne disconosca l’esistenza.Ma vi è di più. Chi non avesse avuto la pazienza di leggersi tutte le 568 pagine della decisione del 13 luglio, potrebbe accontentarsi di leggere a pagina 77 del Pnrr presentato a Bruxelles, che la legge annuale sulla concorrenza è una di quella riforme «abilitanti», insomma un pilastro irrinunciabile, del Pnrr. Leggerebbe che «la tutela e la promozione della concorrenza sono fattori essenziali per favorire l’efficienza e la crescita economica e per garantire la ripresa dopo la pandemia. Possono anche contribuire a una maggiore giustizia sociale. La concorrenza è idonea ad abbassare i prezzi e ad aumentare la qualità dei beni e dei servizi […] Ma la concorrenza si tutela e si promuove anche con la revisione di norme di legge o di regolamento che ostacolano il gioco competitivo. Sotto quest’ultimo profilo, si rende necessaria una continuativa e sistematica opera di abrogazione e/o modifica di norme anticoncorrenziali. Questo è il fine della legge annuale per il mercato e la concorrenza».Siamo quindi in presenza di un aspetto particolarmente qualificante degli impegni presi con Bruxelles, su un tema che è molto datato. Due sentenze del Consiglio di Stato del novembre 2021 avevano dichiarato inefficace la proroga al 2033 delle «concessioni demaniali marittime con finalità turistico-ricreative» (nel linguaggio comune, le concessioni balneari) e fatto cessare l’efficacia delle proroghe al 31/12/2023. La proroga era quella disposta da una legge del 2018 a opera del governo Conte 1. In precedenza la Commissione aveva dichiarato la messa in mora dell’Italia e aveva minacciato la procedura d’infrazione. Il disegno di legge sulla concorrenza presentato in Senato a dicembre scorso, aveva inizialmente evitato di affrontare direttamente la disputa sulla scadenza delle proroghe delle concessioni balneari e si era limitato a disporre la semplice mappatura delle concessioni, attraverso uno specifico sistema informativo. Poi è arrivato un emendamento del governo (ispirato da Bruxelles?) che ha aggiunto un articolo 2-bis, secondo il quale le concessioni in proroga «continuano ad avere efficacia fino al 31 dicembre 2023» e, con l’articolo 2-ter si delega il governo a procedere con decreti legislativi per disciplinare le nuove concessioni che dovranno essere assegnate con gare a evidenza pubblica come chiesto dalla direttiva Bolkestein del 2006 sui servizi nel mercato interno. Tale scadenza è stata dichiarata manifestamente irricevibile dal centrodestra al governo ed ecco lo stallo attuale. Sono in gioco 30.000 concessioni.Ora i partiti sono di fronte a una scelta: o prendono atto della loro irrilevanza ed eseguono i diktat di Bruxelles, via governo Draghi, o difendono l’interesse nazionale e il Pnrr non esiste più. Tertium non datur.
Ecco #DimmiLaVerità dell'11 settembre 2025. Il deputato di Azione Ettore Rosato ci parla della dine del bipolarismo italiano e del destino del centrosinistra. Per lui, «il leader è Conte, non la Schlein».